Il culto intorno a Li Wenliang
È il medico cinese che aveva dato l’allarme sul nuovo coronavirus, che era stato punito e poi è morto: sotto al suo ultimo post su Weibo arrivano ogni giorno migliaia di messaggi
Li Wenliang era stato uno dei primi medici cinesi a segnalare la possibilità che le misteriose gravi polmoniti di Wuhan di fine 2019 fossero causate da un coronavirus, e per questo era stato interrogato e accusato di diffondere notizie false e allarmistiche dalla polizia. Quando i suoi avvertimenti si erano dimostrati fondati, in Cina era diventato una specie di eroe popolare: dopo la sua morte – avvenuta il 6 febbraio proprio a causa del coronavirus – è diventato un martire, intorno al quale si è costruito una specie di culto. Oggi migliaia di persone si “riuniscono” quotidianamente sotto al suo ultimo post sul social network cinese Weibo: lasciano commenti e cercano conforto, come se si trovassero, scrive il New York Times, di fronte al Muro del pianto.
A fine dicembre Li Wenliang, un oculista di 34 anni che lavorava in un ospedale di Wuhan, si era accorto delle anomalie in alcuni pazienti affetti da polmoniti gravi, le cui cause erano ignote. Valutando i sintomi – e confrontandoli con quelli di altre sindromi respiratorie gravi come la SARS – ipotizzò che la causa delle polmoniti potesse essere un nuovo coronavirus. Espresse le sue ipotesi in una chat di gruppo con altre persone, che dopo qualche ora si diffusero fuori da lì, spingendo le autorità a intervenire. Il 31 dicembre alcuni funzionari sanitari di Wuhan convocarono Li e gli chiesero perché avesse condiviso quelle informazioni; tre giorni dopo la polizia lo obbligò a firmare una dichiarazione in cui ammetteva di essersi comportato in modo «illegale».
Nei giorni successivi la polizia mise sotto indagine otto persone per aver diffuso notizie sulla malattia, mentre la commissione sanitaria di Wuhan iniziava a fornire le prime informazioni annunciando che 27 persone soffrivano di polmonite per una causa ancora sconosciuta, aggiungendo però che non c’era bisogno di allarmarsi: «La malattia si può prevenire e controllare». Contemporaneamente le autorità avvisavano gli uffici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di Pechino, ma solo il 20 gennaio venne dichiarata l’emergenza nazionale.
Nel frattempo, dopo essere stato falsamente accusato e poi scagionato, Li era tornato a lavorare nel suo ospedale a Wuhan. Qualche giorno dopo avere visitato una paziente che poi risultò positiva al nuovo coronavirus, iniziò a sviluppare sintomi e a soffrire di una grave infiammazione delle vie respiratorie. Gli fu confermato il contagio da coronavirus e, prima di morire, raccontò la sua storia su Weibo.
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Il New York Times ha raccontato che cosa sta succedendo, da allora, sotto all’ultimo post di Li pubblicato il 1 febbraio, cinque giorni prima di morire, in cui il medico comunicava di essere risultato positivo al virus. Ci sono persone che gli danno il “buongiorno” e la “buonanotte”, altre che gli dicono che è arrivata la primavera o che i fiori di ciliegio stanno sbocciando. Altre ancora gli inviano foto di cosce di pollo fritte, il suo cibo preferito, e condividono con lui le cose che stanno succedendo nelle loro vite, tristezze, frustrazioni e desideri, come se parlassero a una persona di cui si fidavano e a cui volevano bene. «Ho pianto mentre leggevo i commenti. Ho trovato l’esperienza catartica», ha scritto la giornalista del New York Times.
Sotto al post del dottor Li ci sono ormai più di 870 mila commenti, migliaia dei quali lasciati il 26 marzo, il quarantanovesimo giorno dalla sua morte, il momento in cui si crede che l’anima lasci finalmente il corpo e si reincarni. Poiché molte persone vedono Li Wenliang come una persona comune che è stata perseguitata ingiustamente e come un eroe che ha resistito al potere, gli si rivolgono anche per esprimere la loro frustrazione. Alcuni hanno denunciato il fatto che i commenti vengano censurati – Weibo subisce pesanti limitazioni da parte della censura – ma è un’accusa difficile da dimostrare. Temono che il suo account possa essere eliminato, e di perdere «l’unico spazio in cui possono prendersi una pausa da un mondo che è stato messo sottosopra».