Il coronavirus potrebbe aver salvato la carriera di Leo Varadkar
Dopo le ultime elezioni in Irlanda sembrava destinato a uscire di scena, ma ha gestito bene la crisi delle ultime settimane e probabilmente resterà primo ministro
Già alla vigilia delle elezioni parlamentari in Irlanda, a inizio febbraio, la carriera politica del primo ministro Leo Varadkar sembrava finita. Nonostante si fosse distinto per come aveva efficacemente condotto le trattative su Brexit – ottenendo risultati importanti su una delle questioni più delicate, il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord – non era riuscito a risolvere i principali problemi del suo paese, su tutti la grave crisi del mercato immobiliare. Il voto dell’8 febbraio aveva poi confermato i sondaggi elettorali: il suo partito – Fine Gael, di centrodestra – aveva ottenuto 10 punti percentuali in meno rispetto alle elezioni del 2016, diventando il terzo partito del paese e perdendo la possibilità di esprimere il nuovo primo ministro.
Leggi anche: L’unico politico apprezzato su Brexit
Varadkar, che nel 2016, a 38 anni, era diventato il più giovane primo ministro irlandese di sempre e il primo apertamente gay, avrebbe dovuto rimanere in carica solo per la gestione degli affari correnti, durante le trattative per la formazione del nuovo governo. Gli affari correnti, tuttavia, sono diventati la più grave crisi dai tempi della Seconda guerra mondiale e, con la gestione dell’emergenza legata al coronavirus, Varadkar sembra essere riuscito a salvare la sua reputazione e forse la sua carriera. Il New York Times ha provato a ricostruire come sono andate le cose.
Già a fine febbraio, quando la gravità della situazione era ormai chiara ma in molti paesi europei ancora si discuteva su cosa fare, Varadkar e le autorità irlandesi hanno cominciato a imporre restrizioni per limitare la diffusione del virus. La partita del Sei Nazioni tra Italia e Irlanda, in programma per il 26 febbraio, è stata cancellata e tra le altre cose Varadkar ha preso l’impopolare decisione di cancellare tutti i festeggiamenti per San Patrizio, una delle feste nazionali più sentite. Il 12 marzo, quando i casi di coronavirus confermati in Irlanda erano solo 70, Varadkar ha annunciato da Washington, dove si trovava in visita ufficiale, la chiusura di tutte le scuole e degli uffici pubblici per alcune settimane. Il 15 marzo sono stati chiusi tutti i pub.
Leggi anche: In India ora si vede il cielo
Mentre nel Regno Unito il primo ministro Boris Johnson discuteva ancora diverse strategie per reagire all’epidemia e la vita continuava normale, il governo irlandese aveva già cominciato a muoversi per fare scorte di camici, guanti e mascherine per i suoi medici. Arrivando prima di altri paesi, l’Irlanda è riuscita a chiudere un grosso contratto con la Cina per l’acquisto di dispostivi medici e oggi, a differenza di molti altri paesi del mondo, non ne ha carenza. In un apprezzatissimo discorso nel giorno di San Patrizio, il 17 marzo, Varadkar ha detto «Dobbiamo fermare la diffusione del virus, ma dobbiamo anche fermare la paura. Anche la paura può essere un virus».
Secondo il New York Times, uno dei vantaggi di Varadkar potrebbe essere stata la sua formazione da medico e la sua propensione a fidarsi da subito degli esperti. A fine marzo, Varadkar, che negli ultimi anni prima di entrare in politica aveva lavorato come medico di famiglia, si è anche messo a disposizione del servizio sanitario nazionale per lavorare mezza giornata a settimana e aiutare nella gestione della crisi. «Quella che fino a pochi mesi fa molti irlandesi avrebbero etichettato come una sfacciata operazione pubblicitaria è stata invece accolta con favore: un ex medico che fa la sua parte per partecipare a un grande sforzo nazionale», ha scritto il New York Times.
Leggi anche: La fossa comune di New York
Varadkar è stato anche criticato per alcune sue decisioni e per aver detto che alcune persone avrebbero preferito perdere il lavoro per ottenere il sussidio da 350 euro a settimana introdotto durante la crisi. Nonostante l’Irlanda abbia eseguito molti più test per il coronavirus del Regno Unito e di altri paesi europei (in rapporto alla popolazione), il sistema dei laboratori di analisi è entrato molto presto in difficoltà per l’iniziale decisione delle autorità di sottoporre a test chiunque, invece che selezionare i casi.
In Irlanda, ad oggi, sono stati confermati 8.928 casi di coronavirus e sono morte 320 persone: l’epidemia sembra essere ancora lontana dalla fine e le misure restrittive – che a fine marzo erano diventate simili a quelle in vigore in Italia – sono state estese fino al 5 maggio. L’efficacia e il rispetto delle misure restrittive potrebbero essere stati aiutati dal fatto che l’Irlanda ha una popolazione piuttosto contenuta (meno di 5 milioni) e una bassa densità abitativa, ma per ora sembra che in molti stiano riconoscendo i meriti di Varadkar.
Le trattative per la formazione del nuovo governo sono ancora in corso tra Fine Gael e Fianna Fáil, l’altro principale partito di centrodestra irlandese, e sembra che la prossima settimana potrebbe essere firmata una bozza di accordo. Subito dopo le elezioni di febbraio sembrava impensabile che del nuovo governo facesse parte anche Varadkar, ma ora, grazie alla sua ritrovata popolarità sembra che l’esito più probabile delle trattative sia una rotazione del ruolo di primo ministro tra Varadkar e Micheál Martin, leader di Fianna Fáil.