Perché gli uomini non portano più il cappello
È colpa delle automobili, della Seconda guerra mondiale e di J.F. Kennedy
Se osservate le vecchie foto dell’Ottocento e del primo Novecento noterete che tutti gli uomini indossano un cappello. Per secoli è stato un accessorio imprescindibile poi a un certo punto, più o meno dagli anni Cinquanta e Sessanta, è stato indossato sempre meno fino a scomparire; poi è diventato un simbolo di ribellione (come il berretto da baseball al contrario) o è stato portato per moda o per vezzo. Esquire ha raccontato quando è successo e per quali ragioni.
In passato i cappelli erano usati per distinguersi socialmente e per proteggersi dalla pioggia, dal freddo, dal sole e dalla polvere mentre ci si spostava da un posto all’altro, a piedi, in carrozza, a cavallo o sui mezzi pubblici, come il treno e il tram. La teoria più condivisa è che le cose cambiarono con l’introduzione e la diffusione dell’automobile coperta. La capotta era infatti troppo bassa per poter indossare il cappello all’interno, cosa che lo rendeva molto scomodo e anche inutile, visto che si era già protetti dagli elementi atmosferici e dalla sporcizia.
L’abbandono del cappello andò di pari passo con la diffusione dell’automobile, che fu molto lenta: negli anni Venti meno dell’1 per cento degli americani possedeva un’auto, nel 1940 ce l’aveva una persona su quattro, nel 1970 la percentuale era salita al 55 per cento. Questa graduale popolarità fu accompagnata dalla graduale scomparsa del cappello.
Un’altra ragione, più culturale che pratica, fu il rifiuto di chi aveva combattuto durante la Seconda guerra mondiale di indossare i cappelli anche in abiti civili, dopo averli portati per anni insieme all’uniforme militare. Una ricerca del 1947 della Hat Research Foundation (la Fondazione di ricerca sui cappelli) scoprì che il 19 per cento degli uomini non li indossava proprio «perché dovevo farlo sotto l’esercito».
L’anno precedente la Fondazione aveva cercato di frenare la crisi delle vendite con una campagna pubblicitaria intitolata “Ci vuole un cappello per fare un po’ di magia”, ma non funzionò: fu allora che i produttori capirono che probabilmente la moda di borsalini, fedore, cilindri e pagliette non sarebbe tornata. La crisi non fu senza conseguenze e, racconta Esquire, in alcune città produttrici di cappelli chi osava mostrarsi a capo scoperto veniva insultato a vista dagli operai delle fabbriche.
La crisi continuò e portò alla fondazione, sempre negli Stati Uniti, della Settimana nazionale del cappello, un chiaro segno che ormai era un capo in disuso e da promuovere. Nel 1953, per l’occasione, il giornalista e premio Pulitzer di Associated Press Hal Boyle scrisse che probabilmente i cappelli sarebbero andati presto fuori moda «come i gilet e le scarpe con le ghette». La fine però non era ancora definitiva e i cappelli continuarono a vedersi finché resisteva la vecchia generazione abituata a indossarli; non portarlo divenne intanto un gesto anticonformista, e poi la regola.
Secondo molti altri il momento di svolta arrivò, perlomeno negli Stati Uniti, durante la cerimonia di inaugurazione della presidenza di John F. Kennedy, il 20 gennaio del 1961. Fino a quel momento tutti i presidenti americani avevano indossato un cappello per l’occasione, solenne e formale. Kennedy se ne portò dietro uno ma non lo indossò praticamente mai. La sua figura carismatica, innovativa, considerata da molti il simbolo della nuova America, liberò gli americani dall’obbligo del copricapo. Negli anni Sessanta e Settanta vennero abbandonati definitivamente, mentre si diffondeva la moda dei capelli lunghi e una maggiore cura per tagli e pettinature.
Non tutti condividono l’idea che Kennedy sia stato il presidente americano a far cadere in disuso i cappelli. Robert Krulwich, giornalista radiofonico statunitense e figlio di uno stilista di cappelli, ha raccontato su NPR la tesi controcorrente di suo padre, secondo cui la colpa sarebbe stata di Dwight “Ike” Eisenhower, generale americano e predecessore di Kennedy.
Eisenhower non usciva mai a capo scoperto, ma fece costruire il vasto e capillare sistema autostradale degli Stati Uniti, spingendo chi poteva permetterselo ad abbandonare treno e tram per Ford e Chevrolet. Fu così per gran parte degli americani e il cappello divenne improvvisamente un accessorio inutile, scomodo e sacrificabile. «Certo ci potrebbero essere altri motivi – precisa Krulwich – Kennedy aveva dei capelli favolosi, così come i Beatles, mentre la moda cambiava freneticamente; ma se dobbiamo cercare un presidente da biasimare – e mio padre lo faceva dato che i suoi affari languirono negli anni Sessanta e Settanta – gli darò ragione e darò la colpa a Ike».
Oggi i copricapi più popolari sono i cappellini da baseball, che iniziarono ad andare di moda negli anni Venti del Novecento grazie a Babe Ruth; nell’ultimo anno su Asos, uno dei più importanti rivenditori di abbigliamento online, le vendite sono più che raddoppiate. Negli ultimi due anni sono tornati di moda anche i cappelli da pescatore (i cosiddetti bucket), sia da uomo che da donna: si sono visti nelle sfilate di molti marchi, come Valentino, Prada, Fendi e Versace.