In Spagna ora molti ce l’hanno con il governo
Il primo ministro Pedro Sánchez – l'unico dell'Europa occidentale che in questi giorni sta perdendo consensi – è accusato di essersi mosso tardi
Nell’ultimo mese la Spagna è diventata il secondo paese al mondo con più morti rilevate per il coronavirus (14.555), dietro solo all’Italia, e il primo ministro Pedro Sánchez è diventato praticamente l’unico leader di un paese dell’Europa occidentale a perdere consensi per la gestione della pandemia. Sánchez, che fa parte del Partito Socialista e governa la Spagna con una precaria coalizione di forze di sinistra e indipendentiste, è accusato di aver agito male e in ritardo: in particolare, è criticato per avere aspettato fino al 14 marzo per dichiarare lo stato di allarme e introdurre più ampie restrizioni agli spostamenti e alle attività produttive.
Nelle ultime settimane in Spagna i sistemi sanitari di diverse comunità autonome (simili alle nostre regioni, ma con più autonomia) sono stati travolti dall’arrivo di pazienti con la COVID-19, la malattia provocata dal coronavirus: ci sono stati molti casi di operatori sanitari morti a causa del virus, spesso per mancanza di dispositivi di protezione individuale, come le mascherine, e sono state denunciate situazioni drammatiche nelle case di riposo per anziani.
Secondo un sondaggio realizzato dalla società GAD3 e pubblicato lunedì dal quotidiano ABC, Sanchez oggi è sostenuto solo dal 23 per cento degli spagnoli (tre settimane fa erano il 35 per cento). Il crollo dei consensi di Sánchez è una situazione unica tra i grandi paesi dell’Europa occidentale che stanno affrontando l’epidemia da coronavirus: sempre secondo lo stesso sondaggio pubblicato da ABC, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte hanno consensi superiori al 60 per cento, e anche il consenso per l’operato del presidente francese Emmanuel Macron è il più alto mai registrato negli ultimi due anni.
Una delle accuse che vengono rivolte a Sánchez è aver incoraggiato le manifestazioni dell’8 marzo per la Festa della Donna. Il governo spagnolo ha detto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato di evitare gli assembramenti solo il 9 marzo, il giorno successivo alla Festa della Donna, ma per molti la difesa usata dal governo è troppo debole: tra la prima e la seconda settimana di marzo l’epidemia di coronavirus aveva già investito il sistema sanitario italiano, e diversi esperti avevano già iniziato ad avvisare gli altri paesi europei che la crisi sarebbe arrivata anche da loro.
Per molti aspetti, l’emergenza provocata in Spagna dal coronavirus si è sviluppata in maniera molto simile a quella dell’Italia, ma con alcune particolarità.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Spagna la mancanza di dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari è stata molto più grave che in altri paesi. In alcuni casi, ha scritto Bloomberg, questo ha fatto sì che gli ospiti delle case di riposo – che da tempo sono sovraffollate e con poco personale – morissero da soli nei loro letti senza essere assistiti nemmeno dagli infermieri delle strutture, rimasti a casa per paura di lavorare senza protezioni e contrarre il virus. La situazione è diventata così grave che due settimane fa la ministra della Difesa spagnola, Margarita Robles Fernández, ha approvato l’impiego di 7mila militari per aiutare nella gestione dell’emergenza, la più grande operazione militare nella storia della Spagna in tempo di pace.
Giles Tremlett, corrispondente del Guardian a Madrid, ha scritto che la Spagna «ha un eccellente sistema sanitario primario, ma i suoi ospedali sono stati colpiti da un decennio di austerità, iniziata con la crisi finanziaria». In Spagna c’è un terzo dei posti letto pro-capite rispetto a quelli dell’Austria o della Germania (che comunque sono di più di quelli presenti nel Regno Unito e negli Stati Uniti, tra gli altri).
Sánchez è stato criticato anche per avere lasciato passare più di 24 ore tra l’annuncio dello stato di allarme e la sua applicazione. Il risultato è stato che molti abitanti di Madrid, l’area più interessata dall’epidemia da coronavirus in Spagna, e quelli di altre città spagnole, hanno avuto un giorno di tempo per spostarsi liberamente nel paese, magari tornando a casa se fuori sede o andando nelle case al mare (una cosa simile è successa anche in Italia con l’annuncio dell’isolamento della Lombardia e di altre 14 province).
Lo scarso coordinamento tra governo regionale e nazionale, inoltre, ha mandato messaggi contraddittori e poco chiari alla popolazione: secondo Tremlett del Guardian, il risultato è stato creare un’atmosfera di vacanza in cui bar e parchi della capitale erano pieni di gente che pensava di essere in vacanza dalla scuola, dall’università o dal lavoro.
Anche il corrispondente in Spagna del New York Times, Raphael Mindler, ha criticato duramente la gestione della crisi di Sánchez. Mindler ha scritto che l’epidemia di coronavirus in Spagna «si è convertita in un doloroso esempio della tendenza di un governo dopo l’altro di ignorare le esperienze dei paesi in cui il virus si era già diffuso».
La gestione dell’emergenza in Spagna è stata influenzata inoltre dall’estrema debolezza del governo spagnolo, che ha giurato all’inizio di gennaio dopo avere ottenuto la fiducia dal Parlamento con una maggioranza di soli due voti. Sánchez è diventato primo ministro anche grazie all’appoggio degli indipendentisti catalani, che ormai da anni creano parte del proprio consenso in opposizione al governo centrale di Madrid. Ci è voluto poco prima che Quim Torra, presidente indipendentista della Catalogna, accusasse Sánchez di avere gestito male la crisi. Allo stesso tempo, Sánchez non è riuscito a creare un fronte unito e solido con i presidenti delle varie comunità autonome, e molti governi locali hanno accusato quello centrale di essere responsabile di molte mancanze, tra cui quella di dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari.