Le notizie di mercoledì sul coronavirus in Italia
In tutto le persone risultate positive sono 139.422, mentre i morti sono 17.669, 542 in più di ieri
Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Protezione Civile, i contagi totali registrati dall’inizio dell’epidemia di COVID-19 in Italia sono stati 139.422, 3.836 in più di ieri. I morti sono 17.669, un incremento di 542 rispetto a ieri. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” registrati sono 2.099, per un totale di 26.491. Le persone attualmente positive sono 95.262 (ieri erano 94.067) e quelle ricoverate in terapia intensiva sono 3.693, 99 in meno rispetto a ieri.
In Lombardia, la regione più colpita, i morti registrati nelle ultime 24 ore sono stati 238, portando il totale a 9.722. I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 1.257, 48 in meno rispetto a ieri.
Leggendo i comunicati giornalieri della Protezione Civile bisogna usare alcune cautele: in primo luogo per la distinzione tra il numero delle persone attualmente positive e quello complessivo dei contagiati, che può creare un po’ di confusione; e in secondo luogo perché sappiamo ormai che i contagiati e i morti sono molti di più di quelli rilevati dai dati. Inoltre c’è un problema su cosa intenda la Protezione Civile quando parla di “guariti”: si è scoperto infatti che questo dato comprende anche le persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate.
La riunione in video-conferenza dei ministri delle Finanze dell’Eurogruppo, convocata per cercare un accordo sulle misure comuni da prendere per fronteggiare la crisi economica causata dall’epidemia da coronavirus, è terminata questa mattina con un rinvio a giovedì 9 aprile. Dopo 16 ore di negoziato notturno i ministri hanno preferito sospendere i lavori.
Due settimane fa i capi di stato e di governo dell’Unione Europea avevano chiesto all’Eurogruppo di trovare le misure da adottare per far fronte alla pandemia da coronavirus. I ministri dell’Economia avevano trovato un accordo sulla cassa integrazione europea e su un fondo speciale della BEI (Banca europea degli investimenti), ma non sul punto più delicato e controverso, cioè l’utilizzo del MES, il Meccanismo europeo di stabilità.
Le due fazioni che si stanno scontrando sul MES sono guidate da Italia e Paesi Bassi: il governo italiano vorrebbe che fosse deciso un alleggerimento, o la cancellazione, delle condizioni imposte per ottenere linee di credito dal MES, mentre quello olandese, sostenuto anche da Austria e Finlandia, non è d’accordo. I Paesi Bassi, in particolare, vorrebbero che fossero imposte alcune condizioni, anche di tipo “macroeconomico”, come ad esempio le riforme e il ritorno all’equilibrio finanziario.
– Leggi anche: Il caso Nerola
Il governo ha approvato un decreto che stabilisce che i porti italiani non possono più essere considerati “porti sicuri” dove portare i migranti soccorsi in mare, a causa della diffusione del coronavirus. Il provvedimento approvato però sarà valido solo per alcune navi: all’articolo 1, il decreto stabilisce infatti che i porti italiani non saranno considerati sicuri «per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area SAR italiana». In poche parole, i porti italiani non saranno disponibili per le ONG che soccorrono le persone nel Mediterraneo, come hanno fatto notare le ONG stesse e diversi giornalisti che si occupano di immigrazione.
Intanto la procura di Bergamo ha aperto un’inchiesta contro ignoti sulla gestione dell’emergenza nell’ospedale di Alzano Lombardo, in cui si ipotizza il reato di epidemia colposa. La procura sta verificando come si è intervenuto sui primi pazienti che si erano rivelati positivi alla Covid-19 ed erano ricoverati da più giorni vicino ad altri degenti e sulla decisione di chiudere (il 23 febbraio) e poi riaprire dopo poco il pronto soccorso. Era stata la Lombardia a chiedere alla direzione sanitaria dell’ospedale di Alzano Lombardo di riaprire gradualmente il servizio.
A Milano intanto sono ripresi i lavori per la linea M4 della metropolitana, fermati lo scorso 21 marzo. In questa fase sono presenti circa 200 tra operai, dipendenti e dirigenti. Per tutelare la salute dei lavoratori e prevenire ogni forma di contagio sono stati predisposti alcuni accorgimenti: tra questi, il rilevamento della temperatura corporea al mattino, all’ingresso in cantiere, e all’ora di pranzo all’ingresso in mensa, l’utilizzo di mascherine di protezione, la distribuzione massiva di disinfettanti per le mani, il rispetto, ove possibile, della distanza di sicurezza; e ancora, pulizia e sanificazione periodica degli ambienti di lavoro, dei dormitori e di tutti gli spazi comuni, riduzione del numero di persone che possono viaggiare contemporaneamente sulle navette da e per il cantiere.
– Leggi anche: Conseguenze poco raccontate del coronavirus
Come leggere i dati
Per prima cosa bisogna tenere presente la differenza tra il numero delle persone attualmente positive e il numero complessivo dei contagiati, che vengono entrambi comunicati quotidianamente dalla Protezione Civile e possono generare qualche confusione. Per farla molto breve, il primo numero, quello più basso, si riferisce solo alle persone che sono in quel dato giorno “positive al coronavirus”, e quindi non comprende chi lo è stato ma non lo è più, cioè le persone guarite e le persone morte. Il secondo numero invece indica il totale delle tre categorie di persone, ovvero tutti coloro che sono stati contagiati finora (per approfondire, ne abbiamo scritto qui).
Sappiamo poi che i dati sull’epidemia sono largamente sottostimati, sia per quanto riguarda le persone contagiate sia quelle morte. Le diverse scelte e politiche regionali su quanti test eseguire e a chi non permettono di avere un quadro chiaro di quante siano davvero le persone contagiate in Italia. I dati ISTAT diffusi sulle morti in Italia nelle ultime settimane hanno invece confermato i sospetti sul fatto che il numero di morti da coronavirus sia superiore a quello registrato dalla Protezione Civile.
C’è anche un altro punto poco chiaro nella definizione di “guariti” data dalla Protezione Civile: da un’analisi svolta dalla Fondazione GIMBE in collaborazione con YouTrend è emerso che il dato non riflette la realtà, perché comprende al suo interno anche il totale delle persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate con sintomi tali da poter proseguire le terapie a casa. L’indicazione sui guariti e i dimessi è particolarmente ambigua per la Lombardia, la regione con il maggior numero di casi positivi rilevati finora e il maggior numero di decessi, dove i soli dimessi sono quasi il 70 per cento del totale.
– Leggi anche: Il nuovo studio su coronavirus e terapie intensive in Lombardia