Un anno dopo la morte di Nipsey Hussle
Ad aprile inizierà il processo contro l'uomo accusato di aver ucciso un anno fa un famoso rapper a Los Angeles
Il 31 marzo di un anno fa Nipsey Hussle, famoso rapper americano di 33 anni, fu ucciso a colpi di arma da fuoco fuori dal suo negozio di abbigliamento nel sud di Los Angeles. Dopo la sua morte, più di 20mila persone parteciparono a una cerimonia in suo onore in cui si esibì Stevie Wonder e fu letta una lettera di Barack Obama; nel gennaio di quest’anno Nipsey Hussle ha vinto due Grammy postumi. Nelle prossime settimane inizierà invece il processo a Eric Holder, l’uomo che pochi giorni dopo la morte di Nipsey Hussle fu arrestato e accusato del suo omicidio, e che finora si è dichiarato innocente nonostante forti prove.
Nipsey Hussle, nome d’arte di Ermias Davidson Asghedom, era nato e cresciuto a Los Angeles e da adolescente aveva fatto parte di una gang della città. Il suo primo disco – Victory Lap – era uscito nel 2018 e ai Grammy del 2019 era stato nominato come miglior disco rap, nella categoria poi vinta da Invasion of Privacy di Cardi B. Hussle aveva anche fondato una casa discografica, la All Money In, con la quale produceva le sue canzoni. In un recente articolo su di lui, BBC ha scritto che «era visto come un eroe dalla sua comunità», verso la quale si era impegnato con alcuni progetti di sostegno per le persone svantaggiate.
Nella cerimonia dopo la sua morte, Snoop Dogg aveva parlato degli sforzi fatti da Hussle per superare le divisioni tra gang nella città e per promuovere la pace con la sua musica. Obama scrisse invece di aver scoperto la musica di Hussle grazie alle sue figlie: «Ha dato un esempio da seguire e un’eredità ai giovani». Secondo certe versioni, comunque, Hussle continuava a fare parte di una gang, quella dei “Rollin’ 60s Crips”.
Il Los Angeles Times scrisse che Hussle aveva passato parte del pomeriggio in cui fu ucciso a firmare autografi, fare foto con i fan e parlare con gli amici in un centro commerciale in cui, tra l’altro, era proprietario di diversi negozi. Fu lì che, secondo diversi testimoni ed alcune immagini, parlò – circondato da diverse persone – con Eric Holder, l’uomo in seguito accusato di averlo ucciso. I due, scrisse il Los Angeles Times, parlarono per quattro minuti. Quello stesso pomeriggio, meno di un’ora prima di essere ucciso, Hussle aveva scritto su Twitter: «Avere nemici forti è una benedizione».
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Hussle fu ucciso fuori dal Marathon Clothing, uno dei negozi dell’area commerciale in cui si trovava. Insieme a lui furono ferite altre due persone. Alcune immagini di videosorveglianza mostrano un uomo che gli si avvicina con un’arma da fuoco in ognuna delle due mani, e che poi spara, si allontana un po’ e si rifà avanti per sparare di nuovo, dando infine anche un calcio alla testa di Hussle.
Il primo aprile, il giorno dopo l’omicidio, la polizia fece sapere che un uomo era ricercato e che l’omicidio aveva probabilmente “motivi personali”. Il 2 aprile l’uomo fu identificato come Eric Holder, aspirante rapper 29enne che, sempre secondo le ricostruzioni di chi si occupava delle indagini, dopo aver parlato nel pomeriggio con Hussle si era allontanato in auto ed era tornato al centro commerciale armato.
Holder fu individuato e arrestato in poche ore, e nel frattempo è stato formalmente incriminato: il processo nei suoi confronti, in cui rischia l’ergastolo, inizierà ad aprile.
Nel frattempo diversi giornali hanno provato a ricostruire motivi e dettagli della morte di Hussle, partendo da alcune conferenze stampa della polizia di Los Angeles e da alcuni documenti relativi all’incriminazione di Holder. Sembra che Hussle e Holder facessero parte – o comunque fossero in qualche modo vicini – della stessa gang, e che i due avessero discusso piuttosto animatamente perché Hussle aveva accusato Holder di essere (o comunque essere stato) una spia, un informatore della polizia. Nei verbali relativi all’incontro tra i due la parola “snitch” (spia, con connotazione dispregiativa) è ripetuta 24 volte.
Nel contesto delle gang di Los Angeles, e secondo certi loro codici di valori, è un’accusa considerata molto grave. Cedric, un uomo intervistato da BBC e descritto come affiliato da tempo a una gang locale, ha detto che dire “snitch” a qualcuno è «la peggior cosa che si possa dire» e ha aggiunto: «Se me lo dici, ti uccido».
Al momento non ci sono altre credibili tesi sulla morte di Hussle. Diverse teorie del complotto che girarono online parlarono di possibili interessi nascosti, partendo semplicemente dal fatto che dopo la morte di Hussle si seppe che la polizia stava facendo indagini su di lui e su alcune sue attività. Il motivo delle indagini era il sospetto che alcune di quelle attività fossero in qualche modo illegali. In attesa del processo, BBC ha realizzato un documentario sulla “misteriosa morte di Nipsey Hussle” e pochi giorni fa è stato annunciato che Ava DuVernay – la regista di Selma – La strada per la libertà – ne dirigerà un altro per Netflix.