Anche nel Regno Unito non si fanno abbastanza test
Il governo ha detto che saranno al centro della strategia per uscire dall'epidemia, ma se ne fanno pochi, specialmente al personale sanitario
Nelle settimane in cui l’Europa aveva cominciato a fare i conti con l’epidemia da coronavirus, il governo britannico era sembrato orientato verso un approccio diverso da quello di tutti gli altri paesi, che non prevedesse restrizioni delle libertà e delle attività economiche e puntasse al raggiungimento della cosiddetta “immunità di gregge”. Dalla scorsa settimana, tuttavia, anche il Regno Unito ha deciso di adottare misure simili a quelle in vigore in Italia, dopo aver avuto migliaia di contagiati e centinaia di morti; e ora anche lì si sta discutendo di test, tamponi e aiuti economici per chi è rimasto senza lavoro.
In tutto finora le persone risultate positive al coronavirus nel Regno Unito sono 29.474 mentre i morti sono 2.353: solo ieri sono morte 563 persone, il numero più alto dall’inizio dell’epidemia, e la situazione più grave è a Londra, la città più popolosa del paese. Lo stesso primo ministro Boris Johnson, pochi giorni dopo aver annunciato l’introduzione delle misure restrittive, è risultato positivo al coronavirus e si è dovuto mettere in isolamento domiciliare nella residenza di Downing Street.
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I problemi che sta affrontando il Regno Unito sono simili a quelli che stiamo vivendo in Italia: l’impreparazione del sistema sanitario a un’epidemia di queste dimensioni, le difficoltà ad aiutare i milioni di cittadini rimasti senza lavoro e la difficoltà ad adottare una chiara strategia per uscire dalla crisi.
Nelle ultime ore, in particolare, si sta parlando molto del numero di tamponi effettuati finora, sia sui pazienti che sul personale degli ospedali.
In un video pubblicato su Twitter mercoledì, il primo ministro Boris Johnson ha detto che nelle prossime settimane i test per individuare i casi di contagio dovranno aumentare “in modo massiccio” perché saranno al centro della strategia con cui il Regno Unito potrà «sconfiggere la malattia». Johnson ha anche aggiunto che a questo fine sarà fondamentale fare test sul personale sanitario e fare test sierologici anche su tutti gli altri cittadini, per capire chi ha contratto la malattia e ha già sviluppato gli anticorpi e quindi può tornare a lavorare.
In particolare i test sul personale sanitario serviranno a non privarsi di forza lavoro in un momento critico come questo: come ha sottolineato il ministro della Sanità Matt Hancock, del personale sanitario che si trova attualmente in isolamento per essere entrato in contatto con pazienti positivi si stima che solo in pochi siano a loro volta positivi, e quindi sarebbe utile fare test in modo che possano tornare a lavorare in ospedale.
Here's an update to bring you up to speed on some of the things that we are doing to protect our NHS.
We will beat coronavirus together by staying at home, protecting our NHS and saving lives. #StayHomeSaveLives pic.twitter.com/FOYfvzlQPC
— Boris Johnson (@BorisJohnson) April 1, 2020
Al momento, tuttavia, il sistema sanitario britannico è in grado di effettuare 12.750 test al giorno a causa della scarsità di tamponi e di alcuni reagenti chimici necessari per i test. Il governo ha promesso che nelle prossime settimane farà grandi sforzi per riuscire a testare quante più persone possibile, ma sta ricevendo grosse critiche per come ha gestito le cose fin qui. Mercoledì, infatti, il governo ha ammesso che gli operatori sanitari sottoposti al test del coronavirus sono stati solamente 2mila, su circa 550mila che lavorano negli ospedali dove sono ricoverati i pazienti positivi alla COVID-19.
Yvonne Doyle, dirigente di Public Health England, agenzia del dipartimento della Sanità britannico, ha detto che i test per gli operatori sanitari che sono in prima linea nella gestione della pandemia da coronavirus dovrebbero aumentare «da migliaia a centinaia di migliaia nelle prossime settimane», ma tutti i giornali – anche quelli solitamente favorevoli ai governi conservatori – hanno usato toni molto duri per raccontare questa storia.
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Nel frattempo le conseguenze della pandemia da coronavirus iniziano a mostrarsi anche in campo economico e sociale. Dopo la decisione del governo di chiudere le attività non essenziali, quasi un milione di cittadini britannici hanno fatto richiesta per accedere al principale sussidio del Regno Unito (lo Universal Credit). Questo è avvenuto nonostante da qualche giorno il governo avesse varato alcune misure di sostegno nei confronti di lavoratori dipendenti e liberi professionisti, specificamente per superare la crisi generata dalla pandemia: il piano prevedeva sussidi statali che coprissero fino all’80 per cento degli stipendi di chi al momento non può lavorare.
Tra il 16 e il 31 marzo, 950mila persone hanno deciso di fare richiesta per lo Universal Credit quando generalmente in due settimane sono circa 100mila le persone che ne fanno richiesta. Tra loro ci sono lavoratori dipendenti che sono stati licenziati e lavoratori autonomi che non possono ricevere altre forme di aiuto economico. Anche su questo fronte sembrano esserci stati dei problemi, legati alla mole di richieste: il partito Laburista ha detto che tantissime persone hanno dovuto attendere diversi giorni per essere accettate nelle liste dei beneficiari degli aiuti e fino a cinque giorni per ricevere materialmente i primi pagamenti.
Intanto stanno proseguendo le trattative tra British Airways, la principale compagnia aerea britannica, e i sindacati. La compagnia ha ridotto al minimo i suoi voli a causa della pandemia e a causa dei mancati introiti dovrà tagliare circa l’80 per cento dei posti di lavoro: questi lavoratori non saranno licenziati, ma verranno messi in aspettativa e gli stipendi verranno pagati per l’80 per cento grazie ai fondi stanziati dal governo per contenere il coronavirus.
Tra le altre cose, le accuse al governo di aver gestito male le prime settimane di emergenza hanno portato alla richiesta di riaprire in qualche forma il parlamento, in modo che possa ricominciare a lavorare. Mercoledì, il leader della Camera dei Comuni Jacob Rees-Mogg ha annunciato che entro fine mese sarà pronto un sistema tecnologico per poter avere una sorta di “parlamento virtuale”, senza aggiungere tuttavia molte informazioni. Al momento il parlamento britannico è sospeso e dovrebbe tornare in servizio il 21 aprile, se le condizioni lo permetteranno.