Tre storie di imbrogli sportivi odierni
Scandali poco conosciuti in Italia ma che negli ultimi anni hanno indignato milioni di appassionati in tutto il mondo
Se si esclude la lunga questione del “doping di stato russo”, che ormai prosegue dal 2014 e che regolarmente si aggiorna con nuovi sviluppi, negli ultimi tre anni ci sono stati tre grandi scandali sportivi nel mondo del professionismo. Tra questi, soltanto quello più recente del rugby inglese è arrivato in qualche modo anche da noi. Lo scandalo dei “segnali rubati” negli Stati Uniti e quello della “manomissione della palla” in Australia sono rimasti invece pressoché sconosciuti, per questioni culturali e geografiche. Entrambi però hanno indignato milioni di appassionati e non si sono ancora esauriti completamente.
Lo scandalo dei “segnali rubati”
Gli Houston Astros sono la squadra texana più vincente della Major League Baseball. Fondati negli anni Sessanta, un anno dopo i Rangers di Arlington – l’altra squadra texana in Major League – hanno riscosso i loro successi più importanti negli anni Duemila. Nell’ultimo decennio si sono affermati come una delle squadre più competitive del campionato avvicinandosi lentamente alla vittoria delle loro prime World Series, obiettivo raggiunto nell’autunno del 2017.
La validità di quella storica vittoria è stata però messa in dubbio esattamente due anni dopo, con un articolo di giornale. Il 13 novembre 2019 il sito sportivo statunitense The Athletic sollevò la questione pubblicando le dichiarazioni di quattro ex giocatori degli Astros, i quali spiegarono come la squadra avesse violato le regole intercettando i segnali di lancio degli avversari nelle partite giocate in casa nelle stagioni 2017 e 2018. Per alcuni non fu una sorpresa: i segnali rubati sono da sempre un problema per il baseball. Gli Astros però andarono oltre la consuetudine.
Ne nacque un’inchiesta ufficiale da parte della Major League, conclusa lo scorso gennaio con la conferma totale delle accuse. Nelle due stagioni incriminate, gli Astros si servirono di una o più telecamere installate fuori dal perimetro del loro campo per capire i segnali di lancio tra ricevitori e lanciatori avversari e comunicarli ai propri giocatori con dei rumori, probabilmente dei colpi battuti sopra dei bidoni negli spogliatoi, abbastanza vicini all’uscita da sentirsi anche in campo.
Le sanzioni sono arrivate, ma la vicenda non si è ancora esaurita. Gli Astros sono stati puniti a livello societario con una multa da 5 milioni di dollari (il massimo consentito dal regolamento), la perdita delle prime scelte nei prossimi due draft e la squalifica per un anno di allenatore e general manager, successivamente licenziati dal proprietario. Ma la vittoria delle World Series non è stata messa in dubbio per mancanza di elementi validi e nessuno dei giocatori inevitabilmente coinvolti nella vicenda è stato punito.
Queste ultime due decisioni continuano a essere molto criticate, per come sembrino evitare le due questioni più grosse: la validità delle World Series del 2017 e la responsabilità dei giocatori. Hanno inoltre creato un precedente che potrà incidere nei risvolti dello scandalo che ora riguarda i Boston Red Sox, finiti sotto indagine per lo stesso motivo dopo un altro articolo di giornale: nel 2018 vinsero le World Series allenati da Alex Cora, assistente degli Astros fino all’anno precedente. In attesa del rapporto finale, Boston ha già provveduto a licenziare Cora.
Lo scandalo del “ball tampering”
Il cricket è un’antica disciplina sportiva inglese imparentata con il baseball, ma dal carattere più cerimonioso e signorile e praticata quasi esclusivamente nei paesi del Commonwealth, in alcuni dei quali è sport nazionale. Nei paesi in cui non si gioca risulta invece lontano e incomprensibile, motivo per cui lo scandalo epocale del 2018 è rimasto sconosciuto nei paesi non anglofoni. In Australia fu invece una questione nazionale.
La sua squadra di cricket, la più antica e prestigiosa insieme a quella inglese, venne sorpresa a barare in flagrante durante una partita internazionale giocata a Città del Capo contro il Sudafrica il 24 marzo 2018. Nel corso del terzo giorno di gioco, Cameron Bancroft, il giocatore più giovane, fu inquadrato dalle telecamere proprio nel momento in cui tentava di manomettere la palla da gioco sfregandola con un pezzetto di carta vetrata. Bancroft si accorse di essere finito su tutti gli schermi dello stadio dalla reazione del pubblico, ma troppo tardi per fermarsi senza far trasparire nulla: provò a nascondere il pezzetto di carta vetrata dentro i pantaloni, ma le telecamere erano ancora puntate su di lui.
I giudici di gara fermarono il gioco per chiedergli cosa stesse facendo alla palla. Bancroft rispose dicendo di averla solamente pulita, mostrando un altro panno nero che aveva in tasca. Si venne però a sapere in seguito che la manomissione era stata decisa prima della ripresa della partita niente di meno che dal capitano australiano, Steve Smith, e dal suo vice David Warner, per tentare di recuperare lo svantaggio. Sfregandola con la carta vetrata, la palla sarebbe cambiata nel peso e nella forma più rapidamente della normale usura provocata dal gioco. Le conseguenti variazioni di rimbalzi e traiettorie avrebbero messo in difficoltà gli avversari.
L’impudenza mostrata dai giocatori australiani nel pensare di imbrogliare sotto gli occhi di tutti mentre rappresentavano il loro paese spiazzò l’intero ambiente. Il primo ministro australiano, Malcolm Turnbull, disse pubblicamente di essere scioccato e deluso da un comportamento così ingenuo. Non ci furono mai dubbi sull’accaduto e le prime conseguenze arrivarono subito. I giocatori coinvolti vennero rispediti in Australia pochi giorni dopo. Smith fu addirittura accompagnato all’imbarco da un cordone di polizia, e nella conferenza stampa organizzata al suo ritorno scoppiò a piangere dicendo di non avere nulla da aggiungere, cosi come fece Warner.
Successivamente, Smith e Warner vennero sospesi per un anno dalla federazione australiana e per un altro anno ancora esclusi da ogni incarico di responsabilità. Vennero sospesi anche dalle loro squadre di club, mentre la squalifica di Bancroft si fermò a nove mesi. Lo scandalo portò anche alle dimissioni dell’allenatore. La portata dalla vicenda ebbe ripercussioni sulla popolarità della squadra, fin lì una sorta di antica istituzione del paese, e sul brand del cricket australiano, che perse seguito e sponsor.
Lo scandalo ha richiesto una profonda rifondazione della squadra — che dopo la squalifica ha nel frattempo riammesso i giocatori coinvolti — e un netto cambiamento della sua immagine agli occhi degli appassionati. A questo scopo, la federazione si è resa disponibile per produrre una serie televisiva sulla rifondazione, uscita di recente su Prime Video con il titolo The Test.
La retrocessione dei Saracens
Quest’anno, a pochi giorni dall’ultima edizione del Sei Nazioni – poi sospesa alla penultima giornata – una notizia ha capovolto il rugby inglese. I Saracens di Londra, campioni in carica d’Inghilterra e d’Europa, sono stati infatti retrocessi d’ufficio a campionato in corso per avere superato intenzionalmente il tetto degli stipendi imposto dalla lega nel corso delle precedenti tre stagioni.
La retrocessione dei Saracens, il club europeo più vincente del decennio, quello per cui giocano i più forti rugbisti della nazionale inglese, compreso il capitano, è stata decisa a metà gennaio, dopo settimane di voci e indiscrezioni. Il caso andava avanti da alcuni mesi e lo scorso novembre si era arrivati alla prima sentenza: 35 punti di penalizzazione in classifica e 5 milioni di sterline di multa per aver avuto un monte ingaggi superiore al limite di 7 milioni di sterline per tre stagioni consecutive (non a caso le più vincenti nella storia del club).
I Saracens inizialmente avevano negato ogni responsabilità e si erano appellati alla prima sentenza. Il loro ricorso era però stato respinto a novembre e nello stesso mese le sanzioni erano state confermate. Al club londinese era stato imposto inoltre il rientro nei limiti di spesa entro il 31 gennaio per evitare altre sanzioni. Questo ha portato alle dimissioni del presidente Nigel Wray, l’uomo che negli anni Novanta diede inizio alla scalata del club nel rugby inglese con un decisivo sostegno economico. Secondo le ricostruzioni della lega, Wray avrebbe aggirato i limiti di spesa offrendo ai giocatori compensi aggiuntivi agli stipendi dichiarati.
Il suo successore, Neil Golding, ha cercato una soluzione, ma l’impossibilità di cedere velocemente giocatori ad altre squadre, perché infortunati o con stipendi troppo alti, ha portato a una nuova penalizzazione di 35 punti che non potrà evitare la retrocessione anche dopo la sospensione dei campionati per il coronavirus: la federazione ha già provveduto a rimpiazzarli promuovendo i Newcastle Falcons. Golding non ha potuto fare altro che commentare la sentenza dicendo: «Come nuovo presidente dei Saracens riconosco che il club ha commesso errori in passato e mi scuso senza riserve».
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