La Svezia non sta facendo come gli altri
Ha quasi 4000 casi confermati di contagio da coronavirus, ma i ristoranti sono ancora aperti e le limitazioni molto minori che nel resto del mondo
Ormai sempre più paesi, in tutti i continenti, stanno prendendo misure stringenti per limitare la diffusione dell’epidemia da coronavirus (SARS-CoV-2). Ma c’è una raccontata eccezione che riguarda la Svezia, un paese che nonostante quasi quattromila casi di contagio individuati e oltre 100 morti in qualche modo legate al coronavirus, sta prendendo misure molto meno drastiche degli altri.
In Svezia sono ancora aperti i ristoranti, i bar, gli impianti sciistici e certe scuole e, solo da oggi, sono vietati gli assembramenti con più di 50 persone. Fino a ieri erano vietati solo gli eventi con più di 500 partecipanti. In un articolo sull’insolita scelta svedese, BBC ha titolato: «Isolamento, quale isolamento?».
La posizione presa della Svezia è opposta a quella di altri paesi scandinavi – che, pure con meno casi, hanno preso iniziative molto più drastiche – e simile, per certi versi, a quella che aveva preso, ma già ha abbandonato, il Regno Unito. Si basa, molto in breve, su una grande fiducia del governo nei suoi cittadini e sulla scelta di puntare su pochi e chiari messaggi utili, ma anche su una serie di altri ragionamenti. Nessuno può dire, adesso, se sia la scelta giusta. Ma è certo che, se dovesse rivelarsi sbagliata, le conseguenze potrebbero essere particolarmente gravi.
«Dopo un lungo inverno» ha scritto oggi BBC, «ora a Stoccolma, la capitale svedese, fa abbastanza caldo per starsene seduti all’aperto, e la gente ne sta approfittando. Le famiglia si intrufolano nelle gelaterie», e «i locali notturni sono stati aperti fino a sabato». Nonostante questo, ha proseguito BBC, «le strade sono evidentemente meno affollate del solito» e la società che gestisce il trasporto pubblico a Stoccolma (dove è stata individuata più della metà dei casi e dei decessi) ha parlato di passeggeri che, in una sola settimana, si sono più o meno dimezzati. Anche il New York Times ha scritto di «gruppi di due o più persone che cenano o bevono cappuccini» e «parchi giochi pieni».
Le regole al momento in vigore in Svezia dicono che nei locali si può fare solo servizio al tavolo, che chi è malato deve stare a casa, che è preferibile – se possibile – lavorare da casa, che vanno evitate visite non necessarie agli anziani e che, per i prossimi giorni, bisogna «considerare se sia necessario effettuare viaggi, entro i confini svedesi, che erano stati programmati». Come ha scritto The Local, il governo fa soprattutto “raccomandazioni”, lasciando «molto spazio a diverse interpretazioni».
Come ha scritto BBC, la strategia del governo svedese si basa tutta sulla «responsabilità personale» dei cittadini e «le autorità sanitarie e i politici stanno ancora sperando di ridurre la diffusione del virus senza dover introdurre misure draconiane». Ci sono, ha aggiunto BBC, poche regole e imposizioni, ma molte «linee guida». I messaggi del governo si concentrano molto, per esempio, sulle precauzioni che ogni cittadino deve prendere, soprattutto sull’importanza di lavarsi bene e spesso le mani.
Il motivo di questa scelta ha a che fare soprattutto con gli alti livelli di fiducia che i cittadini e il governo svedese ripongono nell’ente nazionale responsabile della salute pubblica. Un ente che, tra l’altro, ha una notevole autonomia dal governo, perché così è previsto dalla Costituzione svedese. Come ha spiegato Foreign Policy (in un articolo in seguito condiviso dal ministero degli Esteri svedese) il governo può decidere budget e obiettivi generali dell’ente, ma «non ha il potere di intervenire direttamente nelle sue decisioni».
"So why has Sweden chosen to steer clear of the draconian regulations imposed in other countries? The explanation, some analysts say, lies in Sweden’s combination of politically independent public agencies and the high level of public trust in them" 👉 https://t.co/vWf09k0Y3r
— Swedish Ministry for Foreign Affairs (@SweMFA) March 26, 2020
Stefan Löfven, primo ministro svedese dal 2014, ha parlato in un messaggio televisivo alla nazione della necessità di non diffondere «panico e dicerie» e ha detto: «Nessuno è da solo in questa crisi, ma ognuno ha una grande responsabilità». Löfven non ha escluso che nei prossimi giorni possano essere prese misure più restrittive per contenere il contagio, ma ha detto: «Non possiamo fare leggi per vietare tutto».
The Local ha spiegato che nel suo discorso Löfven ha usato una parola – “folkvett” – che rappresenta, scrive The Local, «il senso morale che ci si aspetta da ogni persona, anche senza che glielo si insegni»; una cosa che è considerato piuttosto grave non avere o non seguire. Altre comunicazioni del governo svedese – che nel frattempo ha previsto una serie di stanziamenti a favore dell’economia – hanno inoltre sottolineato l’importanza fisica e mentale dell’attività all’aria aperta. Il presidente della Camera di commercio di Stoccolma ha detto a BBC: «Dobbiamo bilanciare la minimizzazione dei rischi di salute dovuti a una diffusione del virus con l’impatto economico di una crisi sanitaria».
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Diversi giornali e analisti hanno fatto anche notare che la Svezia, che di certo non è ai primi posti nella classifica dei paesi europei con più posti letto per la cura intensiva dei propri pazienti, ha alcune differenze sociali e demografiche rispetto ad altri paesi come l’Italia. La principale riguarda il fatto che più della metà delle case sono occupate da persone che vivono da sole, un fattore che riduce notevolmente la possibilità di contagio domestico, in particolare da giovani ad anziani. Il paese, inoltre, è ritenuto particolarmente pronto e propenso al lavoro da casa, con molte persone – soprattutto nell’area metropolitana di Stoccolma – che fin dai primi giorni sono state in grado, anche senza imposizioni del governo, di lavorare da casa. Anche la scelta di lasciare aperte certe scuole, in particolare quelle frequentate da bambini e ragazzi, è stata fatta per lasciare più autonomia ai genitori che lavorano.
L’epidemiologo Anders Tegnell – capo dell’ente svedese di salute pubblica e, secondo Foreign Policy, «il volto della lotta svedese contro il coronavirus» – ha detto che in Svezia il sistema di immunizzazione è «completamente volontario» eppure raggiunge una copertura del 98 per cento. Tegnell ritiene che le persone siano in grado di «fare quel che è giusto per le loro vite» e che anche mettendo delle regole «c’è chi troverebbe sempre modo di aggirarle». A proposito della chiusura dei confini con gli altri paesi, ha detto al New York Times: «Non ne vedo il motivo, visto che ormai ci sono casi in quasi ogni paese» e ha poi aggiunto: «Stiamo cercando di ridurre il contagio in misura tale da poter gestire il flusso di nuovi pazienti».
Ma ci sono anche diversi esperti, svedesi e non, che hanno criticato la scelta del paese. In particolare, oltre duemila tra dottori, professori e scienziati hanno firmato una petizione per chiedere al governo misure più stringenti. «Ci stanno portando verso una catastrofe», ha detto Cecilia Söderberg-Nauclér, immunologa e ricercatrice presso il Karolinska Institute. Come in precedenza nel caso di altri paesi, le critiche riguardano il fatto che senza forti restrizioni ai movimenti e alle interazioni il virus rischia di diffondersi ancora più velocemente, creando gravi problemi agli ospedali e, di conseguenza, aumentando la gravità dell’emergenza.
Dei dubbi nei confronti della strada finora presa dalla Svezia e della posizione di chi pensa che il paese «stia andando a passo spedito verso un disastro di proporzioni bibliche» ha parlato nel dettaglio un articolo di The Conversation scritto da due epidemiologi. L’articolo analizza tra le altre cose alcune simulazioni pubblicate dalle autorità svedesi, le quali lasciano intendere che «il governo si aspetta di dover ospedalizzare – per ogni 100mila abitanti – molte meno persone rispetto ad altri paesi», inclusi alcuni molto simili e vicini alla Svezia, come Norvegia, Danimarca e Regno Unito. Al momento non c’è modo di sapere – per via dei pochi dati e della loro difficile interpretazione – quanto certe stime possano essere efficaci ma è certo che, come ricorda The Conversation, «sottostimare la situazione potrebbe avere conseguenze devastanti».
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In Svezia, in questi giorni, si sta molto discutendo della questione, e c’è persino chi sostiene che anche solo mettere in discussione le scelte del governo possa avere come conseguenza una riduzione della fiducia generale nei confronti di quelle stesse scelte. Mikael Rostila, professore che si occupa di sanità pubblica, ha detto che «le alte aspettative che molti cittadini hanno nei confronti delle autorità svedesi» potrebbero portare, nel caso in cui le cose non dovessero andare come previsto, a una grande e rapida perdita di fiducia nei confronti di quelle stesse autorità, dato che «le alte aspettative comportano un basso livello di accettazione del fallimento».
Secondo recenti sondaggi citati dal New York Times, la maggioranza degli svedesi è a favore delle scelte finora fatte dal governo e solo il 14 per cento di loro ha detto di ritenere che sia stato fatto troppo poco. Il New York Times, però, parla anche delle preoccupazioni legate ai possibili viaggi e spostamenti che, senza chiari impedimenti, molti svedesi potrebbero scegliere di fare in vista delle vacanze di Pasqua. A proposito di quelle scelte, The Local ha scritto: «Quando le raccomandazioni sono aperte a possibili interpretazioni, come fai a capire quando qualcuno ha superato una linea invisibile?».