Conte e altri otto leader europei hanno scritto una lettera al Consiglio Europeo per chiedere l’emissione dei cosiddetti “eurobond”
Giuseppe Conte e altri otto leader europei hanno scritto una lettera al Consiglio Europeo, cioè l’organo che comprende i capi di stato e di governo dell’UE, per chiedere l’emissione dei cosiddetti “eurobond”, cioè titoli di stato emessi dall’Unione Europea.
Quella degli eurobond è una proposta vecchia di diversi anni, che ciclicamente emerge nel dibattito politico europeo: negli ultimi giorni era stata ripresa come possibile soluzione per la recessione dovuta al coronavirus da molti economisti – decine dei quali avevano sottoscritto un appello pubblicato sul Financial Times – ma è la prima volta che viene proposta ufficialmente da alcuni leader europei.
Oltre a Conte, la lettera è stata firmata fra gli altri dal presidente francese Emmanuel Macron, dal primo ministro spagnolo Pedro Sánchez e da quello portoghese Antonio Costa. Nel testo si legge che l’Unione Europea dovrebbe «lavorare su uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’UE per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati Membri», per «finanziare, in tutti gli Stati Membri, i necessari investimenti nei sistemi sanitari e le politiche temporanee volte a proteggere le nostre economie e il nostro modello sociale».
La carta que han escrito los líderes de España, Francia, Italia, Grecia, Irlanda, Bélgica, Luxemburgo, Eslovenia y Portugal a @eucopresident de cara al #EUCO de mañana exigiendo medidas europeas ante el #COVID19. pic.twitter.com/2HqLmR7cYe
— Nacho Alarcón (@nacho_alarcon) March 25, 2020
La proposta degli “eurobond” finora non aveva attecchito sia per lo scetticismo di alcuni paesi del Nord Europa – che non hanno bisogno di uno strumento del genere, data la solidità dei loro titoli di stato – sia per alcune difficoltà oggettive: come ad esempio trovare le garanzie necessarie per gli eventuali acquirenti, dato che i soldi a disposizione dell’Unione Europea non provengono da entrate fisse ma dai contributi dei singoli stati.