Anthony Fauci, lo scienziato che corregge Trump
La storia del capo del più importante istituto di ricerca americano sulle malattie infettive, che con abilità e diplomazia è diventato il punto di riferimento di chi non si fida del presidente
Lunedì sera, durante la conferenza stampa giornaliera tenuta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dalla task force impegnata nel contenimento del coronavirus, sui social network diverse persone hanno notato l’anomala assenza di Anthony Fauci, immunologo e direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID). Nelle ultime settimane, infatti, Fauci aveva sempre presenziato alle conferenze stampa ed era diventato per molti cittadini statunitensi il punto di riferimento più affidabile nella situazione di incertezza legata alla diffusione del nuovo coronavirus.
Oltre che per la sua lunga carriera nella ricerca, l’autorevolezza di Fauci è dovuta anche alla sua frequente presenza sui principali canali di informazione, alla capacità di comunicare e gestire efficacemente complesse questioni di salute pubblica e, più recentemente, al fatto di aver saputo intervenire per correggere le dichiarazioni spesso imprecise e minimizzatrici di Trump, mostrando allo stesso tempo competenza e grandi doti diplomatiche.
L’assenza di Fauci all’ultima conferenza stampa è stata spiegata da un rappresentante della Casa Bianca, che ha detto ai giornalisti che i relatori della task force non sono sempre gli stessi ma si alternano sulla base delle comunicazioni della giornata. In un’intervista uscita domenica su Science, Fauci ha detto di essere molto stanco ma di stare bene, di non essere stato infettato dal virus e di non essere stato licenziato, per quel che ne sa. Nonostante questo, alcuni hanno ipotizzato che Trump tema che Fauci possa danneggiare la sua immagine e stia cercando un modo per ridurne la visibilità, senza però privarsi della sua fondamentale presenza nella task force.
Anthony Fauci ha 79 anni e dal 1984 è capo del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, l’istituto che si occupa di allergie e malattie infettive e che fa parte, insieme ad altri 26 centri, del National Institutes of Health (NIH), l’agenzia del governo statunitense che si occupa di salute pubblica. Negli ultimi decenni, Fauci è stato uno degli scienziati americani di maggior rilievo e responsabilità nella ricerca sulle malattie infettive e sulle malattie infiammatorie immunomediate. Nei 36 anni da direttore del NIAID è stato consulente scientifico di sei presidenti, da Reagan a Trump, ed è stato impegnato nella gestione di malattie virali come l’HIV, la SARS, la MERS ed ebola. Negli ultimi anni a Fauci è stato più volte proposto il ruolo di direttore del NIH, che però lui ha sempre rifiutato.
L’operazione che ha valso a Fauci gran parte della sua fama, come scienziato ma anche come mediatore politico, risale alla presidenza Reagan. In quegli anni l’epidemia di AIDS stava cominciando a mostrare la sua pericolosità e Fauci, con l’aiuto di Charles Everett Koop, responsabile del servizio sanitario pubblico degli Stati Uniti, fece pressione sul governo perché riconoscesse l’emergenza e intervenisse per arginarla. In quegli anni Fauci contribuì alla lotta contro l’HIV anche nel campo della ricerca, studiando sia le terapie per rinforzare il sistema immunitario dei malati sia un possibile vaccino.
Tra il 1983 e il 2002 Fauci fu inserito dall’Institute for Scientific Information al tredicesimo posto nella classifica degli scienziati più citati in tutte le discipline e in tutto il mondo. Nel 2014 fu uno degli esperti che si spese di più nel tentativo di far riconoscere alla comunità internazionale l’importanza degli screening per contenere la diffusione di ebola, sottolineando come fosse l’unico intervento possibile dal momento che cure e vaccini erano ancora molto lontani dall’essere scoperti.
Da gennaio 2020 Fauci fa parte della task force dell’amministrazione Trump che sta gestendo l’emergenza legata alla diffusione del nuovo coronavirus. Già domenica 8 marzo, quando negli Stati Uniti i casi di coronavirus erano circa 500 e Trump aveva pubblicamente definito la COVID-19 una “normale influenza”, Fauci aveva partecipato a due notiziari televisivi in cui aveva detto che sarebbe presto diventato necessario introdurre rigide restrizioni per isolare gli infetti. In quell’occasione Fauci si era rivolto alle persone anziane e a quelle con condizioni di salute precarie, raccomandando loro di evitare crociere, voli aerei e assembramenti di persone.
Il 13 marzo gli Stati Uniti hanno dichiarato lo stato di emergenza e da allora Fauci è stato presente in diversi programmi televisivi, diventando l’esperto di riferimento in materia di coronavirus. Inizialmente la sua relazione coi media, in quanto membro della task force del governo, era ben vista dalla Casa Bianca, ma col passare dei giorni alcuni rappresentanti del governo hanno cominciato a preoccuparsi che le dichiarazioni di Fauci potessero risultare troppo critiche nei confronti di Trump.
Negli ultimi giorni, infatti, in più occasioni Fauci è intervenuto durante le conferenze stampa per correggere Trump. L’episodio di cui si è parlato di più è quello in cui il presidente ha citato il Dipartimento di stato chiamandolo “deep state department”, facendo una battuta sulle teorie del complotto per cui il governo americano sia pieno di oscuri funzionari che vogliono sabotarlo. Nel video della conferenza, che è rapidamente diventato virale, si vede chiaramente Fauci, inquadrato alla sinistra del presidente, portare la mano alla fronte con espressione rassegnata.
Ma non è l’unica. Quando Trump ha detto che gli scienziati troveranno presto un vaccino contro il coronavirus, Fauci è dovuto intervenire per specificare che la stima più corretta dei tempi va dai 12 ai 18 mesi. Trump ha poi detto che la malattia sarebbe scomparsa con l’arrivo della primavera, cosa che Fauci ha definito ancora impossibile da dire. Riguardo la possibilità che la clorochina, un farmaco antimalarico, possa essere efficacemente impiegata per curare i malati di COVID-19, di cui Trump ha parlato pubblicamente mostrandosi molto fiducioso, Fauci ha spiegato che non ci sono dati sufficienti per fare affermazioni che abbiano un valore scientifico.
In una successiva intervista alla CBS, Fauci ha comunque ridimensionato la gravità delle affermazioni di Trump, dicendo che in realtà non c’è grande differenza tra le loro posizioni: «Il presidente ha sentito, come tutti, quelli che io chiamo dei “resoconti aneddotici” riguardo l’efficacia di alcuni farmaci. Quello che ha provato a fare è stato esprimere la speranza che, nell’eventualità in cui funzionino, si possano usare e dare a tutti i malati. Io, dal canto mio, non sono in disaccordo col fatto che possano funzionare, ma il mio lavoro è dimostrarlo definitivamente da un punto di vista scientifico. Mentre io ho assunto un punto di vista puramente medico-scientifico, il presidente ha cercato di dare speranza al paese».
Nell’intervista che Fauci ha dato a Science, da cui emergono chiaramente le sue doti diplomatiche ma anche tutta la fatica di gestire la situazione, parlando del suo rapporto con Trump dice che «sebbene non siamo d’accordo su alcune cose, lui mi ascolta. Va per la sua strada e ha il suo stile, ma sulle cose importanti ascolta davvero quello che dico».
Ma ci sono anche diverse altre situazioni in cui Fauci ha deciso di non intervenire, e su cui si è poi espresso pubblicamente con la stampa. Per esempio, parlando di un’allusione di Trump al fatto che la Cina avrebbe potuto rivelare la scoperta del virus tre o quattro mesi prima – che implicherebbe che il nuovo coronavirus fosse noto al governo cinese da settembre – Fauci ha detto: «non posso certo saltare sul microfono e buttarlo giù». Ha aggiunto di aver fatto notare l’incongruenza a chi di dovere, con l’aspettativa che questi errori non vengano ripetuti. Quando gli è stato chiesto se avesse mai parlato di SARS-CoV-2 come del “China virus”, espressione usata più volte da Trump, Fauci ha detto di non aver mai usato questa espressione e che mai la userebbe.
Oltre che per il ruolo che ricopre, Fauci è diventato così importante anche perché è uno dei pochi scienziati a parlare pubblicamente dell’emergenza in corso. Denise Grady ha scritto sul New York Times che «altri consulenti scientifici del governo hanno lasciato un vuoto, evitando i riflettori dei media o lasciando che l’amministrazione di Trump li limitasse e li accusasse di esagerare la minaccia del virus. Quando i giornalisti chiamano il dottor Fauci, invece, lui li richiama sempre».