La Spagna sta facendo come noi
Il paese europeo con più casi positivi da coronavirus oltre all'Italia ha cominciato a chiudere tutto, a isolare le città con più contagiati e a temere per il suo sistema sanitario
La Spagna è il paese europeo dopo l’Italia con il maggior numero di casi positivi da coronavirus rilevati: 8.744, di cui 4.665 nella comunità autonoma di Madrid, la più coinvolta finora. Considerati i dati disponibili, si considera che la Spagna sia circa una settimana “indietro” rispetto all’Italia, e che presto potrebbe raggiungere il numero italiano di persone contagiate e morte a causa del coronavirus. Per cercare di rallentare l’epidemia, negli ultimi giorni il governo spagnolo ha adottato misure straordinarie come la quarantena di alcune cittadine, la chiusura di bar, ristoranti e cinema e ha invitato la popolazione a rimanere a casa.
Per il momento nessun altro paese europeo, a eccezione dell’Italia, ha adottato misure così drastiche.
L’ultimo intervento significativo, il più importante, è stato fatto sabato scorso dal governo spagnolo del socialista Pedro Sánchez, che ha approvato un decreto straordinario che ha attivato lo stato di allarme in tutta la Spagna.
Con il decreto, il governo si è imposto come massima autorità in materia di Interno, Difesa e Sanità, sottraendo quindi competenze alle comunità autonome, che sono simili alle nostre regioni, ma con più poteri. Il governo ha imposto restrizioni agli spostamenti dei propri cittadini, con le eccezioni previste anche in Italia: tra le altre cose, ci si può spostare per andare a fare la spesa, in farmacia, e al lavoro quando è necessario. Sono inoltre stati chiusi musei, monumenti, bar, ristoranti e cinema, e sono stati sospesi tutti gli eventi pubblici.
In Spagna la situazione è particolarmente critica nella comunità di Madrid, dove è stata registrata finora più della metà di casi positivi di tutto il paese. Come ha osservato il País, comunque, la situazione è preoccupante anche in altre regioni che stanno mostrando una tendenza simile, come la Catalogna, i Paesi Baschi, l’Andalusia, e la Comunità Valenciana.
Per provare a evitare che il sistema sanitario spagnolo collassi a causa dell’alto numero di casi positivi da coronavirus – cosa che si è cominciata a vedere in alcuni ospedali della Lombardia – il governo Sánchez ha approvato misure mai adottate nel campo della sanità nella storia della Spagna.
Il ministro della Salute spagnolo, Salvador Illa, ha annunciato domenica che le strutture sanitarie private del paese verranno «messe al servizio» del sistema sanitario nazionale, e sarà decisione dei ministri della Salute delle singole comunità autonome se usufruire delle risorse del sistema privato per affrontare l’epidemia. Gli stessi ministri potranno convertire temporaneamente qualsiasi spazio pubblico e privato a struttura in grado di dare assistenza ai malati di COVID-19, la malattia causata dal coronavirus. Il governo, inoltre, ha dato 48 ore di tempo alle imprese che producono materiale medico – mascherine, guanti e occhiali protettivi – per avvisare le autorità della loro produzione, che potrebbe rivelarsi utile in una situazione di emergenza come quella in corso.
Le misure del decreto di sabato si sono aggiunte ad altri provvedimenti già presi la settimana precedente, tra cui la quarantena di alcune cittadine della Catalogna, la chiusura delle scuole e la sospensione delle attività del parlamento.
Lo stato d’allarme è il primo e più lieve dei tre stati eccezionali previsti dalla Costituzione spagnola: gli altri sono lo stato d’emergenza e lo stato d’assedio, applicabili quando sono a rischio le libertà democratiche dei cittadini. Lo stato d’allarme si può applicare principalmente in caso di disastri naturali, come appunto l’epidemia di coronavirus, e può restare in vigore solo per 15 giorni prima di richiedere un voto del Parlamento per un’eventuale estensione. Finora era stato applicato una sola volta, nel 2010, a causa della chiusura dello spazio aereo causata dallo sciopero dei controllori di volo.
Non è detto che lo stato di allarme deciso sabato dal governo terminerà dopo le due settimane previste: secondo il ministro dei Trasporti, José Luis Ábalos, 14 giorni non saranno sufficienti per frenare la diffusione del coronavirus, e il governo cercherà probabilmente di prolungare le misure contenute nel decreto.