Com’è nata la leggenda degli alligatori nelle fogne di New York
Beh, è semplice: da un alligatore che fu effettivamente trovato in una fogna di New York
C’è una radicata leggenda metropolitana secondo la quale le fogne di New York sarebbero abitate da alligatori o coccodrilli. Le varie versioni di questa storia differiscono sul numero di animali e sulle loro dimensioni: ce ne sono addirittura alcune che parlano di alligatori albini perché ormai abituati a vivere nell’oscurità, nutrendosi di ratti e spazzatura. La leggenda è nata diverse decine di anni fa e negli anni si è rafforzata anche grazie a certi prodotti della cultura popolare che l’hanno citata e ingigantita.
Sembra che almeno in un’occasione, negli anni Trenta del Novecento, un alligatore fu effettivamente trovato nel sistema fognario di New York; ed è teoricamente possibile che in questo momento possa esserci, da qualche parte sotto New York, un piccolo alligatore, un caimano o un piccolo coccodrillo. Ma è certo, come ha spiegato di recente il New York Times, che nessun alligatore, caimano o coccodrillo potrebbe vivere a lungo nelle fogne di New York: c’è troppa acqua, troppo freddo, troppo poco cibo e – trattandosi di una fogna – un ambiente pieno di malattie e liquami tossici.
Appurato – e ci voleva poco – che non possono esistere colonie di alligatori nelle fogne di New York, e che trovandocisi in mezzo un alligatore avrebbe una vita breve e quantomeno infelice, è interessante capire come sia nata questa leggenda metropolitana e come abbia fatto a resistere così bene al passare degli anni.
Come ha spiegato in questi giorni il New York Times, e come qualche anno fa aveva spiegato Snopes, già nei primi anni del Novecento su diversi giornali uscirono trafiletti e brevi resoconti di alligatori o coccodrilli trovati nei dintorni di New York, quindi qualche migliaio di chilometri più a nord dei posti in cui abitualmente vivono, come la Florida. Un articolo del 1907 parla di un lavoratore del New Jersey morso da un piccolo alligatore, uno del 1927 di un altro trovato in un piccolo corso d’acqua, uno del 1927 di un altro ancora trovato in un prato.
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Il fatto che davvero fece iniziare la leggenda metropolitana avvenne però nel febbraio 1935, a East Harlem, nel nord di Manhattan. Diversi giornali raccontarono che alcuni ragazzi intenti a spalare neve videro da un tombino un alligatore. I ragazzi cercarono di catturarlo con un lazo e, in una serie di eventi non particolarmente chiara, finirono per ucciderlo con le pale usate per spalare la neve. Fu anche fatta girare una foto che mostrava l’alligatore, pesante più di 50 chili.
Le prime teorie sulla provenienza dell’alligatore ucciso a East Harlem sostennero che fosse arrivato a bordo di una nave, e da lì finito prima in acqua e poi nel sistema fognario. Ma ci fu anche chi ipotizzò che venisse semplicemente da qualcuno che se prima l’era tenuto in casa e che, vedendolo crescere troppo, l’aveva liberato in un fiume.
Come ha spiegato il New York Times, già negli anni Trenta succedeva infatti che qualcuno spedisse o si facesse spedire piccoli alligatori “da compagnia”, o che qualcuno scegliesse di tenerseli come souvenir dopo una vacanza in Florida. È probabile quindi che qualche alligatore riuscisse a scappare o che qualche proprietario decidesse di liberarsene. Esiste più di un caso di un alligatore trovato – non nelle fogne – dalle parti di New York: come quello, lungo circa mezzo metro, che nel 1937 fu visto in una piattaforma della metropolitana di Brooklyn, probabilmente uscito da un bidone della spazzatura in cui era stato buttato.
Un importante sostegno alla leggenda metropolitana degli alligatori nelle fogne arrivò nel 1959, quando Robert Daley pubblicò il libro World Beneath The City, “il mondo sotto la città”. In un capitolo di quel libro Daley riportò le dichiarazioni di Teddy May, un ex sovrintendente del sistema fognario di New York che, a 84 anni, raccontò che un paio di decenni prima lui ed altri avevano visto nelle fogne diversi alligatori, compreso un alligatore albino. May parlò di una «colonia che si era felicemente stabilita sotto le strade della città più vivace del mondo» e disse anche di aver guidato una squadra di persone armate di fucili e incaricate di uccidere alcuni di quegli alligatori, che – sostiene – in alcuni casi furono anche avvelenati. Come fece notare Snopes, al resoconto di May, tra l’altro descritto come una persona non particolarmente affidabile, mancano date precise o conferme di qualsiasi tipo.
In anni più recenti i resoconti si sono fatti più rari e le storie molto più normali. Il New York Times cita a questo proposito il ritrovamento nel 2001 a Central Park di un caimano di mezzo metro, e quello – nel 1997 nel Queens – di un alligatore poco più grande. Ci sono poi altri casi di piccoli alligatori ritrovati o consegnati a enti dedicati, per esempio l’Animal Care Centers, e anche in questi casi erano alligatori presi come animali domestici e poi abbandonati.
Il New York Times ha spiegato anche che a New York «è vietato comprare, vendere o possedere un alligatore senza un permesso specifico», ma che «leggi di questo tipo sono assenti in altri stati, dove gli alligatori possono essere comprati e legalmente spediti» (a patto che siano piccoli e non aggressivi). Ci sono, tra l’altro, alcune storie di piccoli e non particolarmente aggressivi alligatori scappati dagli uffici postali da cui erano in transito.
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Nonostante sia certo che nessun alligatore prosperi sotto le strade di New York, la città e diversi suoi abitanti hanno spesso scherzato sulla questione. Il Department of Environmental Protection, che si occupa della sicurezza ambientale, ebbe per molti anni come mascotte un alligatore con occhiali da sole che spuntava fuori da un tombino. Furono anche vendute magliette con quell’immagine, accompagnata dalla scritta “La leggenda continua…”.
Ma c’è anche chi si accontenta di molto meno, come un commentatore che in risposta all’articolo del New York Times ha scritto: «Gli alligatori sono niente in confronto ai ratti del fiume Hudson: sono grandi quanto un castoro adulto, con lunghi denti gialli».