La strategia del Regno Unito, ancora indietro
Il primo ministro Boris Johnson e i suoi consiglieri medici mettono in conto conseguenze severe per l'epidemia, ma non chiudono le scuole, per ora
Il governo del Regno Unito si sta muovendo come se non fosse necessario adottare le severe misure di distanziamento sociale adottate da altri paesi, non tanto nella speranza di impedire l’arrivo dell’epidemia di coronavirus ma nell’ipotesi che non sia contenibile più di tanto. In una conferenza stampa giovedì pomeriggio, il primo ministro britannico Boris Johnson ha detto che la pandemia è la «peggiore crisi sanitaria di questa generazione» e che «molte persone perderanno i loro cari prima del tempo», ma che è inutile cercare di contenere l’epidemia e la cosa da fare piuttosto è «ritardarla».
Per questa ragione, ha spiegato Johnson, il governo ha deciso di mantenere le scuole aperte, almeno per il momento; chiuderle secondo Johnson «farebbe più male che bene». L’obiettivo del governo è far raggiungere una “immunità di gregge” alla malattia: in altre parole concedere che l’epidemia segua in parte il suo corso, cercando di rallentarla e “spalmare” il picco dei casi. Con la speranza, hanno spiegato i consiglieri del governo, di raggiungere l’immunità nel corso dell’estate.
(Perché discutiamo dell’immunità di gregge)
Nel Regno Unito sono stati identificati circa 600 casi di contagio da coronavirus e 10 persone sono morte a causa della malattia. Secondo i consiglieri del governo, il numero reale dei contagiati potrebbe oscillare tra i 5 e 10 mila casi. Se la metà dei 66 milioni di abitanti del Regno Unito contraesse la malattia, che al momento, secondo l’OMS, causa la morte del 3,4 per cento degli infetti, i morti potrebbero essere nell’ordine delle centinaia di migliaia. I consiglieri del governo dicono che nello scenario peggiore fino all’80 per cento della popolazione potrebbe essere contagiato.
Attualmente il Regno Unito è uno dei paesi europei che hanno imposto le limitazioni minori ai loro cittadini. Le scuole rimangono aperte e molti eventi sportivi continuano a svolgersi regolarmente. Tra le nuove misure comunicate giovedì c’è una nuova lista di raccomandazioni per i cittadini britannici. Il governo ha chiesto a chi ha febbre o tosse di autoisolarsi e, possibilmente, di rimanere a distanza dai suoi familiari. Ha sconsigliato agli anziani di andare in crociera e ha domandato alle scuole di sospendere le gite all’estero. Johnson ha anche annunciato che d’ora in poi i tamponi per il coronavirus saranno fatti soltanto alle persone ricoverate in ospedale.
Il Partito Laburista ha detto di sostenere le scelte del governo, anche se ha chiesto «maggiore chiarezza» nella diffusione delle informazioni.
Nonostante gli inviti alla prudenza del governo centrale, la Scozia ha deciso di proibire gli eventi con più 500 partecipanti, mentre il comune di Londra ha sospeso le celebrazioni per la festa di San Patrizio. Nel frattempo, diverse università hanno sospeso le lezioni e alcune partite di calcio sono state rimandante, dopo che giocatori o manager sono risultati positivi al coronavirus.
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La strategia del governo britannico è radicalmente diversa da quella messa in atto in Cina, Corea del Sud e negli altri paesi asiatici più colpiti, dove le esperienze accumulate durante le passate epidemie di coronavirus hanno portato le autorità sanitarie ad elaborare protocolli di contenimento che, per il momento, sembrano riusciti a fermare l’epidemia molto prima che raggiungesse percentuali significative della popolazione. Si tratta di una strategia opposta anche a quella adottata in Italia, dove sono state attuate misure di contenimento meno raffinate, ma estremamente severe.
La conferenza stampa e l’annuncio delle misure sono state duramente criticate da molti esperti. Richard Horton, direttore della prestigiosa rivista medica The Lancet, l’ha definita “compiacente” e ha suggerito al governo di adottare una strategia più simile a quella italiana. John Ahston, professore di salute pubblica all’università di Liverpool e per quasi 20 anni uno dei principali dirigenti della sanità britannica, ha definito le decisioni del governo “patetiche”. Jeremy Hunt, deputato conservatore per sei anni ministro della Salute, ha detto che l’atteggiamento del governo è «sorprendente e preoccupante».
Le decisioni di Johnson sono invece appoggiate dai consiglieri medici del governo e da altri accademici britannici. Patrick Vance, capo consigliere scientifico del governo, ha detto che «non si può fermare l’epidemia completamente e quindi non dobbiamo tentare di fermarla completamente». Attualmente le linee guida britanniche consigliano di rimanere a casa soltanto alle persone contagiate o che mostrano sintomi. In futuro, ha detto Vance, «potremmo chiedere ai familiari dei contagiati di stare a casa». A proposito della chiusura delle scuole ha detto che è un metodo efficace di contrastare la normale influenza, ma che non è chiaro se i bambini abbiano un ruolo nella trasmissione del coronavirus. Secondo la BBC, i consiglieri scientifici del governo stimano che il picco dei casi nel paese non arriverà prima di tre mesi.