Non è vero che le bevande calde uccidono il coronavirus
Così come non serve esporsi al sole o fare un bagno caldo, e non ci sono rischi a bere acqua ghiacciata: eppure gira anche questa bufala
Da diversi giorni circola un consiglio scientificamente infondato – e quindi pericoloso – secondo il quale si potrebbe “uccidere” o “neutralizzare” il coronavirus (SARS-CoV-2) con delle bevande calde, perché non resisterebbe a temperature superiori a 26-27 °C. Per lo stesso motivo, dice questa bufala, sarebbe utile esporsi al sole ed evitare le bevande ghiacciate, che invece aiutano il coronavirus. È completamente falso. Le nostre conoscenze sul coronavirus sono ancora limitate, ma questo lo sappiamo per certo: basta pensare al fatto che la nostra temperatura corporea è ben superiore, di circa 10 gradi, eppure il virus ci infetta. Se fosse vero, poi, vorrebbe dire che esiste un modo di evitare il contagio semplice, economico e alla portata di tutti, cosa che invece non esiste ancora. Ci sarà quando sarà sviluppato un vaccino.
Cosa dice la scienza
I virus – e quindi anche i coronavirus – sono entità biologiche particolari: non sono esseri viventi veri e propri, ma hanno la capacità di invadere un organismo e sfruttarne le risorse per prosperare e moltiplicarsi, come fanno i parassiti. Per farlo, si legano alle cellule degli organismi, eludono le difese delle loro membrane e si aprono un varco attraverso il quale ne modificano le caratteristiche.
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Ci sono tante cose del coronavirus che non sappiamo, ma una cosa sulla quale la scienza è concorde è che non c’è modo di prevenirlo o ucciderlo attraverso bevande calde o l’esposizione al sole. La temperatura del corpo umano si aggira tra i 36 °C e i 37 °C, e non c’è modo di alzarla o abbassarla con una bevanda o un bagno caldo, oppure stando al sole. Lo ha ribadito anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, spiegando anzi che fare un bagno troppo caldo – così come bere una bevanda troppo calda – può fare male al nostro corpo.
Allo stesso modo, è sbagliato pensare che si possa uccidere il coronavirus “mentre è in bocca” mettendolo a contatto con un liquido caldo: non è il modo in cui funzionano i virus. Una volta contagiati, il coronavirus si lega alle cellule e l’unico modo per neutralizzarlo è attraverso il sistema immunitario.
Non sappiamo ancora esattamente come e quanto sopravviva il coronavirus fuori dal corpo umano, e come influiscano la temperatura e l’umidità. Le tesi più accreditate per ora ritengono che la sua sopravvivenza fuori da un organismo sia aiutata dal freddo e dall’aria secca. Ma per uccidere il virus serve una temperatura di 60 °C, ha spiegato a BBC la virologa Sally Bloomsfield, cioè più di quanto si possa fare con un bagno caldo o un’esposizione prolungata al sole. Può essere invece una buona idea lavare biancheria e vestiti a questa temperatura, per neutralizzare un’eventuale presenza del virus (che non sappiamo ancora quanto resista sulle superfici).
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Ci sono però modi per prevenire un’infezione da coronavirus: quelli raccomandati dalla scienza e dalle autorità, che comprendono lavarsi a lungo e vigorosamente le mani con acqua e sapone, mantenere le distanze dalle persone e ridurre allo stretto indispensabile i contatti sociali.
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Bere una bevanda calda può farci stare meglio se siamo influenzati o raffreddati: ma è un modo di intervenire sui sintomi, per esempio alleviando i dolori di una gola infiammata, e non sulle cause dell’infezione. Possiamo insomma bere tutti i tè caldi e le tisane che vogliamo, senza però pensare che ci proteggano dal coronavirus. Così come possiamo berci bibite ghiacciatissime, se lo preferiamo, senza timori di alcun tipo (troppo zucchero fa comunque male).
Perché qualcuno lo pensa
La bufala delle bevande calde e del coronavirus è circolata moltissimo in una catena su WhatsApp che conteneva anche altre informazioni e raccomandazioni false sul coronavirus: le abbiamo smentite una per una qui. A quanto è stato possibile ricostruire, la storia delle bevande calde che uccidono il coronavirus arriva da un documento in inglese attribuito a un fantomatico ricercatore di Shenzhen, tradotto in italiano. Tra i primi – forse il primo – ad averlo pubblicato c’è il sito di una onlus contro le malattie cardiovascolari di Milano, che non lo ha ancora rimosso nonostante sia stata abbondantemente avvertita della sua infondatezza (anche dal Post, al quale è stata ribadita goffamente la veridicità del consiglio). È poi circolato tantissimo su WhatsApp, e l’informazione è poi stata ripresa tra gli altri anche dal Tempo e nell’edizione cartacea del Corriere dello Sport.