La protesta dei dipendenti di Hachette contro il libro di Woody Allen
I dipendenti della casa editrice sono usciti dagli uffici di New York per protestare contro la pubblicazione, per la storia delle accuse della figlia
Giovedì decine di dipendenti del gruppo editoriale Hachette della sede di New York sono usciti per protesta dai loro uffici sulla 6th Avenue per la pubblicazione di un’autobiografia del regista Woody Allen, che da anni è accusato dalla figlia adottiva Dylan Farrow di molestie sessuali. Il libro di Allen, un memoir intitolato A proposito di niente, uscirà ad aprile e sarà pubblicato in Italia dalla casa editrice Nave di Teseo. La protesta dei dipendenti di Hachette è l’ultimo capitolo di una storia controversa e complicata, quella delle accuse contro Allen e dell’isolamento che ne è seguito, resa delicata e divisiva dal fatto che le accuse di Dylan Farrow non sono mai state provate, e anzi sono state smentite dalle indagini.
The #littlebrownwalkout marks a real and important shift in publishing. The next generations will not stand for this utter lack of integrity. Proud too of Grand Central employees who are adamantly against this book deal. pic.twitter.com/luB3iSULPw
— Kiele Raymond (@kieleraymond) March 5, 2020
I dipendenti di Hachette hanno diffuso un comunicato in cui esprimono solidarietà a Dylan Farrow e al fratello Ronan Farrow, giornalista e figlio di Allen che da sempre sostiene la sorella nelle accuse contro il padre. L’anno scorso Farrow aveva pubblicato sempre con Hachette il libro Catch and Kill, in cui aveva raccontato le sue indagini sugli stupri e le molestie sessuali compiuti da Harvey Weinstein, che erano uscite sul New Yorker ed erano state tra quelle centrali per la nascita del movimento #MeToo.
– Leggi anche: La storia delle accuse contro Woody Allen, dall’inizio
La storia delle accuse contro Allen cominciò negli anni Novanta, durante il processo per la custodia dei figli di Allen e dell’attrice Mia Farrow, che divorziarono quando Farrow scoprì che Allen aveva una relazione con Soon-Yi Previn, figlia adottiva di Farrow che all’epoca aveva circa 35 anni in meno di Allen. Era già di per sé una vicenda complicata e interessantissima per i media, ma fu resa ancora più controversa dalle accuse di Dylan Farrow, che testimoniò nel processo ma che poi raccontò pubblicamente la sua versione dei fatti soltanto nel 2014. Nel 1992, quando aveva 7 anni, a suo dire Allen abusò sessualmente di lei in una soffitta.
Allen ha sempre negato le accuse, e dalla sua parte si è schierato Moses Farrow, altro figlio biologico di Mia Farrow, che nel 1992 aveva 14 anni. Secondo Allen e Moses Farrow, Mia Farrow inventò la storia della violenza sessuale per vendicarsi della relazione tra Allen e Soon-Yi Previn, e convinse sua figlia Dylan – allora una bambina – di averla realmente subita. Mia, Dylan e Ronan Farrow hanno invece sempre sostenuto la veridicità delle accuse.
La vicenda fu estesamente indagata da una clinica per gli abusi sessuali sui minori e dai servizi sociali di New York, che conclusero che non c’era stata una violenza sessuale. Secondo la clinica, Dylan Farrow l’aveva inventata autonomamente, vittima delle forti tensioni psicologiche familiari, oppure su indottrinamento di Farrow. Allen non è mai stato incriminato per violenza sessuale.
75 plus employees of Hachette are standing in solidarity with @ronanfarrow, @realdylanfarrow and survivors of sexual assault and walked out of the Hachette offices today in protest of Woody Allen’s memoir. #HachetteWalkout #LittleBrownWalkout pic.twitter.com/wTNi3c7gy8
— Kendra Barkoff Lamy (@kabarkoff) March 5, 2020
Per molti anni le accuse non furono un grosso problema per Allen, che andò avanti con la sua carriera di grande successo. Il movimento #MeToo però riportò all’attenzione la vicenda, e le mutate sensibilità sul tema delle molestie sessuali e la tendenza generale a credere a chi le denuncia ha fatto sì che negli ultimi tre anni si sia diffuso il colpevolismo nei confronti di Allen.
Molti attori e registi hanno preso le distanze dal regista, scusandosi di aver lavorato con lui in passato e rifiutando di farlo in futuro: Timothée Chalamet, Colin Firth e Rebecca Hall, tra gli altri. L’anno scorso Amazon si era addirittura rifiutata di distribuire il suo film Un giorno di pioggia a New York, violando un contratto e andando incontro a una causa legale.
I giornali americani hanno scritto che Allen aveva il progetto di scrivere un’autobiografia da molti anni, e che già nel 2003 era arrivato molto vicino a venderne i diritti alla casa editrice Penguin per 3 milioni di dollari, preferendo poi aspettare per ottenere un anticipo più alto. Dopo #MeToo, però, la reputazione di Allen è peggiorata moltissimo e il libro era dato per spacciato. Ma a quanto ha scritto il Guardian, Hachette ne ha comprato i diritti senza farlo sapere in giro, annunciandolo poi soltanto qualche giorno fa.
Dopo l’annuncio del libro, Ronan Farrow aveva diffuso un messaggio in cui aveva definito «molto poco professionale» il comportamento di Hachette, accusata di «mancanza di etica ed empatia nei confronti delle vittime di violenza sessuale». In una email ottenuta dal New York Times, Farrow scrive che «ovviamente» non lavorerà più con la casa editrice.
La protesta dei dipendenti di Hachette è qualcosa di praticamente inedito nel mondo dell’editoria statunitense, e non si sa che conseguenze potrà avere. La decisione di uscire dagli uffici è stata presa dopo due riunioni dei dipendenti, e ha coinvolto editor di diversi livelli di anzianità ma anche dirigenti. In una email a Vox, il CEO di Hachette ha detto che la casa editrice rispetta la protesta e spera di risolvere la questione dopo averne discusso approfonditamente.