Le prime conseguenze politiche del coronavirus, in Giappone
Il primo ministro Shinzo Abe sta perdendo molti consensi per la sua gestione confusa dell'emergenza, iniziata due mesi fa
In Giappone finora le persone risultate positive al coronavirus (SARS-CoV-2) sono state 350, e quelle morte 6. Nonostante i numeri piuttosto contenuti – il Giappone è dietro Francia, Germania e ovviamente Italia per numero di contagiati – il coronavirus sta creando enormi problemi al governo guidato dal primo ministro Shinzo Abe, i cui consensi nelle ultime settimane sono crollati. Abe è stato molto criticato per avere adottato una strategia confusa nel contrastare il virus: prima ha sottovalutato l’emergenza, poi ha annunciato decisioni drastiche giudicate illogiche dai suoi critici.
I problemi per Abe erano iniziati a gennaio, quando il governo giapponese aveva risposto lentamente all’inizio dell’epidemia di coronavirus nella vicina Cina, paese da cui ogni anno arrivano moltissimi turisti che visitano il Giappone.
A inizio febbraio le critiche al governo si erano intensificate a causa dei ritardi e degli errori compiuti nella gestione della Diamond Princess, nave bloccata nel porto di Yokohama, in Giappone, dopo che un passeggero sbarcato a Hong Kong era risultato positivo al virus. Il governo aveva ritardato a imporre la quarantena a bordo, e il risultato era stato 691 persone infettate e 4 passeggeri morti. Inoltre Abe non era sembrato in grado di sostenere le domande per i tamponi per il coronavirus: mentre altri paesi vicini espandevano le loro capacità diagnostiche, il Giappone continuava a faticare, realizzando poche centinaia di test.
Come ha scritto Ben Dooley sul New York Times, con l’aumento dei problemi legati alla diffusione del coronavirus, Abe sembrava disinteressarsi della questione: «Faceva solo brevi comparsate alle riunioni strategiche e passava le sue serate bevendo vino e cenando in compagnia con gli amici e i suoi ministri, presentandosi alle feste anche quando il suo governo aveva invitato tutti a evitare gli eventi con molte persone». «Dov’è finito Abe?», era uno dei titoli della stampa internazionale per descrivere l’inazione del primo ministro.
Una settimana fa, in contraddizione con le misure prese fino a quel momento, Abe aveva annunciato la chiusura di tutte le scuole del paese in via precauzionale, soprattutto per cercare di non compromettere il prossimo grande evento internazionale che si terrà in Giappone nel 2020: le Olimpiadi che dovrebbero iniziare a Tokyo a fine luglio. L’annuncio della chiusura delle scuole, considerato drastico da molti, era stato accolto con grandi critiche da buona parte della popolazione e dall’opposizione, che aveva messo in dubbio l’efficacia della misura e si era detta preoccupata delle possibili conseguenze sulla vita di moltissime famiglie.
Secondo Yoichi Masuzoe, ex ministro della Salute e uno dei responsabili della risposta giapponese alla pandemia influenzale del 2009, la gestione dell’attuale crisi da parte del governo è stata disastrosa perché «Abe è stato al governo troppo tempo».
Masuzoe, così come altri critici del primo ministro, sostiene che nel corso dei suoi sette anni di governo Abe abbia rafforzato così tanto il suo potere da avere ridotto al minimo il dissenso sia tra i propri ministri sia all’interno del proprio partito, i Liberal Democratici, di centrodestra. «Tutti i ministri sono sotto il controllo di Abe. Nessuno può dire una parola contro di lui», ha detto Masuzoe, cercando di spiegare la mancanza di una strategia coerente nel governo riguardo al coronavirus.
La crisi provocata dal coronavirus, comunque, sta peggiorando una situazione che già era critica sotto diversi aspetti, in particolare quello economico.
Nell’ultimo trimestre del 2019 l’economia del Giappone si era già contratta del 6 per cento a causa soprattutto dell’aumento della tassa sui consumi dall’8 al 10 per cento – l’equivalente della nostra IVA – decisa per risanare le casse dello stato, sostenere le spese per le politiche sociali e rimediare ai danni provocati dai due tifoni che avevano colpito il paese tra settembre e ottobre. Lo stesso Abe era stato coinvolto in diversi scandali, anche se era riuscito sempre a venirne fuori piuttosto bene: solo nel corso dell’ultimo anno, due suoi ministri si erano dimessi e il suo governo era stato accusato di distruggere documenti legati a possibili illegalità della collocazione di fondi pubblici.
Il calo dei consensi dovuto alla gestione dell’attuale crisi potrebbe costringere Abe a rivedere i suoi piani per il futuro, che al momento sono particolarmente incerti.
Non è chiaro infatti se Abe sia intenzionato a ricandidarsi a presidente del Partito Liberal Democratico e a cercare un nuovo mandato da primo ministro. La sua decisione, e il suo futuro, potrebbero dipendere da quello che succederà nelle prossime settimane, e in particolare da quello che si deciderà di fare sulle Olimpiadi di Tokyo, la cui cancellazione potrebbe provocare ad Abe un ulteriore crollo di consensi.