Avremo sempre più dischi “spezzettati”?
Ci stanno provando alcuni artisti, per venire incontro alla velocità con cui lo streaming ci ha abituato a consumare e dimenticare la nuova musica
Da anni ci si interroga su come le piattaforme di streaming abbiano cambiato le nostre abitudini musicali, e di conseguenza la musica: dalle playlist che possono decretare la fortuna di canzoni insospettabili al rinnovato successo della musica vecchia e di catalogo, dalle truffe per gonfiare gli ascolti dei dischi fino all’accorciarsi delle canzoni per venire incontro al lasso di tempo medio di attenzione, sempre più breve. Mentre è arrivato TikTok a scombinare ulteriormente le cose, portando canzoni nate quasi per scherzo in una cameretta a battere il record della classifica di Billboard, Pitchfork ha osservato una nuova conseguenza dello streaming sulla musica: i dischi spezzettati.
L’anno scorso il cantautore americano Bill Callahan, uno dei più apprezzati e stimati nel filone del country alternativo e del folk contemporaneo, ha pubblicato il suo ultimo disco, Shepherd in a Sheepskin Vest, scegliendo un metodo di distribuzione insolito. Il disco fisico è uscito il 14 giugno, ma nelle tre settimane precedenti erano usciti negli store digitali e in streaming i primi tre lati del doppio vinile, cioè le prime sedici canzoni, sulle venti totali. «Dalla mia stessa esperienza so che con lo streaming è facile farsi tentare e – anche se ti sta piacendo una canzone – chiedersi cosa c’è dopo, e “skippare”. Quindi abbiamo voluto pubblicare il disco con calma» ha spiegato Callahan.
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Non è stato il solo a fare un esperimento simile. Ci hanno provato negli ultimi mesi anche il cantante Moses Sumney, uno dei nuovi artisti R&B più segnalati dalla critica, così come Hayley Williams, la leader della band punk dei Paramore, e Maddie & Tae, un duo country. Fin qui le spiegazioni ufficiali hanno perlopiù insistito sulle volontà creative dell’artista, ma il capo di un’etichetta indipendente ha spiegato a Pitchfork che alla fine tutto ruota intorno allo streaming.
È in effetti un’evoluzione di quella che è stata una diffusissima strategia commerciale dell’industria discografica degli ultimi anni: anticipare le uscite dei dischi con tanti singoli, che iniziano solitamente a uscire diversi mesi prima dell’album vero e proprio. Le motivazioni sono diverse: più uscite, che siano di singoli o di “pezzi” di disco, permettono di organizzare più campagne promozionali, ciascuna con nuovi contenuti, per riportare più volte gli ascoltatori sullo stesso prodotto. Spezzettare le uscite, poi, rende più probabile finire più volte nelle playlist settimanali delle migliori nuove uscite, che in certi casi fortunati può voler dire moltiplicare gli ascolti, e quindi gli introiti, di una canzone.
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Russ Crupnick, direttore di MusicWatch, un’agenzia di ricerca del settore musicale, ha spiegato che tutte le loro indagini dicono che la prima cosa che gli ascoltatori vogliono sentire è nuova musica dai loro artisti preferiti. E uno stesso disco, diviso in tre, vuol dire tre volte “nuova musica”.
Dal punto di vista opposto, è lo stesso motivo per cui per gli artisti sono diminuiti gli incentivi economici per lavorare a pochi, “grandi” dischi: molto meglio farne di più, più brevi o con meno lavoro dietro, dal punto di vista degli incassi. La soglia di attenzione ridotta di cui si parla spesso quando si discute di come internet abbia modificato le nostre abitudini vale anche per il tempo di cui i media e gli appassionati discutono di un prodotto: un disco che un tempo avrebbe fatto parlare di sé per mesi o anni oggi può uscire dal discorso mainstream nel giro di un paio di settimane.
Tutto questo vuol dire un’esperienza di fruizione diversa: quando esce nella sua completezza un disco di cui erano già state pubblicate delle parti, l’esperienza degli ascoltatori è molto diversa. Il rischio è che la critica e gli appassionati snobbino un buon album perché la sua uscita dilazionata l’ha reso meno notevole, tutto intero.
Sumney ha spiegato che secondo lui questa modalità di pubblicare un disco si presta soprattutto per quegli album lunghi e che richiedono più ascolti, e concentrati. È il caso di grae, il suo ultimo disco che è uscito in parte a inizio febbraio, e che in parte uscirà a maggio. «Gli album lunghi devi ascoltarli diverse volte, e pensarci parecchio, per capirli davvero. Quindi l’ho pubblicato come avrei voluto che fosse ascoltato: ti siedi con la prima parte, la riascolti, la digerisci, magari ti leggi un po’ di testi se ti va di approfondirlo. E poi prendi la seconda parte, e fai la stessa cosa. Auspicabilmente, la gente arriverà fino alla fine».