Cosa c’è nei cocktail più famosi
Dall'Old Fashioned all'Americano, passando per la Caipirinha e il Martini, per chi è inesperto ma vorrebbe un'alternativa al solito gin tonic
Se ogni sabato sera vi ritrovate a sfogliare a lungo la lista del bar e poi a ordinare il solito spritz o l’ennesimo gin tonic, non avete niente di strano: sono probabilmente i due cocktail più richiesti in Italia, di questi tempi. Da Otto, locale milanese in via Paolo Sarpi, rappresentano per esempio più di metà degli ordini. Circa 9 volte su 10, lo spritz viene chiesto con l’Aperol: ma ci sono diverse varianti di cui sicuramente vi ha parlato quel vostro amico dai gusti più raffinati. Così come ci sono tantissime alternative al gin tonic, dopo l’aperitivo, con ingredienti particolari e storie notevoli, che tutti conosciamo di nome ma di cui generalmente ignoriamo gli ingredienti.
Ne abbiamo raccolti un po’, per chi è inesperto e conosce soltanto per nome cocktail come il Martini di James Bond, l’Old Fashioned di Mad Men o il White Russian del Grande Lebowski. Ce ne sono a base di whisky o di triple sec (eh?!), oppure di vodka, che da Otto per qualche motivo si sono dimezzati negli ultimi tempi. Con una notizia per chi pensava di essersi messo al passo coi tempi ordinando il Moscow Mule: sta già passando di moda. Sono tutti presi tra quelli della lista ufficiale dell’International Barman Association, l’organizzazione ufficiale che sul suo sito indica anche quali sono le dosi e le ricette di ciascuno.
Americano
Metà bitter, tipo il Campari, metà vermouth, una spruzzata di soda, scorza d’arancia: un aperitivo, principalmente. Gli ingredienti sono italiani, per metà milanesi (Campari) e per metà torinesi (vermouth), cosa che complica le ipotesi sull’origine del cocktail, piuttosto misteriosa. Nacque certamente in Italia, forse nell’Ottocento o forse nel Novecento; potrebbe averlo servito per primo Gaspare Campari nel suo bar in galleria Vittorio Emanuele a Milano, e il nome potrebbe derivare dalla sua popolarità tra i turisti americani. Oppure dal soprannome del pugile Primo Carnera, per l’appunto “l’Americano”, che però visse diversi decenni dopo Campari. È l’antenato del Negroni, e viene citato all’inizio del romanzo Casino Royale di Ian Fleming, il primo con protagonista l’agente James Bond.
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Daiquiri
Ce ne sono tantissime varianti, tutte a base di rum bianco, succo di lime e sciroppo di zucchero, a cui possono essere aggiunti altri succhi di frutta o altri liquori: come il maraschino, nel caso della famosa variante Hemingway Special. È uno shakerato, cioè un cocktail i cui ingredienti sono mischiati e raffreddati in uno shaker riempito di ghiaccio, e poi versati in un bicchiere. Si beve più o meno quando si vuole, soprattutto d’estate.
Nacque a Cuba a fine Ottocento o a inizio Novecento, prendendo il nome da una spiaggia vicino a Santiago di Cuba dove c’era una miniera: da lì arrivò negli Stati Uniti grazie ad alcuni ingegneri americani. Diventò popolare negli anni Quaranta, quando liquori come whisky e vodka erano difficili da trovare per via della guerra, ma il rum abbondava per via della “politica di buon vicinato” promossa da Franklin D. Roosevelt, che favorì gli scambi con l’America Latina.
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Martini
Da non confondersi ovviamente con le bevande alcoliche dell’omonima azienda piemontese, è uno dei cocktail più famosi e leggendari al mondo, anche in quanto preferito di James Bond: «agitato, non mescolato». È fatto semplicemente di gin e di vermouth secco, a cui sono aggiunte delle olive e talvolta una scorza di limone. La cosa curiosa è che, secondo la ricetta tradizionale, gli ingredienti andrebbero mescolati, e non shakerati. Le origini del cocktail sono impossibili da accertare, ma risalgono certamente all’Ottocento, probabilmente negli Stati Uniti: il nome dipende forse dalla città californiana di Martinez, forse dal nome di un barman ligure emigrato a New York, o forse dall’azienda Martini.
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Manhattan
È fatto prevalentemente di whisky, rigorosamente americano o canadese, a cui viene aggiunto un po’ di vermouth dolce e una goccia di angostura, un popolare amaro sudamericano. Solitamente il tutto è guarnito con una ciliegia al maraschino. Nacque – ovviamente – a Manhattan a fine Ottocento, ed è servito oggi prevalentemente come aperitivo. Altre curiosità: è uno dei cinque cocktail dedicati a un quartiere di New York, ed è la bevanda più popolare nell’isola di Föhr, nelle Frisone, in Germania, per via della massiccia emigrazione verso New York che interessò l’isola nell’Ottocento.
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Negroni
È il più famoso cocktail italiano insieme allo Spritz veneziano, entrambi diventati popolarissimi negli ultimi anni grazie a una serie di campagne promozionali internazionali particolarmente riuscite di Campari, che produce i liquori fondamentali di entrambi. Nel Negroni c’è il gin, il vermouth rosso e il Campari, in parti uguali, a cui viene solitamente aggiunta una fetta d’arancia. È un cocktail da aperitivo dalla forte gradazione alcolica, inventato a inizio Novecento a Firenze dal conte Camillo Negroni, che una sera chiese di aggiungere del gin al suo Americano. Negli anni Settanta al bar Basso di Milano venne inventato il Negroni sbagliato sostituendo lo spumante brut al gin. Roberto Marone, che è co-proprietario di Otto, dice che nel suo locale se ne ordinano meno, di recente.
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Spritz
Viaggia assieme al Negroni: è il risultato dell’abitudine ottocentesca di allungare con l’acqua frizzante o il seltz il vino, nata si pensa tra le truppe austriache di stanza nel Nord Est d’Italia e praticata ancora oggi in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il cocktail vero e proprio nacque a Venezia e Padova negli anni Venti o Trenta, quando al vino e al seltz si cominciarono ad aggiungere liquori aromatici come l’Aperol o il Select. Ancora più del Negroni, è diventato popolarissimo negli Stati Uniti negli ultimi anni, nella versione con l’Aperol, per motivi estesamente indagati e che in parte riguardano il suo colore arancione acceso, molto fotogenico su Instagram. Da Otto a Milano il 90 per cento degli spritz viene chiesto con l’Aperol, ma c’è chi lo preferisce con il Campari o con il Cynar, il liquore al carciofo. Chi se ne intende davvero, o vuole atteggiarsi da esperto, lo chiede di solito con il Select: se n’è accordo di recente anche il New York Times.
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Old Fashioned
Celebre e antico cocktail statunitense a base di whisky americano, bitter, zucchero e acqua, tutto “on the rocks”, cioè col ghiaccio. È quello che beve sempre Don Draper di Mad Men e ha un’origine mai stabilita, risalente certamente all’Ottocento.
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Bellini
Uno dei cocktail italiani più famosi nel mondo, di cui conosciamo esattamente data e luogo di invenzione: il 1948, al celebre Harry’s Bar di Venezia per mano di Giuseppe Cipriani, che mischiò del prosecco alla polpa di pesche schiacciate. Diede alla bevanda fresca e frizzante il nome del pittore Giovanni Bellini per via del colore, che gli ricordava quello della toga di un santo dipinto dall’artista rinascimentale. Le pesche devono essere necessariamente bianche, mentre il prosecco è spesso sostituito con altri vini spumanti. Si beve normalmente in un bicchiere dalla forma affusolata, spesso un flute.
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Black Russian
Fatto di vodka e liquore al caffè, con ghiaccio e servito in un bicchiere basso da Old Fashioned, fu inventato negli anni Quaranta da un barman dell’hotel Metropole di Bruxelles. Diventa “white russian” nella versione con panna, quella preferita dal Drugo nel Grande Lebowski.
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Bloody Mary
Vodka, succo di pomodoro e una serie di spezie che lo rende molto personalizzabile: tipicamente salsa Worcestershire, pepe, sedano, tabasco. Inventato negli anni Venti o Trenta a Parigi o a New York: come per tanti cocktail, l’invenzione del Bloody Mary è stata rivendicata da molti bar e barman. Il nome sembra essere legato a Maria I Tudor, detta “la Sanguinaria” per la violenta repressione degli oppositori protestanti, ma ci sono storie che citano anche una meno regale Mary cameriera, oppure l’attrice Mary Pickford. Negli Stati Uniti è particolarmente popolare come rimedio mattutino per la sbronza della sera prima.
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Caipirinha
È il cocktail nazionale brasiliano, fatto di cachaça, un distillato della canna da zucchero, lime e zucchero di canna, con tanto ghiaccio. Non si sa che origini abbia ma oggi viene servito praticamente dappertutto in Brasile, e il nome è un diminutivo per indicare chi viene dalle campagne. Sostituendo la vodka alla cachaça diventa caipiroska.
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Cosmopolitan
Vodka aromatizzata al limone, cointreau, succo di lime e succo di lampone o mirtillo, tutto shakerato. Ci sono molte versioni sulla sua origine, che risale agli anni Venti o Trenta molto probabilmente negli Stati Uniti, dove si è definita la versione attuale che potrebbe prendere il nome dall’omonima rivista e che fa parte della famiglia dei Cape Codder, cocktail a base di vodka e bacche rosse. È stato di moda soprattutto negli anni Novanta e Duemila, soprattutto grazie alla serie Sex and the City (lo beveva sempre la protagonista Carrie Bradshaw).
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Long Island Iced Tea
Il colore del tè freddo glielo dà la Coca-Cola, a cui però sono aggiunte in parti solitamente uguali vodka, tequila, gin, rum bianco e triple sec (cioè il cointreau, il distillato all’arancia). È molto alcolico e ha avuto una popolarità più recente, coincidente con quella più generale degli highball: cioè i cocktail abbondanti e rinfrescanti come il gin tonic e il Cuba libre.
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Margarita
Servito tradizionalmente nel tipico bicchiere che ricorda il sombrero messicano, è fatto di tequila, triple sec e succo di lime, normalmente con il sale sul bordo del bicchiere. È uno shekerato, nato nella prima metà del Novecento in Messico o nel sud degli Stati Uniti, secondo molti come variante di un altro cocktail che aveva il brandy al posto della tequila. Oggi è popolarissimo negli Stati Uniti, in particolare negli stati che confinano con il Messico, dove è apprezzato in gran parte perché molto bevibile e ricco di sapori diversi, dal dolce all’acido al salato.
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Moscow Mule
Vodka, ginger beer (cioè un estratto della radice di zenzero), succo di lime e una fetta di lime, servito tradizionalmente in un bicchiere di rame. Il Moscow Mule nacque probabilmente a Los Angeles negli anni Quaranta, e la sua diffusione è dovuta principalmente a John G. Martin, un presidente dell’azienda distributrice di alcolici Heublein, che lo fece conoscere per promuovere la vodka Smirnoff. Ha avuto una nuova ondata di popolarità negli ultimi anni, anche in Italia, ma sempre secondo Marone di Otto è in netto calo di recente.
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Sex on the Beach
È fatto di vodka, liquore alla pesca, succo d’arancia e succo di ossicocco, conosciuto anche come mirtillo palustre, un frutto a bacca rossa che alla vista sembra ribes. Il Sex on the Beach è un cocktail moderno, nato negli Stati Uniti e diventato popolare negli anni Settanta e Ottanta con il diffondersi dei cocktail fruttati. È tipicamente estivo e, come suggerisce il nome, tipicamente balneare.
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Whiskey Sour
Nordamericano o sudamericano di origine, è diffuso soprattutto negli Stati Uniti. È a base di whisky americano, spesso bourbon (cioè whisky a base di mais fatto in alcuni stati americani, principalmente del sud-est), succo di limone, sciroppo di zucchero, ciliegie al maraschino, arancia. In alcune versioni ha anche l’albume d’uovo.
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Sazerac
È un cocktail a base di cognac, un pochino di assenzio usato sostanzialmente per aromatizzare il bicchiere, una zolletta di zucchero e un bitter americano chiamato Peychaud’s. Poco diffuso in Europa, è considerato il più antico cocktail americano, nato a inizio Ottocento a New Orleans, dove oggi è considerato una specie di patrimonio.
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Piña Colada
Uno dei cocktail più dolci che ci siano: rum bianco, latte di cocco e succo d’ananas. Nato a Porto Rico, forse tra i pirati che cercavano una bevanda alcolica dissetante, venne perfezionato nella seconda metà del Novecento: dal 1978 è bevanda nazionale portoricana. Reso famoso anche dalla celebre canzone “Escape (The Piña Colada Song)” di Rupert Holmes del 1979.
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