Quanti test per il coronavirus abbiamo fatto
Oltre 8.600: più che negli altri paesi europei, che però non hanno cercato tra le persone senza sintomi
Negli ultimi giorni sia il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che alcuni esperti di malattie infettive, come la virologa esperta di influenza Ilaria Capua e l’epidemiologo dell’Università di Pisa Pier Luigi Lopalco, hanno detto che in Italia sono stati accertati molti casi di persone contagiate dal nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) perché abbiamo fatto un gran numero di test per trovarlo. Non tutti i paesi europei hanno diffuso dei dati su quanti test abbiano fatto finora, però, quindi non è semplicissimo fare un confronto.
Il test o “tampone” si fa con una specie di cotton fioc con cui si raccoglie il muco e i liquidi della gola, in cui cercare la presenza del virus. In Italia, secondo i dati riferiti martedì sera da Angelo Borrelli, capo della protezione civile e commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, sono stati fatti in totale più di 8.600 tamponi.
Per quanto riguarda il Regno Unito, dove ci sono stati 13 casi di contagiati, tra cui otto persone già guarite, gli ultimi dati diffusi dal ministero della Salute britannico dicono che alle 14 del 24 febbraio erano stati fatti 6.536 test, di cui 6.527 risultati negativi. Alcuni dei contagiati erano passeggeri della nave da crociera Diamond Princess, ed erano stati testati in Giappone. I laboratori britannici nel loro insieme sono in grado di analizzare i tamponi di più di mille persone al giorno.
In Francia invece, secondo i dati del sistema sanitario nazionale aggiornati alle 18 del 23 febbraio, sono stati fatti 475 test, di cui 453 risultati negativi e 10 di cui ancora si aspettava il risultato. A oggi in Francia sono stati confermati 12 casi: 11 persone che erano state contagiate sono guarite, una è morta. Lunedì il ministro della Salute Olivier Véran ha detto che ora la Francia è in grado di analizzare migliaia di tamponi, contro i 400 del periodo precedente.
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In Germania (16 persone contagiate, di cui 14 guarite) e in Spagna (4 persone contagiate, di cui 2 guarite) non sono stati diffusi dei dati sul numero di test effettuati, ma in entrambi i paesi, così come in Francia, si sono seguite le indicazioni dell’OMS per decidere chi sottoporre al test: solo le persone che hanno sintomi dell’apparato respiratorio (naso, gola, bronchi e polmoni) o sintomi più generici e che inoltre hanno avuto contatti con una persona affetta da COVID-19, e le persone che hanno sintomi dell’apparato respiratorio e che sono state in un’area considerata a rischio di infezione. Tra queste ci sono la provincia di Hubei, in Cina, cioè la zona da cui si è diffuso il SARS-CoV-2, alcune aree dell’Iran, della Corea del Sud e dell’Italia: per esempio, in Germania sono considerate zone a rischio la provincia di Lodi e la cittadina di Vo’.
Nel Regno Unito è stata seguita una procedura lievemente differente per decidere chi sottoporre ai test, aveva detto questa mattina in conferenza stampa Walter Ricciardi, consulente nominato dal governo sul coronavirus e membro esecutivo dell’Organizzazione mondiale della Sanità, e questo spiegherebbe il maggior numero di analisi fatte; il fatto che però a un grande numero di test non sia corrisposto un alto numero di contagiati suggerisce che il caso italiano abbia almeno qualche altra spiegazione.
In Italia, dopo la scoperta del caso del 38enne di Codogno la scorsa settimana, è stata seguita una diversa metodologia per cercare altri contagi: sono stati fatti dei tamponi anche a persone che non avevano sintomi, che invece in Francia, in Germania e in Spagna non dovrebbero essere stati sottoposti a test. Il metodo di ricerca dei possibili contagi è comunque già cambiato rispetto ai primi giorni, almeno in Lombardia: lunedì l’assessore al Welfare della Regione Giulio Gallera ha detto che solo in caso di febbre saranno fatti i test alle persone entrate in contatto con i contagiati. Gallera ha anche detto che la regione ha ordinato mezzo milione di nuovi tamponi, mentre la Regione Veneto ne ha ordinati 100mila, di cui 30mila dovrebbero essere consegnati entro questa settimana.
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Il numero di tamponi eseguiti in Cina e in Corea del Sud, i due paesi con il maggior numero di persone contagiate, più di 77mila nel caso della Cina e 977 in quello della Corea del Sud, è molto maggiore: le autorità sudcoreane per esempio hanno detto di aver eseguito dei tamponi su 13mila persone solo lunedì, e che ne avrebbero fatti 12.500 oggi.
Negli Stati Uniti, dove ci sono stati 53 casi, di cui 14 riscontrati direttamente nel paese e 39 tra le persone rimpatriate da Wuhan, la città cinese da cui è partita l’epidemia, e quelle che erano a bordo della Diamond Princess, sono stati fatti 426 test dal 21 gennaio al 23 febbraio. Il sistema sanitario americano è stato criticato per il basso numero di test eseguiti e per il fatto che fino a lunedì solo cinque stati, la California, l’Illinois, il Nebraska, il Nevada e il Tennessee, erano attrezzati per effettuare i test e molti dei kit usati sono risultati difettosi. Il rapporto tra tamponi fatti e casi positivi comunque non è molto diverso da quello francese.
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Per quanto riguarda la metodologia scelta per decidere chi testare, gli Stati Uniti inizialmente avevano seguito un metodo simile a quello suggerito dall’OMS, ma venerdì i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) hanno detto che a Los Angeles, San Francisco, Seattle, Chicago e New York si cominceranno a fare test seguendo altri criteri: si cercherà il SARS-CoV-2 in quei pazienti con sintomi influenzali ma risultati negativi ai test per l’influenza.