La Cina ha espulso tre giornalisti del Wall Street Journal
Mercoledì la Cina ha detto che espellerà tre giornalisti del Wall Street Journal che lavorano nell’entroterra cinese, a causa di un articolo pubblicato a febbraio nella sezione dei commenti intitolato La Cina è il vero malato dell’Asia. L’articolo metteva in guardia contro le pericolose conseguenze di una crisi economica cinese e dei suoi mercati finanziari. Era dal 1998 che la Cina non espelleva un giornalista straniero.
La Cina aveva chiesto al Wall Street Journal di «riconoscere la gravità dell’errore, di scusarsi apertamente e formalmente e di investigare e punire i giornalisti», come si legge in un comunicato del governo cinese; lo stesso comunicato aggiunge che «il popolo non accoglie i giornali che pubblicano commenti razzisti e offendono la Cina con attacchi malevoli». Il segretario di stato americano Mike Pompeo ha condannato la decisione dicendo che «i paesi maturi e responsabili accettano che i giornalisti riportino fatti ed esprimano opinioni».
I giornalisti sono lo statunitense Josh Chin, vicecaporedattore a Pechino, Chao Deng, un altro cittadino americano, e l’australiano Philip Wen; dovranno lasciare la Cina entro cinque giorni. Il mese scorso la Cina non aveva rinnovato il visto a un altro giornalista del Wall Street Journal, Chun Han Wong; non era stata data alcuna spiegazione, ma Chun Han Wong aveva scritto un articolo su un’inchiesta per riciclaggio, favoreggiamento dell’immigrazione e crimine organizzato a carico del cugino del presidente cinese Xi Jinping. Per lavorare in Cina i corrispondenti stranieri devono ottenere un accredito governativo e un visto, concesso solitamente per un anno.
La decisione della Cina potrebbe essere anche una risposta alla decisione degli Stati Uniti di trattare i dipendenti di cinque organi di stampa cinesi – l’agenzia di stampa Xinhua, il canale televisivo CGTN, China Radio, China Daily e il Quotidiano del popolo — come funzionari di un governo straniero.