Il contagio arrivato in crociera
La storia della Westerdam è un ottimo esempio di tutto quello che NON si dovrebbe fare per evitare la diffusione del nuovo coronavirus
A Sihanoukville, un porto nella Cambogia sud-occidentale, dallo scorso 14 febbraio è ormeggiata la Westerdam, una grande nave da crociera che per giorni si era vista negare il permesso di attraccare in altri porti del Sud-est asiatico, nel timore che potesse avere a bordo qualche passeggero affetto da nuovo coronavirus (SARS-CoV-2). A distanza di quasi cinque giorni, e con la notizia di una persona infetta sbarcata insieme a centinaia di altri passeggeri, le cose si sono complicate e suscitano preoccupazioni tra le autorità sanitarie internazionali, al lavoro per ridurre i rischi di nuovi contagi.
La Westerdam era partita da Hong Kong il primo febbraio scorso per una crociera di due settimane, gestita dall’operatore Holland America Line: a bordo aveva 1.455 passeggeri e 802 membri dell’equipaggio. Il 4 febbraio aveva fatto tappa nel porto di Kaohsiung a Taiwan, poi erano iniziati i problemi. Le notizie su un’altra nave da crociera – la Diamond Princess messa in quarantena a Yokohama (Giappone) per alcuni infetti a bordo – aveva indotto diversi governi a rifiutare l’ingresso nei porti delle loro città alla Westerdam.
Holland America aveva insistito per giorni sull’assenza di persone infette da nuovo coronavirus a bordo, ottenendo infine il permesso dalla Cambogia per attraccare. La nave era stata accolta di buon grado dal primo ministro cambogiano Hun Sen, alla ricerca di un’occasione per mettersi in buona luce con il governo della Cina, dalla quale la Cambogia dipende per numerosi investimenti. Hun Sen – che secondo diversi osservatori ha sostanzialmente instaurato una dittatura nel paese – aveva persino organizzato una visita alla nave in elicottero, per dimostrare che non ci fosse nulla da temere.
Dopo l’arrivo a Sihanoukville, quasi tutti i passeggeri avevano lasciato la Westerdam trasferendosi negli alberghi della città o in aeroporto per tornare nelle loro città di provenienza, in giro per il mondo. Le rassicurazioni sul fatto che la nave da crociera non avesse infetti a bordo avevano reso poco meticolosi i controlli sanitari da parte delle autorità cambogiane, lasciando piena libertà ai passeggeri che man mano sbarcavano in città, frequentando i ristoranti della zona e partecipando a tour guidati.
In seguito, un migliaio di ex passeggeri aveva preso voli charter diretti a Phnom Penh, la capitale della Cambogia, per poi proseguire verso le loro destinazioni finali. Altre 140 persone avevano invece raggiunto Kuala Lumpur, in Malesia, per proseguire verso diversi altri paesi come gli Stati Uniti, l’Australia e i Paesi Bassi. Tra loro c’era anche una donna statunitense, fermata nell’aeroporto di Kuala Lumpur dopo essere risultata positiva al nuovo coronavirus. Aveva partecipato alla crociera con il suo compagno, che invece non mostrava sintomi particolari.
Mentre si diffondeva la notizia di una persona infetta proveniente dalla Westerdam, centinaia di passeggeri della crociera tornavano a casa, sparpagliandosi per almeno tre continenti. Per questo da tre giorni le autorità sanitarie internazionali sono al lavoro per ricostruire identità e spostamenti delle persone potenzialmente esposte al nuovo coronavirus, e che potrebbero far aumentare il rischio di nuovi contagi nei loro paesi di residenza.
Secondo gli esperti, il modo migliore per evitare i nuovi contagi sarebbe mettere in isolamento per un paio di settimane le persone esposte, così che non trasmettano accidentalmente il coronavirus ad altri. Ma a distanza di cinque giorni e con la Westerdam ormai quasi vuota (a bordo sono rimasti circa 200 passeggeri e 700 membri dell’equipaggio), il parere di molti è che sia ormai tardi per tenere sotto controllo tutte le persone coinvolte.
Al momento non è nemmeno chiaro quali siano le intenzioni del governo della Cambogia, che su indicazione di Hun Sen ha minimizzato il più possibile il problema. I passeggeri ancora a bordo o negli alberghi nella zona dovrebbero essere messi in quarantena, ma non ci sono informazioni su cosa sia stato fatto effettivamente.
La passeggera statunitense e il suo compagno – rispettivamente di 83 e di 85 anni – sono ricoverati in un ospedale di Kuala Lumpur e in isolamento. La prima è risultata positiva al nuovo coronavirus in due distinti test mentre per ora il compagno non sembra essere infetto, anche se ha i sintomi di una lieve polmonite, che potrebbe indicare l’inizio della malattia (COVID-19).
A bordo della Westerdam c’erano anche cinque cittadini italiani, uno dei quali è già rientrato in Italia: si è sottoposto volontariamente all’isolamento a casa ed è tenuto sotto controllo dai medici; al momento non ha sintomi. Un altro cittadino italiano, residente in Germania, è rientrato a casa e per ora non presenta sintomi, mentre un terzo è rientrato in Slovacchia. I restanti due sono cittadini italo-brasiliani e sono ancora a bordo della nave da crociera.
Negli ultimi giorni il governo della Cambogia ha ricevuto critiche per il modo in cui ha gestito il caso della Westerdam. Il primo ministro si è difeso dicendo che le persone a bordo erano state sottoposte ai controlli seguendo i protocolli previsti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, prima di sbarcare nel porto di Sihanoukville. Un passeggero ha confermato la circostanza, ma non è chiaro se l’analisi avesse previsto la sola rilevazione della temperatura con i termometri a infrarossi, che in particolari circostanze possono fornire letture errate della temperatura corporea. Molti passeggeri erano inoltre persone anziane che devono assumere farmaci di vario tipo per malattie croniche, e che avrebbero potuto abbassare la loro temperatura impedendo di rilevare la presenza di febbre.
Al momento non è chiaro se la cittadina statunitense avesse contratto il virus a bordo o durante una tappa, così come non sono note le circostanze del contagio. Non è nemmeno chiaro se fosse rimasta a lungo a contatto con altri passeggeri, facendo aumentare il rischio di nuovi contagi.