Come funziona il punto di vista nei romanzi
Spiegato nel nuovo manuale della scuola di scrittura Belleville di Milano, dove a marzo inizieranno tre nuovi corsi
Sono aperte le iscrizioni ai corsi della scuola di scrittura Belleville di Milano: oltre ai corsi serali Scrivere di notte – Scrittura, Editing e Giornalismo (con il Post) – Belleville propone tre nuovi corsi con inizio a marzo. Argomentare di Pierfilippo Pozzi insegna che le tecniche retoriche sono necessarie in ogni ambito della nostra vita (anche se non siamo consapevoli di usarle). Dove si nasconde la poesia, tenuto da Aldo Nove, esplora i modi attraverso cui il verso e il ritmo continuano a vivere nella prosa, nelle canzoni, nella pubblicità e su internet. Scrivere per sopravvivere di Tim Parks analizza otto grandi scrittori e le pressioni, le urgenze, le ambizioni alla base della loro opera per mostrare come la letteratura sia uno strumento per affrontare conflitti e difficoltà.
Dal 6 febbraio è in libreria il Manuale di istruzioni della Scuola di scrittura Belleville, a cura di Giacomo Papi e Davide Borgna. Il libro si basa sulle lezioni tenute da scrittori, editor e sceneggiatori come Walter Siti, Marcello Fois, Laura Pariani, Marco Balzano, Letizia Muratori, Giorgio Fontana, Stefano Izzo, Giorgio Falco, Sandrone Dazieri, Laura Cerutti, Federico Baccomo, Marco Rossari, Francesca Serafini, Edgardo Franzosini, Alberto Rollo. Sarà presentato su BellevilleOnline – in streaming – da Giacomo Papi, Marcello Fois e Davide Borgna lunedì 17 febbraio alle 18.30. Per partecipare alla presentazione, bisogna prenotarsi qui e ci sarà un momento di domande e risposte sul tema della scrittura.
Ogni capitolo tratta un aspetto fondamentale della narrativa classica – dalla trama al dialogo, dal personaggio allo stile – e propone un esercizio per guidare il lettore nella stesura di un romanzo o un racconto. Pubblichiamo un estratto del capitolo sul punto di vista.
Il punto di vista
La storia può essere raccontata da uno dei personaggi o da una voce esterna al mondo narrativo. Si parla, rispettivamente, di narratore diegetico ed extra-diegetico (in narratologia la “diegesi” è il racconto inteso come insieme di elementi organizzati in modo coerente). C’è “focalizzazione interna” quando il narratore si identifica con un personaggio e quindi con la sua voce, i suoi pensieri, le sue conoscenze, il suo sguardo sul mondo. Raccontare dal punto di vista di un personaggio ha il vantaggio di suscitare l’immedesimazione del lettore.
È la scelta del punto di vista a determinare lo stile del racconto, cioè il lessico, la struttura e il ritmo che si imprime alle frasi. Se la protagonista è una donna di provincia irrequieta e insoddisfatta della propria vita, il narratore deve immedesimarsi nel suo sguardo, nei suoi gusti, nei suoi desideri, “deve diventare Madame Bovary”, come avrebbe dichiarato (ma non è certo) Gustave Flaubert. Nelle storie che hanno per protagonisti i bambini, lo stile tende a modellarsi sul loro sguardo e sul loro modo di nominare le cose. Gli esempi sono infiniti: Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, Dei bambini non si sa niente di Simona Vinci, Io non ho paura di Niccolò Ammaniti non sarebbero stati possibili né credibili se non fossero raccontati, anche linguisticamente, attraverso lo sguardo dei bambini che vivono le vicende narrate.
Scrivere non significa solo aderire a uno sguardo o a un modo di nominare le cose. Significa mettersi nella pelle dei personaggi e raccontarne le sensazioni fisiche, anche le più sgradevoli. Per ottenere la piena immedesimazione, lo scrittore deve scrivere con il corpo, calandosi nel personaggio come farebbe un attore. Giuseppe Pontiggia descrive così l’esperienza di due uomini che nuotando in mare si ritrovano in balia delle onde impetuose:
Lo stringo per le ascelle, gli dico: “Sta’ calmo, Carlo, sta’ calmo”. Non oppone resistenza, non mi si avvinghia, provo gratitudine, bevo salato, l’acqua si spalanca in voragini, ci sovrasta, bevo un’altra volta mentre risalgo verso la luce tra la spuma, lui come paralizzato, ma vicino. Di nuovo sotto, lo sollevo per i fianchi. Riaffiorando rivedo fulminea la costa ancora più lontana, tra gli spruzzi, è finita, è una cosa idiota, è finita, non possiamo salvarci in due e io non posso lasciarlo, moriamo in due, fino a cinque minuti fa ero sulla spiaggia. L’onda ci solleva, cerco di trattenerlo per un braccio, scivola in basso e sparisce di colpo, sento il suo corpo tra le gambe, lo afferro, ripiombo sotto, lo sospingo in alto con uno strappo, riesco a uscire, gemo, siamo sempre più al largo, è la corrente.
Leggendo il brano ci sentiamo davvero sballottati dalle onde e avvertiamo il gusto salato dell’acqua di mare. La scrittura annulla le distanze facendo sperimentare le sensazioni del personaggio come se accadessero a noi, qui e ora. La spiegazione di questo fenomeno è scientifica: nel nostro cervello esistono dei neuroni chiamati “neuroni-specchio” che si attivano «quando eseguiamo una certa azione o sperimentiamo un’emozione, e anche quando osserviamo qualcun altro eseguire quell’azione o provare quell’emozione». Se in un romanzo leggiamo di un personaggio che ne picchia un altro, le cellule che si attivano nel nostro cervello sono le stesse che si attivano quando siamo noi a colpire qualcuno (o a essere colpiti, a seconda del personaggio col quale ci identifichiamo). L’empatia, la capacità di fruire le storie come se fossero vere, sospendendo l’incredulità, è legata al funzionamento della nostra mente. Siamo animali narranti. Per questo è importante, scrivendo, aderire alle sensazioni fisiche attingendo a quel patrimonio condiviso che permette al lettore di ricreare e rivivere il racconto.
L’adesione al punto di vista serve anche a sospendere il giudizio e a farci parteggiare per figure negative o discutibili, allargando e mettendo in dubbio i confini morali prescritti dalla società, così come la letteratura deve fare. Un esempio è Le benevole di Jonathan Littell, dove il protagonista è un ufficiale delle SS che si rivolge in modo provocatorio ai lettori chiamandoli “Fratelli Umani”: «lasciate che vi racconti com’è andata. Non siamo tuoi fratelli, ribatterete voi, e non vogliamo saperlo. Ed è ben vero che si tratta di una storia cupa, ma anche edificante, ve l’assicuro. […] E poi vi riguarda: vedrete che vi riguarda».
La narrativa ha il potere di farci immedesimare in personaggi che nella vita disprezzeremmo e di farci capire che chiunque un po’ ci assomiglia. Anche gli assassini, che sia Lo straniero di Camus che uccide un arabo senza ragione o lo studente Raskòl’nikov che ammazza una vecchia per dimostrare a sé stesso la teoria del Superuomo di cui è imbevuto. La letteratura insegna che ogni personaggio è nostro fratello perché ogni uomo, anche il più schifoso, ci assomiglia. Soltanto attraverso le storie possiamo riconoscere l’umano nelle emozioni, nelle reazioni e nelle passioni di esseri umani vissuti, magari, millenni prima di noi.