La diga che fa litigare Egitto ed Etiopia
La sta costruendo da anni l'Etiopia e potrebbe ridurre la quantità di acqua del Nilo che arriva ai campi e alle città egiziane, con conseguenze disastrose per l'Egitto
Lo scorso ottobre, due settimane dopo avere vinto il Premio Nobel per la Pace, il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali parlò di fronte al parlamento del suo paese del più grande progetto infrastrutturale avviato negli ultimi anni in Etiopia: un’enorme diga a servizio di una centrale idroelettrica in costruzione sul Nilo Azzurro, fiume che a Karthoum, la capitale del Sudan, si unisce al Nilo Bianco formando il Nilo, il quale poi sfocia nel Mar Mediterraneo tra le città egiziane di Alessandria d’Egitto e Porto Said.
Abiy, celebrato in tutto il mondo per avere firmato un trattato di pace con la vicina Eritrea nel luglio 2018, disse che nessuno avrebbe fermato la costruzione della diga e minacciò l’Egitto, molto contrario al progetto, che in caso di guerra il suo paese si sarebbe fatto trovare pronto con «milioni» di soldati.
La costruzione dell’enorme diga, a 15 chilometri dal confine con il Sudan e a circa 3200 chilometri dal delta del Nilo, sta preoccupando moltissimo l’Egitto, che teme che l’Etiopia possa riempire il bacino della diga troppo velocemente e ridurre significativamente la quantità di acqua che arriva nelle città e nelle zone agricole lungo il fiume. L’Etiopia progetta di riempire il bacino in soli quattro anni, mentre l’Egitto, preoccupato dall’eventuale siccità durante il riempimento, vorrebbe un processo più lento, che duri almeno 12 anni.
Lo scontro tra Egitto ed Etiopia sulla costruzione dell’enorme diga sul Nilo – la più grande dell’Africa – è iniziato diversi anni fa, ma si è intensificato di recente con l’avvicinarsi della fine dei lavori: secondo le stime etiopi, il bacino dovrebbe iniziare a essere riempito la prossima estate.
La questione è diventata fonte di preoccupazione per entrambi i paesi, ha scritto il New York Times, anche perché è legata a valutazioni politiche molto importanti sia per il governo etiope guidato dal riformista Abiy, sia per il regime egiziano guidato dal presidente autoritario Abdel Fattah al Sisi. In Etiopia, la diga potrebbe illuminare milioni di case e garantire diversi miliardi di dollari di profitti dalla vendita di elettricità ai paesi vicini: potrebbe diventare inoltre un simbolo dell’ascesa dell’Etiopia come una delle potenze più importanti dell’intera Africa. Per l’Egitto, l’acqua del Nilo determina l’esistenza stessa del paese, che è molto desertico ed è per lo più abitato proprio sulle sponde del fiume. Inoltre per al Sisi, presidente autoritario ed ex generale, mostrarsi “morbido” su una questione di sicurezza nazionale sarebbe molto dannoso.
Negli ultimi anni Egitto ed Etiopia si sono accusati reciprocamente di non rispettare le norme internazionali sulla gestione e lo sfruttamento dell’acqua del Nilo.
Il governo egiziano ha sostenuto che un progetto come la diga non possa essere realizzato senza il suo consenso, a causa di due accordi internazionali – uno risalente all’età coloniale e l’altro al 1959, firmato col Sudan – che stabiliscono di fatto un predominio dell’Egitto sulle acque del Nilo. Il governo etiope, però, sostiene di non riconoscere gli accordi e di avere quindi il diritto di sviluppare i progetti che crede. Nella disputa tra i due paesi si è inserito di recente il presidente statunitense Donald Trump, che si è presentato come mediatore. Il governo americano spera di convincere Etiopia ed Egitto a firmare entro la fine di febbraio un trattato che regoli la questione e che permetta di ridurre la tensione creata a causa della costruzione della diga.
Mentre i due paesi litigano sui tempi di costruzione della diga, e quelli necessari a riempire il suo bacino idrico, diversi idrologi sentiti dal New York Times sostengono che in realtà le minacce più grandi per il futuro del Nilo arrivino dalla rapida crescita della popolazione egiziana, che aumenta di un milione di persone ogni sei mesi, e dai cambiamenti climatici. Questi due fattori, dice l’ONU, causeranno importanti carenze idriche nella regione entro il 2025.
C’è inoltre da considerare il fatto che il regime egiziano non sembra essersi occupato finora di trovare una soluzione ai futuri problemi che potrebbe avere il Nilo: di recente al Sisi ha infatti approvato la costruzione di una nuova capitale amministrativa del paese, in mezzo al deserto, che secondo gli esperti contribuirà allo sfruttamento già molto intensivo del Nilo.