Cosa sappiamo dello studente egiziano di Bologna arrestato al Cairo
L'organizzazione per i diritti umani per la quale lavora dice che Patrick George Zaki, accusato di reati collegati ai social network, è stato picchiato e torturato
Sabato un’organizzazione che si occupa di diritti umani in Egitto ha dato la notizia che un suo ricercatore, Patrick George Zaki, è stato arrestato senza apparenti motivi all’aeroporto del Cairo, trattenuto per ore senza che se ne sapesse niente, interrogato, torturato e infine incriminato. Del caso di Zaki si sono rapidamente occupate organizzazioni internazionali, attivisti e politici egiziani e italiani: in tanti sono preoccupati che la sua sia una detenzione violenta e arbitraria, e che possa essere un nuovo caso simile a quello di Giulio Regeni, il ricercatore italiano rapito, torturato e ucciso dai servizi segreti egiziani quattro anni fa. Secondo Repubblica, il ministero degli Esteri italiano sta monitorando la situazione.
Zaki ha 27 anni, è di nazionalità egiziana e dallo scorso agosto stava studiando per un dottorato all’Università di Bologna, dove viveva. La storia del suo arresto è stata raccontata dall’Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR), l’organizzazione per la quale Zaki lavora come ricercatore sui diritti umani e di genere, ed è stata ripresa da Amnesty International, che da anni porta avanti una campagna perché si scopra la verità sull’omicidio di Regeni. «Ho la sensazione che si tratti dell’ennesima persecuzione verso un attivista politico: ce lo dice la storia di Zaky e la storia dell’Egitto sotto al Sisi» ha detto a Repubblica il portavoce di Amnesty Riccardo Noury.
Zaky era tornato in Egitto per una breve vacanza nella sua città natale, Mansoura, qualche decina di chilometri a nord del Cairo. Ma quando venerdì mattina è atterrato all’aeroporto della capitale, ha detto l’EIPR, è stato fermato dai servizi segreti egiziani: è scomparso per le successive 24 ore senza che nessuno ne sapesse niente. Dopo essere stato portato al Cairo, dice sempre l’EIPR, è stato trasferito a Mansoura: qui, secondo i suoi avvocati, è stato interrogato sul suo lavoro di attivista, minacciato, picchiato e sottoposto a scosse elettriche.
Sabato mattina infine è comparso davanti alla procura di Mansoura per un nuovo interrogatorio, secondo la versione dell’EIPR: è stato così informato di essere accusato di aver pubblicato notizie false con l’intento di disturbare la pace sociale, di aver incitato proteste contro l’autorità pubblica, di aver sostenuto il rovesciamento dello stato egiziano, di aver usato i social network per minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica, e di aver istigato alla violenza e al terrorismo.
Su Zaki pendeva un mandato d’arresto in Egitto dallo scorso settembre, a quanto sembra, ma lui non ne sapeva niente. Secondo il rapporto della polizia, dice l’EIPR, Zaki sarebbe stato arrestato a un posto di controllo nella sua città natale, cosa non vera. Zaki ha parlato al telefono con la famiglia, scrive Repubblica, confermando di essere ancora in stato di fermo. Si parla di un ordine di custodia cautelare di 15 giorni. Secondo quanto dice l’EIPR, dallo scorso ottobre sei membri dell’organizzazione sono stati temporaneamente detenuti per essere interrogati.