Il Sole come non lo abbiamo mai visto
Le spettacolari immagini raccolte da un telescopio alle Hawaii, con dettagli mai visti prima della superficie solare
Il Sole è di gran lunga la sfera più grande nei nostri paraggi: il suo diametro di 1,39 milioni di chilometri è 109 volte quello della Terra, e ci vorrebbero 330mila pianeti come il nostro messi insieme per raggiungere la sua massa. Da sola, la nostra stella costituisce il 99,86 per cento di tutta la massa del sistema solare. Insomma, il Sole è una presenza ingombrante, gli dobbiamo tutto (senza non esisteremmo), eppure non sappiamo ancora un sacco di cose sul suo conto.
Un nuovo telescopio solare installato alle Hawaii (Stati Uniti) dovrebbe aiutarci a capire qualcosa di più sulla nostra unica stella, e le sue prime osservazioni sono estremamente promettenti. Si chiama Daniel K Inouye Solar Telescope (DKIST), in onore del senatore Democratico hawaiano Daniel Ken Inouye con una lunga storia politica e morto nel 2012, e si trova sull’Haleakalā, il vulcano principale dell’isola di Maui, a un’altitudine di circa 3mila metri.
L’immagine qui sotto mostra strutture sulla superficie del Sole. L’originale (che non pubblichiamo perché sarebbe troppo ingombrante) ha un livello di dettaglio di 30 chilometri, una definizione mai vista prima e notevolissima, considerate le dimensioni della nostra stella. Ogni “cella” ha in media un’estensione di 700mila chilometri quadrati, circa due volte l’area della Germania. La parte più chiara al centro delle “celle” è dovuta a gas ionizzati estremamente caldi (plasma) che emergono dalle parti più interne del Sole. Raggiunta la superficie, il plasma si raffredda e ricade verso il basso, in corrispondenza delle line scure. Questi movimenti (moti convettivi) sono tipici delle stelle a uno stato di evoluzione come la nostra.
Il DKIST ha uno specchio principale di 4 metri di diametro ed è a oggi il più grande telescopio solare disponibile sulla Terra. Grazie alle sue osservazioni, i ricercatori potranno scoprire nuove cose sul comportamento del Sole, migliorando le previsioni sulle tempeste solari, i momenti di grande attività della stella che hanno ripercussioni sulla Terra e sul resto del sistema solare. I brillamenti e le altre attività solari determinano il cosiddetto “tempo meteorologico spaziale”, cioè il modo in cui cambiano le condizioni ambientali nello Spazio.
Anche se il Sole si trova in media a 150 milioni di chilometri di distanza da noi, le grandi emissioni di particelle cariche che produce ci possono raggiungere velocemente, causando talvolta danni ai satelliti in orbita intorno alla Terra. Le conseguenze sono di solito problemi di trasmissione delle informazioni, e maggiori rischi per gli astronauti in orbita. Fortunatamente il campo magnetico terrestre e l’atmosfera riducono i rischi per chi vive sul pianeta, ma ci sono stati casi in cui le grandi emissioni hanno comportato problemi al suolo, come interruzioni in alcune reti per la distribuzione dell’energia elettrica.
Mentre il meteo terrestre consente di effettuare previsioni molto accurate, quello spaziale pecca ancora di notevoli imprecisioni, a causa della mancanza di strumenti adatti per misurare l’attività solare in modo da creare modelli di previsione. Grazie a sonde, satelliti e nuovi telescopi le cose sono migliorate negli ultimi anni e, con migliori dati forniti da strumenti come DKIST, i ricercatori confidano di affinare i sistemi per prevedere i cambiamenti nell’attività solare.
La prossima settimana, sarà lanciato in orbita Solar Orbiter (SolO), un nuovo satellite per l’osservazione del Sole realizzato grazie a una collaborazione tra Agenzia Spaziale Europea (ESA) e NASA, che consentirà di effettuare misurazioni più accurate. Sarà inoltre la prima sonda a fornire immagini di qualità delle regioni polari della nostra stella, difficili da osservare dalla Terra.