Quando recitava Gene Hackman
Ha smesso da 15 anni ma l'ha fatto per più di 50, con grandi risultati; poi si è messo a fare il romanziere, e oggi ne compie 90
Nel 2011 Gene Hackman, che già da qualche anno aveva smesso di recitare, disse che non ricordava dove aveva messo i suoi due Oscar, che non era un tipo sentimentale e che a casa sua non c’erano «cose dei film» ma solo una vecchia locandina di Missione all’alba, un film di guerra uscito quando lui aveva otto anni. Raccontò anche che qualche tempo prima vicino a casa sua giravano un film e, giusto per fare due chiacchiere, si avvicinò a un giovane assistente alla regia e gli chiese se per caso avessero bisogno di una comparsa. Il giovane assistente gli rispose: «No, signore, mi spiace». Non aveva capito con chi stava parlando: uno dei più grandi e versatili attori degli ultimi decenni, che oggi compie novant’anni.
Eugene Allen Hackman è nato il 30 gennaio 1930 a San Bernardino, in California, ma i primi anni li passò in Illinois. Quando aveva 13 anni, suo padre lasciò la moglie e i figli; lui crebbe quindi con la madre, che morì in un incendio quando lui aveva da poco compiuto 30 anni, probabilmente per essersi addormentata a letto con una sigaretta accesa.
A 16 anni, mentendo sulla propria età, Hackman si arruolò nei Marines, nei quali restò per alcuni anni finendo anche in Cina e Giappone. Tornato negli Stati Uniti fece lavori di ogni tipo, si interessò al giornalismo e alla produzione televisiva e poi, a circa 30 anni, decise di studiare recitazione in California, alla rispettata Pasadena Playhouse, dove conobbe Dustin Hoffman e Robert Duvall. Prima di diventare famosi i tre furono conviventi anche uno con l’altro in diverse case e combinazioni, ma mai tutti e tre insieme. Si racconta, tra l’altro, che a un certo punto alla Pasadena Playhouse qualcuno fece una sorta di sondaggio su chi, tra tutti gli studenti, avesse meno possibilità di avere successo, e che a vincere il sondaggio furono Hoffman e Hackman.
Hoffman ebbe successo a trent’anni, con Il Laureato. Hackman ci mise un po’ di più: Lilith – La dea dell’amore, il primo film in cui qualcuno si accorse della sua presenza, uscì quando aveva 34 anni. Arrivò dopo varie parti a Broadway – nel frattempo Hackman era andato a New York – e, soprattutto, prima del ruolo che probabilmente gli cambiò la vita: quello di Buck Barrow, fratello di Clyde Barrow, in Gangster Story.
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Dopo essere stato nominato all’Oscar come miglior attore non protagonista per Gangster Story e poi per Anello di sangue, nel 1972 Hackman vinse quello per il miglior protagonista grazie a Il braccio violento della legge, in inglese The French Connection, un gran film di William Friedkin, in cui lui era il detective Jimmy Doyle, più noto come “Popeye”. Il nome con cui, avrebbe raccontato Hackman, certa gente che incontrava per strada lo chiamò per anni.
Gli anni Settanta, quelli dei suoi quarant’anni, furono senza dubbio i migliori di Hackman. Recitò tanto e bene: tra gli altri in Arma da taglio, L’avventura del Poseidon, Lo spaventapasseri, La conversazione, Bersaglio di notte, Frankenstein Junior, Stringi i denti e vai! e Superman.
All’inizio della sua carriera Hackman aveva dato l’idea di poter essere soprattutto due cose: il cattivo, non particolarmente bello, cinico e senza morale; oppure l’uomo qualunque, quello che potrebbe sedertisi accanto in un volo senza farsi notare granché. Invece, già solo negli anni Settanta, fece vedere di poter fare davvero di tutto: dal Lex Luthor in Superman all’eremita cieco di Frankenstein Junior, quello della minestra bollente.
Se gli anni Settanta furono i suoi anni, non è che negli anni Ottanta non fece niente. Sempre alternando generi, stili e parti da protagonista e da non protagonista, Hackman recitò in Reds, Eureka, Mississippi Burning, Colpo vincente, Senza via di scampo e, cambiando di nuovo genere, in Un’altra donna di Woody Allen.
Il decennio successivo, quello dei sui sessant’anni, iniziò con la scelta di tornare a recitare in un western, accettando una parte in Gli spietati di Clint Eastwood. Un ruolo molto apprezzato (premiato con un Oscar come miglior attore non protagonista) in un film a sua volta molto apprezzato e “crepuscolare”. Seguirono, tra gli altri, Il socio, Allarme rosso, un altro ruolo comico in Piume di struzzo, Nemico pubblico e i tre western (ormai ci aveva ripreso gusto) Wyatt Earp, Pronti a morire e Geronimo.
Anche nel nuovo secolo, Hackman riuscì a infilare almeno un paio di ottimi ruoli: uno comico nei Tenenbaum e uno più serio in La giuria, con il suo amico Hoffman. Ma già dalla fine degli anni Novanta aveva diminuito le sue presenze e il suo ultimo lungometraggio di finzione è Due candidati per una poltrona, del 2004, dove l’altro candidato è Ray Romano.
Nella sua carriera da attore Hackman è stato di tutto: militare e prete, astronauta e sceriffo, poliziotto e cattivo dei fumetti, un presidente degli Stati Uniti e il peculiare avvocato Royal Tenenbaum. Come capita nelle grandi carriere come la sua, girano anche storie sui ruoli che non ha fatto e che – con diverse sfumature – avrebbe potuto fare: come Hannibal Lecter nel Silenzio degli innocenti, il protagonista nello Squalo e la parte in Qualcuno volò sul nido del cuculo che poi andò a Jack Nicholson. Eventuali rimpianti a parte, ha raccontato che il suo ruolo preferito è stato quello di Max Milian in Lo spaventapasseri.
Una frase buona per spiegare quel che pensa del suo lavoro è: «Mi hanno insegnato a fare l’attore, non la star. A interpretare ruoli, non ad avere a che fare con agenti, avvocati e giornalisti». In un’altra occasione disse invece che per scegliere se fare o meno un ruolo valutava due cose: «La paga e la sceneggiatura». Una frase con cui ha detto che gli piacerebbe si parlasse di lui è “he tried“, “ci provò”.
Ma la carriera di attore non è stata l’unica carriera nella vita di Hackman, che dopo aver smesso di recitare si è dedicato a tempo pieno alla scrittura. Che aveva smesso di recitare, tra l’altro, lo ufficializzò solo quattro anni dopo il suo ultimo film. Senza dar troppo peso alla cosa, disse a Reuters, mentre parlava di un libro che aveva scritto:
«Non ho fatto una conferenza stampa o annunciato il ritiro, ma non reciterò più. Mi hanno detto, negli ultimi anni, di non dirlo in giro, nel caso qualcuno saltasse fuori con un ruolo davvero stupendo per me. Ma in realtà non voglio più recitare».
Spiegò poi che gli mancava recitare-e-basta, non tutto quello che stava attorno alla recitazione. E che della sua nuova carriera da scrittore gli piacevano «la solitudine» e il fatto che, a differenza della recitazione, fosse un’attività «senza compromessi». Finora Hackman ha scritto diversi romanzi storici con l’amico e archeologo Daniel Lenihan: il più recente, Escape from Andersonville, racconta la fuga da una prigione ai tempi della Guerra civile americana. Ma ha scritto anche due libri da solo: una “storia di amore e di vendetta” ambientata nel vecchio west e un thriller poliziesco intitolato Pursuit.
Hackman oggi vive in New Mexico con la moglie, la pianista Betsy Arakawa. A proposito dei suoi vecchi film ha spiegato: «Mi costa davvero molto emotivamente guardarmi sullo schermo. Penso a me stesso e mi sento come se fossi molto giovane, poi guardo questo vecchio con le guance cadenti e vedo gli occhi stanchi, la stempiatura e tutto il resto».