Gli 80 euro diventano 100
E col voto di uno dei partiti che più li avevano criticati: da luglio altri 4 milioni di lavoratori dipendenti usufruiranno di nuovi tagli o detrazioni alle tasse sul lavoro
Giovedì sera il governo ha approvato il decreto legge che introduce l’estensione del bonus IRPEF, i famosi e discussi “80 euro” approvati dal governo Renzi nel 2014. Il provvedimento prevede un aumento del bonus da 80 a 100 euro per coloro che guadagnano fino a 26.600 euro lordi, mentre coloro che guadagnano fino a 28mila lordi ed erano esclusi dal precedente bonus otterranno per la prima volta un bonus da 100 euro.
Il decreto introduce anche nuove detrazioni fiscali per coloro che guadagnano tra 28mila e i 40mila euro: queste detrazioni caleranno mano a mano che aumenta il reddito. Chi guadagna fino a 35mila euro l’anno, per esempio, avrà una detrazione da 80 euro al mese, mentre sopra i 40mila la detrazione sarà azzerata. Circa l’80 per cento dei contribuenti italiani dichiara un reddito inferiore a 28mila euro l’anno (la cifra massima alla quale si ha diritto al bonus per intero), mentre il 90 per cento dichiara di guadagnarne meno di 40mila. Il bonus e le detrazioni saranno percepite comunque solo dai lavoratori dipendenti, ed entreranno in vigore da luglio. Con questo sistema, scrive il governo nel comunicato con cui annuncia la misura, i beneficiari del bonus IRPEF passeranno da 11,7 a 16 milioni.
In tutto il provvedimento dovrebbe costare 3 miliardi nel 2020, poiché sarà erogato soltanto per sei mesi. Al momento viene indicato come una misura sperimentale. Se nel 2021 sarà confermato, il suo costo a pieno regime dovrebbe aggirarsi intorno ai 6 miliardi di euro l’anno.
Il taglio del cosiddetto “cuneo fiscale” – la differenza tra la cifra lorda pagata ai lavoratori dipendenti e quella netta che percepiscono a tutti gli effetti – era stato promesso dal secondo governo Conte fin da settembre, ed era stato presentato come la misura più simbolica dell’attuale governo. Lo stanziamento da 3 miliardi di euro per la misura era stato previsto nella legge di bilancio dello scorso dicembre, ma l’elaborazione dei dettagli della norma è stata ultimata soltanto nelle ultime settimane.
La misura sfrutta l’impianto normativo del bonus da 80 euro, che tecnicamente non è un taglio di tasse ma un trasferimento di denaro pubblico: per questo viene chiamato “bonus” e, in base alle regole di contabilità pubblica internazionale, non viene conteggiato come riduzione delle tasse (un fatto che all’epoca della sua introduzione causò molto polemiche). La misura era stata contestata duramente soprattutto dal Movimento 5 Stelle – Di Maio li definì «mancetta elettorale», una misura che «non ha rilanciato l’economia», introdotta da Renzi col benestare dell’Europa in cambio dell’autorizzazione a far sbarcare i migranti in Italia – che però non solo non ha mai voluto abolirla da quando è al governo, ma oggi ne ha anche sostenuto e votato l’estensione in Parlamento.
Al vecchio bonus la nuova norma aggiunge una nuova detrazione fiscale vera e propria, destinata a coloro che guadagnano troppo per ricevere il bonus. In precedenza, poche decine di euro in più o in meno in busta paga facevano la differenza tra ottenere il bonus e non ottenerlo per nulla, costringendo molte persone a restituire il bonus ricevuto a fine anno. Con la detrazione calante, invece, la differenza tra chi guadagna fino a 28mila euro, e riceve il bonus per intero, e chi guadagna di più viene attenuata dalla detrazione calante che si azzera solo superati i 40mila euro di reddito annuo.