Secondo Bonafede gli innocenti non finiscono in carcere

Lo ha detto ieri a "Otto e Mezzo", e ovviamente si è sbagliato di grosso

Durante la puntata di giovedì di Otto e Mezzo Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia del Movimento 5 Stelle, ha parlato anche della riforma della prescrizione entrata in vigore a gennaio. La riforma prevede il blocco assoluto della prescrizione dopo la sentenza di primo grado: nessun processo finirà mai in prescrizione se è arrivato almeno a una sentenza di primo grado, sia in caso di condanna che di assoluzione. Finora, invece, che si arrivasse a una sentenza di primo grado o di appello, un reato poteva essere estinto se passava un tempo considerato eccessivo.

A questo proposito la giornalista di Repubblica Annalisa Cuzzocrea ha incalzato il ministro chiedendogli cosa pensi di tutte quelle persone che finiscono in carcere in attesa di un giudizio definitivo e che poi si rivelano innocenti. «Mi chiedo se lei ogni tanto non pensa agli innocenti che finiscono in carcere», ha detto Cuzzocrea a Bonafede, che ha risposto dicendo: «Cosa c’entrano gli innocenti che finiscono in carcere? Gli innocenti non finiscono in carcere».

Cuzzocrea ha risposto a Bonafede citando i dati dei casi di persone innocenti incarcerate erroneamente negli ultimi anni: «Dal 1992 al 2018 27mila persone sono state risarcite dallo Stato perché sono finite in carcere da innocenti, quindi gli innocenti finiscono in carcere», secondo i dati riportati alcuni mesi fa da Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi, fondatori del sito errorigiudiziari.com, archivio online dei casi di ingiusta detenzione. Secondo i dati ufficiali, soltanto nel 2018 1.355 persone sono state poste in custodia cautelare in carcere e altre 1.025 agli arresti domiciliari per poi, pochi mesi dopo, essere assolte.

Venerdì Bonafede ha chiarito la sua frase scrivendo su Facebook che «nell’intervista di ieri sera, mentre si stava parlando di assoluzioni e condanne, ho specificato che gli “innocenti non vanno in carcere” riferendomi evidentemente e ovviamente, in quel contesto, a coloro che vengono assolti (la cui innocenza è, per l’appunto, ‘confermata’ dallo Stato). Ad ogni modo, la frase non poteva comunque destare equivoci perché subito dopo ho specificato a chiare lettere che sulle ipotesi (gravissime) di ingiusta detenzione, “sono il ministro che più di tutti ha attivato gli ispettori del ministero per andare a verificare i casi di ingiusta detenzione” […] Aggiungo, infatti, che per la prima volta ho introdotto presso l’Ispettorato in maniera strutturata il monitoraggio e la verifica dei casi di riparazione per ingiusta detenzione, anche in occasione delle ispezioni ordinarie».

La prescrizione è una forma di garanzia per gli imputati contro l’eccessiva lunghezza dei processi – visto che i processi hanno costi enormi per gli imputati, anche nel caso poi si concludano con un’assoluzione – ed è uno strumento che lo Stato può utilizzare quando non è più interessato a perseguire alcuni reati (quelli punibili con l’ergastolo, invece, erano già imprescrittibili prima della riforma). La prescrizione serve anche a ridurre gli errori giudiziari, dal momento che più passa il tempo più le indagini e i processi si fanno complicati (le prove si deteriorano, i testimoni muoiono, eccetera). Dopo le molte polemiche che la riforma ha suscitato nella maggioranza, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha presentato una possibile modifica, introdotta nel disegno di legge sulla riforma del processo penale, che prevede il blocco della prescrizione dal primo grado di giudizio solo in caso di sentenza di condanna.

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