Cinque domande sul nuovo coronavirus
Con le risposte della rivista Nature, per capire quanto sia pericoloso il virus cinese
Almeno 17 persone sono morte in Cina a causa del nuovo coronavirus (2019-nCoV), identificato alla fine dello scorso anno per la prima volta nella città di Wuhan, nella Cina centrale. Negli ultimi giorni le autorità locali hanno imposto limitazioni allo spostamento delle persone, per evitare che il virus si diffonda in altre aree del paese, in un periodo di grandi viaggi per le vacanze legate al Capodanno cinese. Mentre si lavora per contenere il rischio di un’epidemia, virologi e ricercatori in tutto il mondo stanno studiando 2019-nCoV per comprenderne meglio le caratteristiche, le modalità con cui si diffonde e per valutare gli effettivi rischi per la popolazione.
I ricercatori vogliono capire se 2019-nCoV abbia o meno la capacità di causare un alto numero di contagi come avvenne con la SARS, sindrome scoperta in Cina tra il 2002 e il 2003, che portò alla morte di oltre 770 persone in 37 paesi. Il nuovo virus ha diverse cose in comune con quello della SARS: fanno entrambi parte di una famiglia di virus, chiamata coronavirus, che causa numerose malattie, a partire dal raffreddore. Nelle persone con altri problemi di salute, come un sistema immunitario poco efficiente, 2019-nCoV può portare a polmoniti gravi e alla morte.
Il sito della rivista scientifica Nature ha messo insieme le cinque domande più importanti che i ricercatori si stanno facendo in questi giorni, per provare a comprendere come si evolverà la situazione. Trovate una sintesi delle risposte qui sotto, mentre per una guida più generale sul nuovo coronavirus cinese e le cose da sapere, potete consultare questo articolo spiegato bene.
Come si diffonde il virus?
Le autorità sanitarie cinesi hanno confermato che in alcuni casi il contagio si è verificato tra esseri umani, ma non è ancora chiaro se questa sia la norma o se la maggior parte dei contagi derivi dal passaggio del virus da animali.
Come spiegano gli epidemiologi, capire le modalità di trasmissione è essenziale per valutare se ci siano i rischi di un’epidemia vera e propria. Studiando i singoli casi, con l’analisi dei sintomi e della loro evoluzione, e calcolando la frequenza con cui si presentano, i ricercatori possono valutare la probabilità di contagi diretti tra le persone.
Quanto è letale il virus?
Nei primi giorni dopo la scoperta del virus, con casi di polmonite grave, i ricercatori hanno ipotizzato che 2019-nCoV potesse essere piuttosto aggressivo. Da qualche giorno i timori si sono ridotti, man mano che si sono avute notizie su centinaia di altri casi di contagio con sintomi meno gravi. Attualmente ci sono stati 17 morti riconducibili al nuovo coronavirus, su circa 500 contagi: la SARS si era rivelata da subito più pericolosa, con la morte del 10 per cento circa dei pazienti infettati dal virus che la causava. È ancora presto però per essere ottimisti o troppo pessimisti.
Da dove arriva il virus?
I coronavirus fanno compagnia a numerosi mammiferi e uccelli, quindi le autorità sanitarie cinesi e internazionali ritengono che i primi casi di contagio siano avvenuti da una o più specie di animali verso la nostra. Il luogo del primo contagio dovrebbe essere stato un mercato del pesce di Wuhan, ma non è chiaro da quale specie animale il nuovo coronavirus sia passato al primo infettato. L’identificazione della specie potrebbe aiutare a contenere il numero di nuovi contagi, ma non è semplice.
Stando alle informazioni genetiche raccolte finora, 2019-nCoV sembra essere imparentato con alcuni coronavirus noti per preferire soprattutto i pipistrelli. Ci sono però altri mammiferi sospettati, visto che nel caso della SARS il contagio era probabilmente avvenuto dagli zibetti.
Il mercato del pesce da dove si presume sia iniziato il contagio non vende solamente specie ittiche, ma anche animali di altro tipo. Le autorità locali stanno conducendo indagini su gabbie, contenitori e altri utensili nel mercato – ora chiuso al pubblico – alla ricerca di tracce che potrebbero aiutare a identificare la prima fonte del contagio.
Cosa ci dice la sequenza genetica del virus?
Il sequenziamento genetico, cioè l’analisi di come sono strutturate le informazioni genetiche che il virus utilizza per diffondersi, dovrebbero offrire ulteriori indizi sulle origini e il modo in cui si trasmette il nuovo coronavirus. Con una solerzia con pochi precedenti, i laboratori cinesi hanno già prodotto il sequenziamento di quasi 20 varianti del virus, da altrettante persone risultate infette. I dati sono di dominio pubblico e, analizzandoli, i ricercatori in diverse parti del mondo hanno notato una differenziazione inferiore al previsto.
La mancanza di marcate differenze genetiche suggerisce che l’antenato comune del nuovo coronavirus – quello che ha portato a tutto questo – sia probabilmente passato da altre specie a quella umana tra novembre e dicembre dello scorso anno, e che si sia poi diffuso rapidamente senza mutare più di tanto. Non è comunque ancora chiaro se la rapida diffusione sia avvenuta tra altri mammiferi, con sporadici passaggi alla nostra specie, o se abbia invece coinvolto più trasmissioni dirette tra esseri umani.
Ulteriori analisi dovrebbero aiutare i ricercatori a risolvere questo dubbio, importante per decidere come affrontare la situazione prima che diventi un’emergenza sanitaria vera e propria, magari su scala internazionale. Capire com’è fatto ora il nuovo coronavirus è inoltre essenziale per identificare rapidamente le sue prossime mutazioni, che potrebbero aiutarlo a diffondersi più facilmente tra la popolazione.
C’è una cura?
Con i virus è complicato produrre cure: solitamente l’obiettivo dei farmaci è tenere sotto controllo i sintomi che producono, in attesa che il sistema immunitario dei pazienti impari a contrastarli e a renderli innocui per la salute. Lo strumento più efficace passa dalla prevenzione, che nel caso dei virus si effettua con le vaccinazioni, in modo da istruire il sistema immunitario a fare i conti con queste minacce, ma senza che ci si debba ammalare con i rischi che ne conseguono. Produrre da zero un vaccino è però complicato e richiede anni di ricerche, quindi per ora il miglior strumento è ridurre al minimo il rischio di nuovi contagi, cercando di contenere le infezioni nell’area geografica dove si sono sviluppate. Nel caso del nuovo coronavirus, il problema è che l’infezione è avvenuta a Wuhan, una grande città con oltre 11 milioni di persone.
Un centro di ricerca di Pechino è al lavoro da tempo per sviluppare terapie che riescano a bloccare virus come 2019-nCoV o quello della SARS. L’idea è di trovare il modo di bloccare i recettori nelle cellule che vengono sfruttati dai virus come porta d’ingresso per colonizzarle. Cambiando la serratura, i virus non potrebbero iniettare il loro codice genetico nelle cellule, trovando l’ingresso chiuso per il contagio. La ricerca è stata finora orientata verso la SARS, ma se il sistema funzionasse potrebbe rivelarsi utile anche per altri coronavirus.