Sembra che Di Maio stia per dimettersi da capo del M5S
Lo scrivono tutti i giornali e il suo staff ha fatto sapere che alle 17 farà "un annuncio importante"
Aggiornamento: nel tardo pomeriggio Luigi Di Maio ha ufficializzato le sue dimissioni da capo politico del Movimento 5 Stelle. All’inizio del suo discorso ha detto: «Ora posso dire di aver portato a termine il mio compito».
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Secondo tutti i principali giornali e le agenzie di stampa, oggi il ministro degli Esteri Luigi Di Maio annuncerà le sue dimissioni da capo politico del Movimento 5 Stelle. Alle 10 di questa mattina Di Maio avrebbe comunicato la sua decisione ai ministri del Movimento, mentre l’annuncio ufficiale dovrebbe arrivare alle 17, quando Di Maio presenterà i “facilitatori” regionali, i nuovi segretari locali del Movimento introdotti dalla sua ultima riforma della struttura interna del partito.
Lo staff di Di Maio non ha smentito la notizia, che circola da ieri sera, e ha confermato che oggi il capo politico farà un “annuncio importante”. Non è chiaro invece come sarà sostituito Di Maio. In base allo statuto, fino a che è in carica, il capo politico del Movimento 5 Stelle ha molti poteri: Di Maio potrebbe quindi influenzare molto la sua successione, nominando direttamente un suo successore pro-tempore, oppure un gruppo collegiale di leader. Di Maio non si dimetterà invece da ministro degli Esteri.
Erano settimane che i giornali parlavano delle possibili dimissioni di Di Maio, logorato dalle sconfitte elettorali e dalle continue defezioni di parlamentari dal gruppo del Movimento 5 Stelle. La sua leadership nel partito è apertamente contestata da tempo ed erano in molti a chiedere una separazione tra gli incarichi ministeriali e quelli di capo politico. Le sue dimissioni arriveranno a pochi giorni dal doppio voto in Emilia-Romagna e Calabria, due elezioni in cui si prevede che il Movimento subirà dure sconfitte.
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Di Maio, che oggi ha 33 anni, era stato eletto leader del Movimento 5 Stelle nel dicembre del 2017, dopo un voto online sulla piattaforma del Movimento in cui i suoi unici avversari erano un gruppo di iscritti semi-sconosciuti: nessuno dei leader del partito aveva accettato di candidarsi contro di lui. Di Maio ha guidato il Movimento negli ultimi mesi della campagna elettorale prima delle elezioni politiche del 2018, quando il partito ottenne il risultato più alto della sua storia, 33 per cento, e fu al centro delle trattative che portarono alla formazione del primo governo Conte.
Da allora, però, il Movimento sotto la sua guida ha conosciuto solo sconfitte e imbarazzi. Ha ottenuto risultati bassissimi alle numerose elezioni che si sono succedute, locali, regionali ed europee. I sondaggi nazionali hanno mostrato un calo costante e oggi il consenso del Movimento risulta dimezzato rispetto a due anni fa. Politicamente, Di Maio è riuscito a ottenere due dei punti principali del suo programma: introduzione del cosiddetto reddito di cittadinanza e taglio dei parlamentari. Ma questi successi non sono stati sufficienti ad evitare i malumori all’interno del suo gruppo parlamentare.
Nel corso degli ultimi due anni, Di Maio è stato contestato sempre più apertamente, prima per gli insuccessi elettorali e poi per le sue scelte strategiche. Gli è stata rimproverata la sua subalternità a Matteo Salvini, che secondo gli accusatori ha contribuito al sorpasso della Lega sul Movimento 5 Stelle, e la sua gestione della crisi di governo lo scorso agosto, quando Di Maio ha tentato fino all’ultimo di ricucire i rapporti con Salvini e di ostacolare l’accordo con il PD.
In quell’occasione, in un episodio senza precedenti, i gruppi parlamentari del Movimento votarono apertamente a favore dell’alleanza con il PD, praticamente sconfessando la linea di Di Maio. Pochi mesi dopo la linea di Di Maio è stata sconfitta di nuovo, questa volta dagli iscritti che sulla piattaforma Rousseau hanno votato contro la sua proposta di sospendere la partecipazione del Movimento alle elezioni regionali per evitare nuove sconfitte. Nel frattempo è cresciuta la visibilità di altri leader del Movimento, come Alessandro Di Battista, da sempre considerato dai giornali la naturale “alternativa” a Di Maio, ma soprattutto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Nelle ultime settimane Di Maio ha cercato di riscattare la sua immagine proponendo una vasta opera di ristrutturazione interna del Movimento, con la nascita di una sorta di segreteria politica e di una serie di organismi regionali, per migliorare le performance del partito a livello locale. Ma il “garante” del Movimento, Beppe Grillo, l’unico con il potere di rimuoverlo o confermarlo nell’incarico, non è intervenuto per “benedire” questa riforma interna, scrive Tommaso Ciriaco su Repubblica. «Il problema è che “nessuna risposta” è arrivata dal Fondatore – scrive Ciriaco – evidentemente poco convinto dai progetti di “Luigi”».