Che cos’è l’Idroscalo, il “mare di Milano”
Il posto dove molti milanesi passano i loro pomeriggi d'estate fu costruito negli anni Venti, per uno scopo completamente diverso: fare atterrare gli idrovolanti
di Nathan Greppi
A chi oggi va all’Idroscalo di Milano risulta difficile credere per quale scopo sia nato: questo impianto sportivo, con un’area complessiva di 1,6 chilometri quadrati che si trova nella periferia est milanese, negli anni Trenta era uno scalo per gli idrovolanti che atterravano vicino alla città.
L’Idroscalo, che alcuni chiamano “Il mare di Milano”, si trova tra i comuni di Segrate e Peschiera Borromeo, circa 10 chilometri a est del centro: è un lago di 800mila metri quadrati alimentato da acque sorgive, circondato da un parco con oltre 5mila piante. Intorno al lago si organizzano competizioni di 22 discipline sportive, dal canottaggio al rugby, dalla vela allo sci nautico, passando per il nuoto e il beach volley. Ci sono centri estivi per bambini e adolescenti, e aree per i cani realizzate nei primi anni 2000. C’è anche una spiaggia che occupa tutta la riva est del bacino.
La storia dell’Idroscalo è molto particolare. Nella seconda metà degli anni Venti si credeva che gli idrovolanti sarebbero stati il futuro dell’aviazione e nel 1926 si volle dotare Milano di un luogo di atterraggio fatto apposta per gli idrovolanti, per ampliare indirettamente l’Aerodromo di Taliedo, uno dei primi aeroporti italiani caduto in disuso con l’inaugurazione di Linate. Il bacino d’acqua sarebbe dovuto sorgere di fianco a via Mecenate, una decina di chilometri a ovest dell’Idroscalo, ma il progetto fu presto abbandonato a causa dei costi eccessivi per la demolizione degli edifici nell’area scelta.
Nel 1927 fu però emanata una legge che obbligava le province ad avere uno spazio di atterraggio sia per gli aerei terrestri che per gli idrovolanti. A quel punto l’allora podestà di Milano, Giuseppe De Capitani d’Arzago, decise di riprendere il progetto e di realizzarlo in un posto più distante dal centro di Milano; scelse la zona di Tregarezzo, quartiere di Segrate, nell’area dell’attuale Idroscalo, perché vi erano già enormi cave aperte dalla Lucchini, impresa edile tuttora esistente che intendeva costruirvi un enorme scalo di smistamento.
Il progetto fu fortemente sostenuto dal presidente della Lega Aerea Nazionale, Fabio Mainoni, che lo affidò al giovane geometra Gino Utili.
Già allora si pensava che il bacino dovesse servire non solo agli aviatori, ma anche agli atleti che praticavano sport acquatici. I lavori iniziarono nel 1928. Vennero usate 4 draghe e 6 escavatori e furono stesi 30 chilometri di binari per spostare circa 3000 vagoni pieni di terra, spinti da 12 locomotori.
Durante gli scavi furono rinvenuti numerosi reperti archeologici di ogni epoca, che nel tempo sono però andati tutti perduti: tombe, monete, gioielli, stoviglie in terracotta. L’Idroscalo venne completato il 28 ottobre 1930, ma già il 28 maggio di quell’anno il primo idrovolante era atterrato sulle acque del bacino, mentre i lavori erano ancora in corso.
Nel 1960 sulle rive dell’Idroscalo fu girata inoltre una celebre scena del film Rocco e i suoi fratelli, del regista Luchino Visconti.
Dagli anni Novanta, l’Idroscalo divenne di fatto il principale luogo di ritrovo estivo dei milanesi.
Nel maggio 2018, per festeggiare i 90 anni dall’inizio dei lavori, il Comune ha annunciato un progetto per rinnovare la zona ideato assieme al Gruppo CAP, che ha stanziato 1,8 milioni di euro. Il progetto, non ancora completato, prevede tra le altre cose l’inaugurazione di un centro di ricerca per il settore idrico, i cui archivi saranno aperti a università e start-up. Il Gruppo CAP, che gestisce il sistema idrico di Milano e di gran parte della Lombardia occidentale, sarà sponsor del parco fino al 2020.
Nel corso del tempo, l’Idroscalo non ha sofferto di particolari problemi di inquinamento: di recente nel bacino hanno iniziato però a proliferare numerose alghe, anche a causa della crescente incuria in cui è caduta l’area. Non a caso uno dei principali scopi del nuovo centro di ricerca sarà quello di estrarre e utilizzare le stesse alghe, assieme ai fanghi del posto, per creare dei fertilizzanti ecosostenibili.
Il Gruppo CAP aveva già iniziato nel 2018 a muoversi in questa direzione, tanto che tra il maggio e il giugno 2018 erano già state rimosse quasi 300 tonnellate di alghe.
Questo e gli altri articoli della sezione Milano e l’acqua sono un progetto del corso di giornalismo 2019 del Post alla scuola Belleville, pensato e completato dagli studenti del corso.