Quanta acqua sprecano le fontanelle?
Molta meno di quanto si pensi, e c’è più di un motivo per cui vanno a getto continuo, non solo a Milano
di Giorgia Romanazzi
Negli ultimi anni, da quando il dibattito sullo spreco dell’acqua si è intensificato, molte amministrazioni locali in Italia e nel mondo sono state criticate per il funzionamento delle fontanelle pubbliche in cui l’acqua fuoriesce a getto continuo: si è parlato per esempio di disattivarle, in particolare nei periodi di maggiore siccità, ma poi spesso non si è fatto. Le fontanelle infatti non solo assicurano il diritto all’acqua potabile, ma svolgono anche un ruolo fondamentale nelle reti idriche cittadine e nella progressiva riduzione del consumo di bottiglie di plastica.
Milano è una delle città con il maggior numero di fontanelle al mondo: ce ne sono oltre 600 sparse su tutto il territorio comunale. Per via del loro filo d’acqua incessante, sono soprannominate “vedovelle”, espressione ereditata dal passato e usata per indicare “le vedove inconsolabili”, e sono considerate piccoli monumenti dalla presenza discreta ma dalla funzione essenziale: cioè quella di garantire a cittadini, turisti e anche animali una fonte di acqua fresca e potabile facilmente accessibile.
Con questa stessa funzione civica, pur rispondendo a esigenze diverse, le fontanelle pubbliche iniziarono a diffondersi un po’ in tutto il mondo dalla seconda metà dell’Ottocento, complice anche la costruzione dei primi acquedotti moderni.
Londra, ad esempio, fu la prima città a dotarsi di fontanelle nel 1859, quando un gruppo di cittadini benestanti istituì la Metropolitan Drinking Fountain Association dopo alcune epidemie di colera, per garantire anche ai ceti più bassi l’accesso ad acque salubri. Un decennio più tardi, alla fine della guerra franco-prussiana, le caratteristiche fontane Wallace di Parigi furono fatte installare da un collezionista d’arte britannico – da cui prendono il nome – per ovviare ai danni causati alle tubature e al conseguente aumento dei prezzi dell’acqua potabile.
Nessun evento particolare portò invece alla diffusione dei cosiddetti “nasoni” a Roma, tra il 1872 e il 1874, ma solo la volontà dell’allora sindaco Luigi Pianciani di dotare la città di fonti gratuite di acqua potabile che fungessero anche da sfiatatoi per la pressione delle tubature.
Per quanto riguarda Milano, non si conosce di preciso l’anno in cui furono installate le prime fontanelle pubbliche, ma guardando foto e documenti d’epoca è piuttosto probabile che siano state introdotte nello stesso periodo della costruzione dell’acquedotto civico, iniziata nel 1888.
Quel che è sicuro, però, è che la tipica struttura delle vedovelle è rimasta invariata per circa un secolo: una torretta a base quadrata alta un metro e mezzo e larga 50 centimetri, dipinta di verde ramarro e marchiata con lo stemma del comune di Milano, sormontata da un pignone (una specie di cappello a forma di pigna) e spesso dotata di una vaschetta destinata a raccogliere l’acqua per l’abbeveramento degli animali.
L’elemento distintivo delle fontanelle milanesi è la bocchetta in ottone dalla forma simile a un drago, ispirata forse ai doccioni del Duomo (le mostruose sculture per lo scolo dell’acqua piovana che sporgono dai fianchi della cattedrale) e motivo per cui le vedovelle sono soprannominate anche “draghi verdi”.
Benché in qualche catalogo manifatturiero di fine Ottocento si vendesse già un modello identico «di fontanelle stradali adottato dal municipio di Milano», si considera come prima vedovella quella collocata in piazza della Scala, la piazza nel centro di Milano posta di fronte al Teatro alla Scala, e risalente al 1931. Il suo progetto è stato attribuito al noto architetto Luca Beltrami, che già si era occupato della riqualificazione dell’intera piazza, ed è l’unico realizzato in bronzo anziché in ghisa, in genere preferita poiché più economica, resistente alla corrosione e adatta a preservare la freschezza dell’acqua.
Da quel momento, il numero di vedovelle in città aumentò molto rapidamente. Secondo un articolo della Rivista mensile del comune, che pubblicava una cronaca dell’evoluzione delle opere pubbliche e i bollettini dei costi amministrativi, nel 1941 se ne contavano già 380. Erano posizionate perlopiù nelle piazze e agli angoli delle vie, ma anche nelle vicinanze di giardini pubblici, mercati, chiese e cimiteri, seguendo quindi le esigenze locali.
Durante la Seconda guerra mondiale, le fontanelle furono essenziali: garantirono ai cittadini l’approvvigionamento di acqua potabile, la cui l’erogazione era stata interrotta in molte case dai bombardamenti. Tuttavia, negli anni successivi il loro utilizzo si ridusse. A partire dagli anni Ottanta se ne installarono molte meno e diverse furono rimosse, in parte a causa del vandalismo e in parte per la massiccia sponsorizzazione dell’uso di acqua minerale, in bottiglia.
Soltanto negli ultimi tempi il comune di Milano, come accaduto altrove, si è dedicato alla riattivazione e risistemazione progressiva delle fontanelle, partendo dalle zone centrali della città per estenderla man mano agli altri quartieri.
Oggi se ne installano circa dieci all’anno (solo in occasione di Expo 2015, ad esempio, il comune ne commissionò 60) e quelle già esistenti sono sottoposte a un controllo costante. Adriano Palmisano, addetto alla manutenzione intervistato da Repubblica, ha detto che in media una fontanella al giorno viene danneggiata, molto spesso per il furto dell’erogatore in ottone, il cui valore è di 170 euro.
A Milano, come in molte altre città, le fontanelle hanno anche un ruolo fondamentale per l’intera rete idrica, perché servono a garantire una circolazione continua dell’acqua: aiutano ad ridurre la pressione nelle tubature, talvolta molto vecchie e quindi a rischio rottura, e a farle sfiatare in corrispondenza dei tratti terminali ciechi, dove altrimenti l’acqua rischierebbe di stagnare. Se il flusso venisse interrotto, in alcuni tratti si altererebbe l’equilibrio batteriologico dell’acqua, favorendo la formazione di muffe e flora batterica anche attorno alla bocchetta a forma di drago.
Ciononostante, con il crescente interesse per le tematiche ambientali, negli ultimi anni si è diffusa la convinzione che le fontanelle siano causa di uno spreco d’acqua eccessivo. A Milano e in altre città si è intensificato il dibattito sulla possibilità di disattivarle oppure dotarle di rubinetti classici o temporizzati.
Questa soluzione non porterebbe comunque a risparmiare acqua. MilanoBlu, il sito dedicato all’acqua di Milano creato da MM Spa, la società del comune che gestisce il servizio idrico integrato, dice che «la quantità d’acqua erogata dalle fontanelle è irrisoria in confronto alla portata d’acqua distribuita dall’acquedotto milanese». Dai dati, il rapporto risulta ancora più netto: in totale l’acquedotto milanese eroga un flusso medio di circa 7500 litri d’acqua al secondo, mentre l’insieme di tutte le fontanelle ha una portata di soli 10 litri al secondo.
L’acqua erogata delle fontanelle comunque non si disperde, ma segue lo stesso “ciclo virtuoso” del resto dell’acqua potabile distribuita dall’acquedotto: una volta raggiunta la fognatura viene depurata e poi riutilizzata dai consorzi agricoli per l’irrigazione dei campi a sud della città. Questo sistema aiuta a contenere gli sprechi e al tempo stesso a smaltire una parte della falda acquifera, che a Milano è molto abbondante anche nei periodi di siccità e accumulandosi nel sottosuolo potrebbe causare effetti controproducenti, come l’allagamento di fermate della metropolitana e parcheggi sotterranei.
Se per Milano disattivare le fontanelle sarebbe un provvedimento abbastanza irrilevante per il risparmio idrico, la situazione non cambia spostandosi nelle città dove la siccità è un problema reale.
Nell’estate del 2017 il comune di Roma, la città con più fontanelle pubbliche al mondo, dovette far fronte a una profonda crisi idrica. Tra i vari provvedimenti attuati, la chiusura di gran parte dei 2.500 nasoni della città fu però forse il meno influente: dello spreco totale di acqua a Roma solo l’1 per cento è dovuto ai nasoni, a fronte di un 50 per cento causato da falle nelle tubature.
La situazione di Roma è un piccolo specchio di quella italiana. I recenti dati ISTAT sul consumo di acqua in Italia nel triennio 2015-2018 collocano l’Italia al primo posto in Europa per prelievi di acqua potabile con 428 litri per abitante al giorno, di cui un 48 per cento non viene però utilizzato, poiché si disperde a causa di anomalie nelle reti idriche.
Le fontanelle, insomma, producono una percentuale ridottissima nel totale dello spreco idrico. E ne è dimostrazione anche la crescente quantità di iniziative per incentivarne l’utilizzo, con il duplice obiettivo di ripristinare il valore dell’acqua pubblica e ridurre il consumo di bottiglie di plastica.
Ad esempio, in risposta alla campagna Right2Water – che in sette anni ha raccolto quasi 2 milioni di firme per proteggere l’acqua potabile come diritto e bene pubblico – nel 2018 la Commissione Europea ha modificato la sua direttiva sulle acque potabili. Tra le richieste ai paesi membri compare anche un maggiore impegno nell’installazione di fontanelle pubbliche e nella diffusione di informazioni chiare sulla qualità della loro acqua, certo non meno salubre di quella in bottiglia, che tuttavia è ancora di gran lunga preferita da cittadini ed esercizi pubblici (in Italia la bevono 7 famiglie su 10, secondo gli ultimi dati ISTAT).
Nell’attesa che questi obiettivi si concretizzino in leggi, comunque, cittadini e amministrazioni locali stanno cercando di fare la loro parte. Nell’ultimo decennio sono nati appositi siti web e applicazioni – come fontanelle.org, Refill o il Geoportale del Comune di Milano – che censiscono e mappano con l’aiuto degli utenti le fontanelle di tutto il mondo. Basta inserire la propria posizione per individuare le fontanelle più vicine tradizionali e automatiche, tra cui le case dell’acqua, che erogano acqua naturale e frizzante gratis o per pochi centesimi al litro in base al comune.
A Milano, la collaborazione tra il comune e MM Spa sta affrontando l’iniziativa in modo piuttosto creativo. Dopo aver ricevuto 100mila borracce di alluminio per l’inizio dell’anno scolastico, gli studenti milanesi sono stati invitati a ideare insieme a noti fumettisti una storia per ciascuna vedovella della città, con l’obiettivo di creare una saga fantasy condivisa che preservi e diffonda il patrimonio storico delle sue fontanelle.
Questo e gli altri articoli della sezione Milano e l’acqua sono un progetto del corso di giornalismo 2019 del Post alla scuola Belleville, pensato e completato dagli studenti del corso.