Gli Stati Uniti non definiranno più la Cina un paese “manipolatore di valute”
Gli Stati Uniti hanno rimosso la definizione di “paese manipolatore di valute” che avevano attribuito alla Cina lo scorso agosto in un momento particolarmente teso della cosiddetta “guerra commerciale” tra i due paesi, cioè l’imposizione di una serie di dazi sulle importazioni iniziata nel 2018.
Il ministro del Tesoro statunitense Steven Mnuchin ha spiegato che la decisione è stata presa perché la Cina ha accettato di non svalutare la sua moneta per rendere i suoi prodotti più appetibili per gli acquirenti stranieri, cosa di cui l’aveva accusata spesso il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, e che aveva portato in definitiva all’etichetta di manipolatore di valute. La Cina ha anche preso l’impegno di astenersi dalla svalutazione e di condividere con più trasparenza informazioni sui suoi tassi di cambio. La decisione è stata presa anche in vista della firma, che avverrà dopo il 15 gennaio, di un primo accordo che appianerà la guerra commerciale tra i due paesi.
Secondo la definizione degli Stati Uniti, manipolare la valuta indica il tentativo deliberato di un paese di influenzare il tasso di cambio tra la sua moneta e il dollaro americano per acquisire un vantaggio significativo negli scambi internazionali. La decisione presa ad agosto dal governo americano contro la Cina non era stata appoggiata dal Fondo monetario internazionale.