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  • Lunedì 13 gennaio 2020

La scuola di scrittura Belleville presenta i corsi del 2020

Sabato 18 gennaio, a Milano, ci sarà l'Open Day per scoprire come saranno quest'anno i corsi di Scrittura, Editing e Giornalismo (quello del Post)

Sabato 18 gennaio la scuola di scrittura Belleville di Milano apre al pubblico per l’Open Day, dalle 15 alle 20 in via Carlo Poerio 29. Oltre alla quinta edizione di Scrivere di notte con i corsi di Scrittura, Editing e Giornalismo (con il Post), tra le novità del 2020 Belleville propone un seminario di poesia tenuto da Aldo Nove, un corso sull’argomentazione con Pierfilippo Pozzi e Scrivere per sopravvivere, un corso di Tim Parks sulla letteratura come strategia per affrontare conflitti e difficoltà.

Il 6 febbraio uscirà anche il Manuale di istruzioni della Scuola di scrittura Belleville, a cura di Giacomo Papi e Davide Borgna, che si basa sulle lezioni di scrittori, editor e sceneggiatori come Walter Siti, Marcello Fois, Laura Pariani, Marco Balzano, Letizia Muratori, Giorgio Fontana, Stefano Izzo, Giorgio Falco, Sandrone Dazieri, Laura Cerutti, Federico Baccomo, Marco Rossari, Francesca Serafini, Edgardo Franzosini, Alberto Rollo.

Pubblichiamo un estratto del capitolo sulla scena con un esercizio finale da inviare a info@bellevilleonline.it o portare all’Open Day per ricevere uno sconto di 2 euro sull’ebook oppure del 15 per cento sull’acquisto del manuale cartaceo.

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La scena
Nelle sue Lezioni americane, Italo Calvino distingue «due tipi di processi immaginativi: quello che parte dalla parola e arriva all’immagine visiva e quello che parte dall’immagine visiva e arriva all’espressione verbale. Il primo processo è quello che avviene normalmente nella lettura: leggiamo per esempio una scena di un romanzo o il reportage d’un avvenimento sul giornale, e a seconda della maggiore o minore efficacia del testo siamo portati a vedere la scena come se si svolgesse davanti ai nostri occhi». Quando leggiamo, la nostra immaginazione procede per scene, più o meno dettagliate, che scorrono nella nostra mente come i fotogrammi di un film. La scena è l’unità narrativa con cui lo scrittore costruisce l’intreccio. È anche il cuore della nostra esperienza di lettori: sono le scene a risucchiarci dentro il mondo narrativo e a farci sperimentare il fenomeno che il poeta inglese Samuel Taylor Coleridge chiama “volontaria sospensione dell’incredulità”.

La scena è la parte di un testo narrativo in cui l’autore diventa invisibile, lasciando che la storia si racconti da sé. Anche “il narratore onnisciente”, quello che interviene per commentare gli eventi, deve farsi da parte per lasciare il campo ai personaggi e a quello che gli capita. La scena è, cioè, sempre un segmento narrativo basato su un’unità di tempo e luogo, anche se tempi e luoghi possono variare. Per scrivere una scena, bisogna immaginarne gli elementi e la geometria. Ma la scena è anche un segmento che collega altri segmenti, altre scene, fino a farne una trama. In altre parole, per immaginare una scena, è necessario conoscere la situazione iniziale e quella a cui si vuole arrivare in modo da preparare la scena successiva. La scena, cioè, tendenzialmente trasforma il mondo e i personaggi. Non è necessario sapere prima ogni dettaglio, perché molte idee emergeranno scrivendo, ma le domande che bisogna farsi prima di scrivere sono, in piccolo, le stesse che ci guidano quando pensiamo alla storia nel suo insieme. Dov’è ambientato il racconto? Chi sono i personaggi? Come reagiscono? Come si evolvono? Qual è l’ordine iniziale e quale quello finale?

Ogni scena ha un suo arco narrativo fatto di conflitti, rivelazioni e trasformazioni. Il motore è quasi sempre il personaggio con i suoi desideri, le sue paure, le sue relazioni. Il “senso della scena” è la capacità di portare avanti la storia e di far evolvere i personaggi mettendoli in rapporto, oltre che gli uni con gli altri, anche con i luoghi, gli oggetti e il tessuto storico e sociale in cui vivono. Ogni buona scena è una specie di racconto in miniatura, ma la scena esiste come parte di un sistema più complesso – l’intreccio – che la racchiude e la collega alle altre scene. Nabokov descrive così uno dei primi episodi della relazione fra Humbert e Lolita:

Quel giorno Lo indossava un grazioso vestito di cotone stampato […], s’era messa il rossetto, e teneva nelle mani a coppa una bellissima, banale mela rosso Eden. […] Il mio cuore cominciò a battere come un tamburo quando lei si sedette vicino a me sul sofà; la sottana leggera si gonfiò come un pallone per afflosciarsi di nuovo, e Lolita si mise a giocare col suo frutto lucente. Lo lanciava nell’aria impolverata di sole, e poi lo afferrava – nelle sue mani faceva un convesso, levigato plop.

La cornice è semplice: Humbert è in casa e Lolita si siede accanto a lui sul divano. Il motivo della seduzione è espresso dall’attenzione di Humbert per l’abbigliamento di lei, ma è la mela «lucente» e «rosso Eden» l’elemento dinamico e simbolico intorno a cui ruota la relazione tra i due personaggi che, altrimenti, sarebbero immersi in una situazione statica, quasi banale. La mela rossa è un chiaro riferimento alla tentazione, dunque al peccato, ma è anche un oggetto concreto che vaga nello spazio, attira lo sguardo e muove la scena. Lanciando in aria la mela nell’«aria impolverata di sole», Lolita incanta Humbert e i lettori, obbligandoli ad alzare e abbassare la testa per seguire il volo, un po’ come fanno i gatti quando si ipnotizzano a guardare i movimenti di una pallina. Non è un incantamento soltanto visivo, ma anche sonoro, ritmato dal «plop» di ogni ricaduta. Lolita sta giocando, come una bambina, ma per giocare usa un «frutto lucente», si è seduta vicina e la sua sottana si è alzata. La scena procede per contatti fisici sempre più intimi, che accendono Humbert e preparano la seduzione vera e propria, che avverrà in seguito. La scena porta avanti il racconto e crea nel lettore il presentimento, l’attesa di qualcosa che accadrà.

Le scene in cui i personaggi devono agire, sparare, salvarsi, scappare non sono molte. Nella maggior parte dei casi lo scrittore deve raccontare situazioni normali in cui non succede niente che, di per sé, avrebbe il potere di agganciare il lettore. In questi casi il ruolo degli oggetti è fondamentale per rendere dinamica la sequenza e mostrare la relazione tra i personaggi senza descriverla e spiegarla. Per costruire, cioè, la geometria della scena.

(Scuola Belleville/Andrea Bozzo)

Esercizio
Pensa a un personaggio e a un’ambientazione. Guarda l’ultima cifra del tuo numero di telefono e scrivi una scena basata sull’oggetto corrispondente nell’elenco che segue.

  1. Scarpa
  2. Frutto
  3. Giocattolo
  4. Orologio
  5. Gioiello
  6. Fotografia
  7. Finestra
  8. Automobile
  9. Sigaretta
  10. Nuvola