L’incredibile storia della fuga di Carlos Ghosn
L'ex capo di Nissan è scappato dal Giappone ed è arrivato in Libano non si sa come: forse nascosto in un grosso baule, come quelli usati per gli strumenti musicali
È passata più di una settimana da quando il 29 dicembre l’ex capo di Nissan e Renault, Carlos Ghosn, è riuscito a scappare dal Giappone e arrivare in Libano, nonostante fosse in libertà vigilata con condizioni molto restrittive: Ghosn non era più in possesso di nessuno dei suoi tre passaporti ed era in attesa di essere processato per le accuse di aver deliberatamente sottostimato i propri compensi nei report alle autorità di borsa e di aver utilizzato beni aziendali a fini personali quando era a capo di Nissan.
Ora si trova in Libano, paese dove è cresciuto e che non ha accordi di estradizione con il Giappone. Le autorità giapponesi hanno emesso un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti, che però difficilmente porterà a qualcosa.
Negli ultimi giorni si sono fatte diverse ipotesi su come Ghosn abbia eluso la sorveglianza e sia riuscito a prendere un aereo per scappare dal Giappone. Per ora non ci sono certezze, anche perché le indagini sono in corso e né Ghosn né i suoi avvocati hanno fatto dichiarazioni in merito. Il giornale giapponese Asahi Shimbun ha scritto che le telecamere di sorveglianza avrebbero ripreso Ghosn lasciare la sua casa di Tokyo verso le 14.30 di domenica 29 dicembre, con indosso un cappello e una mascherina antismog, molto utilizzata in Giappone.
Secondo la televisione privata giapponese NTV, Ghosn avrebbe lasciato Tokyo a bordo di un treno ad alta velocità Shinkansen, partendo dalla stazione di Shinagawa, una delle principali stazioni della città.
Nel pomeriggio sarebbe arrivato nella città di Osaka, e si sarebbe diretto in taxi in un hotel vicino all’aeroporto della regione del Kansai. Lo stesso giorno avrebbe preso un aereo privato diretto a Istanbul, in Turchia, dove si sarebbe imbarcato su un altro aereo diretto a Beirut, in Libano. Il ministero della Giustizia giapponese, Masako Mori, ha detto che Ghosn è fuggito dal Giappone senza nessuno dei suoi tre passaporti, tutti sequestrati (uno francese, uno libanese e uno brasiliano): non è ancora chiaro come abbia fatto.
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La ricostruzione più accurata di come potrebbe essere andata è stata fatta dal Wall Street Journal, che ha citato diverse sue fonti informate sui fatti, e che hanno voluto rimanere anonime.
Il Wall Street Journal ha scritto che Ghosn sarebbe fuggito a bordo di un jet privato nascosto all’interno di un grande baule, di quelli che si utilizzano per trasportare strumentazioni musicali. Ghosn avrebbe pianificato la fuga diversi mesi fa e all’operazione avrebbero partecipato in tutto tra le 10 e le 15 persone. La decisione finale di fuggire, però, l’avrebbe presa solamente il mese scorso, dopo aver capito che il processo sarebbe potuto andare avanti per anni, e dopo il rifiuto da parte del tribunale di poter passare le vacanze natalizie con sua moglie.
Nei mesi scorsi le persone coinvolte nel piano di fuga avrebbero fatto più di 20 viaggi in Giappone, analizzando nel dettaglio almeno 10 aeroporti. Alla fine sarebbe stato scelto l’aeroporto di Osaka per diversi motivi: era quello con i sistemi di sicurezza più deboli, con un terminal per i jet privati molto poco frequentato, e senza controlli attraverso gli scanner per i bagagli di dimensioni eccessive.
Ghosn sarebbe fuggito a bordo di un Bombardier Global Expres della società turca MNG Jet, che era partito il 28 dicembre da Dubai ed era arrivato Osaka il giorno stesso: a bordo, insieme all’equipaggio, c’erano Michael L. Taylor – un cittadino statunitense ex membro delle Forze speciali dell’esercito ed esperto in antiterrorismo, diventato da tempo un contractor – e George Antoine Zayek, cittadino libanese con passaporto statunitense che lavora per alcune società di Taylor.
A Osaka, Ghosn sarebbe stato fatto entrare in un baule con dei buchi per far passare l’aria, e sarebbe stato portato fino all’aereo che lo attendeva sulla pista. Generalmente, scrive il Wall Street Journal citando un esperto di sicurezza aeroportuale, i bagagli troppo grandi per passare attraverso gli scanner vengono aperti e perquisiti dai controllori, ma per i jet privati questo a volte non succede, dato che non vengono considerati obiettivi di attentati terroristici.
L’aereo sarebbe quindi partito alle 23.10 e sarebbe arrivato la mattina successiva all’aeroporto Ataturk di Istanbul, in Turchia. Qui Ghosn avrebbe preso un jet più piccolo diretto in Libano, mentre Taylor e Zayek avrebbero proseguito il loro viaggio verso Beirut a bordo di un aereo di linea, preso però da un altro aeroporto della città. Gli spostamenti degli aerei sono stati registrati dal sito Flightradar24, ma in nessun documento di viaggio risulta il nome di Ghosn tra i passeggeri.
Selon Al-Joumhouriya, Ghosn est arrivé au Liban hier matin en provenance d'Istanbul grâce à un jet privé.
Les données Flight Radar montrent l'approche d'un jet privé venant d'Istanbul lundi vers 4h16 du matin qui disparaît des écrans juste avant d'atterrir… pic.twitter.com/yYJqnqflP3— Michael Bloch (@Micbloch) December 31, 2019
Non è chiaro quanta parte nell’organizzazione del piano di fuga abbia Taylor, ma secondo quanto riferito al New York Times da una fonte che non ha voluto rivelare la sua identità, Taylor avrebbe conosciuto Ghosn alcuni mesi fa tramite intermediari libanesi. Taylor infatti è sposato con una donna libanese, e ha due figli che vivono in Libano.
Secondo il Wall Street Journal, tutta l’operazione sarebbe costata diversi milioni di dollari, che comprendono sia il costo del noleggio degli aerei da parte di Taylor e Zayek, sia la ricompensa che Ghosn avrebbe dato loro una volta che la fuga era andata a buon fine.
La compagnia turca MNG ha detto di aver trovato due grossi bauli neri a bordo dell’aereo atterrato a Istanbul, di cui uno pieno di strumentazioni audio: la foto di uno dei due bauli è stata pubblicata in esclusiva dal Wall Street Journal.
https://twitter.com/rachael_levy/status/1214363421560492032?s=20
La compagnia MNG ha anche detto che un suo dipendente, Okan Kosemen, ha confessato di aver manipolato i documenti di viaggio del jet, omettendo di segnalare la presenza di Ghosn a bordo. Il dipendente, ha detto l’amministratore delegato di MNG, Can Sasmaz, avrebbe agito a titolo personale, all’insaputa della direzione della società. Sarebbe stato proprio lui a informare gli investigatori che Ghosn aveva viaggiato all’interno del baule.
La polizia turca ha avviato un’indagine per scoprire come Ghosn sia potuto atterrare in Turchia senza autorizzazioni, e ha arrestato in tutto sette persone, tra cui quattro piloti della MNG e Kosemen.
Intanto in Giappone la magistratura ha emesso un mandato d’arresto nei confronti della moglie di Ghosn, Carole, accusata di falsa testimonianza. Durante un’udienza dello scorso aprile, Carole Ghosn avrebbe detto di non conoscere una particolare persona coinvolta nel caso per cui era stato arrestato il marito, quando in realtà era poi venuto fuori che aveva mentito.
Carole Ghosn al momento si trova in Libano – è stata fotografata insieme al marito a Capodanno – dove non ci sono possibilità che possa essere arrestata, perché i due paesi non hanno un trattato sull’estradizione. La donna ha sia la cittadinanza libanese che quella statunitense e, a differenza del marito che al momento è privo di passaporti, potrebbe viaggiare e lasciare il Libano: se andasse negli Stati Uniti potrebbe essere arrestata ed estradata in Giappone, sulla base degli accordi tra i due paesi.
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