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  • Domenica 5 gennaio 2020

Cosa pensano i critici di “Tolo Tolo” di Checco Zalone

Che è diverso da come sembrava dal trailer, ma anche che al cinema non si sentono grandissime risate

Tolo Tolo, l’ultimo film di Checco Zalone, è uscito da meno di una settimana e se ne è già parlato come in pochi altri casi nella storia recente del cinema italiano. Sta incassando tantissimo: siamo a 24 milioni di euro, sabato, cioè più di tutti i film usciti in Italia nel 2019 tranne tre. Quelli di Tolo Tolo sono dati persino migliori rispetto a Quo vado?, il suo film del 2016 che incassò alla fine circa 65 milioni di euro.

Ma soprattutto Tolo Tolo di Checco Zalone è stato accompagnato da grandi polemiche e discussioni, perché è stato anticipato dal video di  “Immigrato“, la canzone che ne faceva da trailer e che aveva ricevuto molte accuse di contenere stereotipi razzisti.

In generale, i critici hanno apprezzato il tentativo di Checco Zalone (nome d’arte di Luca Medici) di raccontare una storia più complessa del solito, senza però cambiare molto il suo registro umoristico. Ma ci sono anche diversi commenti secondo i quali Tolo Tolo è meno solido e divertente rispetto ai suoi precedenti film.

 

Cosa ne hanno scritto i critici

Federico Pontiggia ha scritto su Cinematografo che Tolo Tolo è «un film di faglia, perfettibile, discutibile, ma non liquidabile», e ha aggiunto che il film ha «ambizioni palesi» e Zalone «s’è dovuto reinventare e ha osato reinventarsi pescando nella melma del nostro qui e ora, dello stato dell’arte culturale, sociale e politica». Pontiggia ha aggiunto che la conseguenza di questa reinvenzione è che Tolo Tolo rischia «di non essere di tutti».

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Pontiggia ha aggiunto di non aver gradito particolarmente regia e montaggio di Zalone, che tradiscono «ingenuità e sciatterie». Una simile critica strutturale è stata fatta da Paola Casella, che su MyMovies ha fatto notare di non aver visto granché «la mano di Virzì, fagocitata dalla bulimia narrativa di Checco». Casella ha scritto, in particolare, di aver trovato poco fluida e coerente la prima parte, quella necessaria a porre le premesse del viaggio di Zalone. Ma in fin dei conti anche Casella ha parlato bene del film, perché «a mano a mano che la storia prende ritmo e quota, acquistando la velocità crescente della farsa, si comincia a ridere davvero».

Non tutti sono d’accordo con le critiche allo Zalone regista (e sceneggiatore). Gabriele Niola ha parlato su Bad Taste di un film «con un ritmo e una regia un filo più sofisticati» rispetto ai precedenti di Zalone. Secondo Niola, rispetto a quei film Tolo Tolo «ha proprio altre ambizioni e valori produttivi». «In buona sostanza», ha scritto Niola, Tolo Tolo «è ben confezionato e scritto con cura». Niola ha aggiunto che, a suo modo di vedere, è in parte per merito dell’apporto di Virzì, che si vede in «una generale solidità dell’impianto, nella grazia con la quale viene trattato il contesto e in un’abilità che i film di Zalone prima non conoscevano nel “fare cinema”, ovvero il complesso di idee, trovate e soluzioni visive che arricchiscono storia e gag di senso».

Sempre mettendo in paragone il nuovo Zalone con quello del passato, Paolo Mereghetti ha scritto sul Corriere della Sera che «da una parte c’è il personaggio che conosciamo, “meravigliosamente mediocre”, che si ostina a non crescere», e dall’altro «c’è il lungo viaggio che deve intraprendere […] dove con i modi sommari dell’apologo affronta i passaggi obbligati di ogni odissea migrante: il viaggio nel deserto, la “sosta” in Libia, la traversata via mare. Costringendo il suo tradizionale personaggio a un salto di qualità». Mereghetti spiega che il personaggio di Zalone resta più o meno sempre se stesso e che «chi cambia questa volta è il regista-sceneggiatore, che non si limita più ad offrire al suo protagonista l’occasione per una risata, ma lo spinge verso un’altra direzione, costringendolo a misurarsi con qualcosa su cui in passato avrebbe preferito chiudere gli occhi o sorvolare con una battuta».

Mereghetti ha aggiunto che Zalone mette in scena «sgradevolezze e crudeltà sulle orme di Alberto Sordi». In effetti, diversi critici hanno scritto che Tolo Tolo ricorda per certi versi Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?, film di Ettore Scola del 1968, con Nino Manfredi, Bernard Blier e Alberto Sordi.

Scrive Mereghetti:

Checco Zalone non è mai poetico, è sempre prosastico. Non vuole tradire un personaggio che si sente in dovere di essere comico: per questo non ha timore di apparire sgradevole, è spiccio e diretto nei suoi modi, non allude mai, dice senza timore. Proprio come faceva un altro grande attore-autore del cinema italiano, la cui crudeltà e sgradevolezza ne fecero il più vero e necessario dei nostri comici, Alberto Sordi. E forse Zalone sta imparando a seguire le sue orme.

Pontiggia, invece, ha scritto che vedendo Tolo Tolo ha pensato a Piedone l’africano di  Steno e Io sto con gli ippopotami di Italo Zingarelli, entrambi con Bud Spencer.

Come sempre, però, capita che un critico pensi una cosa e un altro pensi la cosa opposta. Sulla Stampa, Fulvia Caprara ha osservato che lo Zalone politicamente scorretto «non esiste più» ed è stato «sostituito da un nuovo Zalone, meno sgangherato, meno cafone, meno incendiario». Su Coming Soon, Federico Gironi ha scritto invece che «pur non essendo mai aggressivo, moralista o moralizzatore, e volgare, questa volta Checco [Zalone] è meno candido (ma forse sotto sotto più buono)» e che questo è il suo film «più provocatorio, grottesco, acido. Perfino più cattivo».

Nonostante Mereghetti abbia parlato di «un personaggio che si sente in dovere di essere comico», diversi critici hanno notato una minore frequenza e intensità di risate durante la visione del film. «La concentrazione dell’umorismo non è la stessa degli altri film», ha scritto Niola. In sostanza, tra chi parla più o meno bene di Tolo Tolo l’idea è che il film sia almeno un po’ un salto di livello rispetto ai precedenti, dove si è scelto di sacrificare qualche risata in funzione di altro, non sempre riuscendo nell’intento ma comunque ottenendo un soddisfacente bilanciamento tra esigenze di narrazione e momenti puramente comici.

A proposito delle critiche e dei discorsi sul razzismo dopo l’uscita del trailer/canzone “Immigrato”, qualche giorno fa Natalia Aspesi aveva scritto su Repubblica una sorta di lettera al «Gentile signor Checco (Zalone)» in cui diceva, dopo aver visto il film (e dopo non aver visto nessuno dei suoi precedenti), che il trailer “Immigrato” l’aveva confusa perché «non un nanosecondo corrisponde al film». Aspesi ha aggiunto: «Che faranno se mai vedranno il film, quelli che volevano, come in tutte le circostanze, con sciatteria, senza informarsi, fare un uso politico del talento zalonico che ha il dono democratico di far sorridere e forse capire?».

Più che scrivere recensioni, altri giornalisti hanno invece raccontato le opinioni di chi aveva appena visto il film in una delle oltre mille sale in cui è e sarà programmato. Nino Femiani ha scritto sul Giorno che «nella sala 6 dell’Uci Cinema di Casoria, alle porte di Napoli» c’è stata qualche «risata strozzata» ma che non si è mai «riso a catinelle». Flavia Amabile ha fatto qualcosa di simile sulla Stampa, in un articolo dal titolo “Il film di Zalone delude i fan”. Lo stesso articolo contiene comunque la dichiarazione di un’insegnante romana che dopo aver visto Tolo Tolo ha detto: «Geniale, altro che razzista! Un film pieno di spunti di riflessione, di riferimenti, di sguardi diversi e scorretti su un tema così difficile come i migranti e il razzismo strisciante tra gli italiani».