“Tolo Tolo”, cosa dicono le recensioni del film di Checco Zalone
Sono contrastanti, tra quelle entusiaste e quelle deluse: ma tutte dicono che è diverso dal video di “Immigrato”
Il nuovo film di Checco Zalone, Tolo Tolo, è al suo primo weekend nei cinema: e se ne sta parlando parecchio anche per essere un film di Checco Zalone, sui giornali e sui social network. Ancora prima che uscisse, aveva già generato una gran quantità di discussioni per il video di “Immigrato“, cioè la canzone che ne faceva da trailer e che aveva ricevuto molte accuse di contenere stereotipi razzisti. In un solo giorno Tolo Tolo è stato visto da più di un milione di spettatori e ha incassato quasi 9 milioni di euro: è un record, visto che sono dati persino migliori rispetto a Quo vado?, il suo film del 2016 che incassò alla fine circa 65 milioni di euro.
In generale, i critici hanno apprezzato il tentativo di Checco Zalone (nome d’arte di Luca Medici) di raccontare una storia più complessa del solito, senza però cambiare molto il suo registro umoristico. Ma ci sono anche diversi commenti secondo i quali Tolo Tolo è meno solido e divertente rispetto ai suoi precedenti film.
Cos’è e di cosa parla “Tolo Tolo”, per chi deve ancora vederlo
Tolo Tolo (una storpiatura delle parole “solo solo”) è il quinto film da protagonista di Zalone (dopo Cado dalle nubi, Che bella giornata, Sole a catinelle e Quo vado?) ma il suo primo da regista, dopo che i precedenti erano stati tutti diretti da Gennaro Nunziante. È un film la cui idea iniziale è di Paolo Virzì, che contattò Zalone per lavorarci insieme. Entrambi hanno spiegato, senza apparente rancore, che durante la scrittura della sceneggiatura è diventato evidente che stesse diventando un film di Zalone più che un film di Virzì e che quindi i due decisero che a dirigerlo sarebbe stato appunto Zalone, con Virzì che ne è rimasto co-sceneggiatore. Tolo Tolo è anche l’ultimo film che, da precedenti accordi contrattuali, Zalone doveva fare con il suo storico produttore Pietro Valsecchi, amministratore delegato della casa di produzione Taodue Film.
Se il trailer/canzone “Immigrato” era ambientato in Italia, Tolo Tolo parte e finisce in Italia ma è in gran parte ambientato in Africa, seguendo il viaggio che il protagonista Zalone compie insieme ad alcuni migranti. Lo fa dopo essere scappato in Africa per evitare problemi con il fisco italiano, e dopo che il villaggio vacanze in cui era andato a lavorare come cameriere viene attaccato da alcuni miliziani. Il film è stato girato tra Kenya, Marocco e Malta e le riprese sono durate più di venti settimane, con un budget stimato oltre i 20 milioni di euro. Oltre a Zalone, i personaggi principali del film sono i migranti Oumar (Souleymane Sylla) e Idjaba (Manda Touré) e il giovane Doudou (Nassor Said Birya).
Molto in breve, i principali momenti comici di Tolo Tolo girano intorno al fatto che Zalone interpreta un sempliciotto arrogante che non si rende conto del dramma di chi gli sta intorno e spesso scherza sul fatto che in Italia non si stia poi meglio che in Africa. Per fare un esempio, nei primi minuti del film Zalone dice, mentre litiga al telefono con una delle sue ex mogli durante un attacco armato, che quelli dell’ISIS «hanno più umanità di quella donna». Oltre alla storia principale, cioè il viaggio dall’Africa verso l’Italia, ci sono sequenze di sogni fatti dal protagonista, spesso in forma di brevi canzoni.
Cosa ne hanno scritto i critici
Federico Pontiggia ha scritto su Cinematografo che Tolo Tolo è «un film di faglia, perfettibile, discutibile, ma non liquidabile», e ha aggiunto che il film ha «ambizioni palesi» e Zalone «s’è dovuto reinventare e ha osato reinventarsi pescando nella melma del nostro qui e ora, dello stato dell’arte culturale, sociale e politica». Pontiggia ha aggiunto che la conseguenza di questa reinvenzione è che Tolo Tolo rischia «di non essere di tutti».
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Pontiggia ha aggiunto di non aver gradito particolarmente regia e montaggio di Zalone, che tradiscono «ingenuità e sciatterie». Una simile critica strutturale è stata fatta da Paola Casella, che su MyMovies ha fatto notare di non aver visto granché «la mano di Virzì, fagocitata dalla bulimia narrativa di Checco». Casella ha scritto, in particolare, di aver trovato poco fluida e coerente la prima parte, quella necessaria a porre le premesse del viaggio di Zalone. Ma in fin dei conti anche Casella ha parlato bene del film, perché «a mano a mano che la storia prende ritmo e quota, acquistando la velocità crescente della farsa, si comincia a ridere davvero».
Non tutti sono d’accordo con le critiche allo Zalone regista (e sceneggiatore). Gabriele Niola ha parlato su Bad Taste di un film «con un ritmo e una regia un filo più sofisticati» rispetto ai precedenti di Zalone. Secondo Niola, rispetto a quei film Tolo Tolo «ha proprio altre ambizioni e valori produttivi». «In buona sostanza», ha scritto Niola, Tolo Tolo «è ben confezionato e scritto con cura». Niola ha aggiunto che, a suo modo di vedere, è in parte per merito dell’apporto di Virzì, che si vede in «una generale solidità dell’impianto, nella grazia con la quale viene trattato il contesto e in un’abilità che i film di Zalone prima non conoscevano nel “fare cinema”, ovvero il complesso di idee, trovate e soluzioni visive che arricchiscono storia e gag di senso».
Sempre mettendo in paragone il nuovo Zalone con quello del passato, Paolo Mereghetti ha scritto sul Corriere della Sera che «da una parte c’è il personaggio che conosciamo, “meravigliosamente mediocre”, che si ostina a non crescere», e dall’altro «c’è il lungo viaggio che deve intraprendere […] dove con i modi sommari dell’apologo affronta i passaggi obbligati di ogni odissea migrante: il viaggio nel deserto, la “sosta” in Libia, la traversata via mare. Costringendo il suo tradizionale personaggio a un salto di qualità». Mereghetti spiega che il personaggio di Zalone resta più o meno sempre se stesso e che «chi cambia questa volta è il regista-sceneggiatore, che non si limita più ad offrire al suo protagonista l’occasione per una risata, ma lo spinge verso un’altra direzione, costringendolo a misurarsi con qualcosa su cui in passato avrebbe preferito chiudere gli occhi o sorvolare con una battuta».
Mereghetti ha aggiunto che Zalone mette in scena «sgradevolezze e crudeltà sulle orme di Alberto Sordi». In effetti, diversi critici hanno scritto che Tolo Tolo ricorda per certi versi Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?, film di Ettore Scola del 1968, con Nino Manfredi, Bernard Blier e Alberto Sordi.
Scrive Mereghetti:
Checco Zalone non è mai poetico, è sempre prosastico. Non vuole tradire un personaggio che si sente in dovere di essere comico: per questo non ha timore di apparire sgradevole, è spiccio e diretto nei suoi modi, non allude mai, dice senza timore. Proprio come faceva un altro grande attore-autore del cinema italiano, la cui crudeltà e sgradevolezza ne fecero il più vero e necessario dei nostri comici, Alberto Sordi. E forse Zalone sta imparando a seguire le sue orme.
Pontiggia, invece, ha scritto che vedendo Tolo Tolo ha pensato a Piedone l’africano di Steno e Io sto con gli ippopotami di Italo Zingarelli, entrambi con Bud Spencer.
Come sempre, però, capita che un critico pensi una cosa e un altro pensi la cosa opposta. Sulla Stampa, Fulvia Caprara ha osservato che lo Zalone politicamente scorretto «non esiste più» ed è stato «sostituito da un nuovo Zalone, meno sgangherato, meno cafone, meno incendiario». Su Coming Soon, Federico Gironi ha scritto invece che «pur non essendo mai aggressivo, moralista o moralizzatore, e volgare, questa volta Checco [Zalone] è meno candido (ma forse sotto sotto più buono)» e che questo è il suo film «più provocatorio, grottesco, acido. Perfino più cattivo».
Nonostante Mereghetti abbia parlato di «un personaggio che si sente in dovere di essere comico», diversi critici hanno notato una minore frequenza e intensità di risate durante la visione del film. «La concentrazione dell’umorismo non è la stessa degli altri film», ha scritto Niola. In sostanza, tra chi parla più o meno bene di Tolo Tolo l’idea è che il film sia almeno un po’ un salto di livello rispetto ai precedenti, dove si è scelto di sacrificare qualche risata in funzione di altro, non sempre riuscendo nell’intento ma comunque ottenendo un soddisfacente bilanciamento tra esigenze di narrazione e momenti puramente comici.
C’è anche chi, al contrario, ha trovato il film un ibrido che non riesce a essere serio ma nemmeno a far ridere. Secondo Maurizio Cabona, che scrive sul Messaggero, l’ora finale del film – «quella africana» – «sta tra il drammatico non credibile e il comico non riuscito». Oltre che per questo, il nuovo film di Zalone è stato criticato per quello che in certi casi è stato definito “cerchiobottismo“. In altri casi sono state mosse critiche alla leggerezza con cui tratta certi temi e al fatto che certi momenti siano tutt’altro che «politicamente corretti». Ma c’è anche chi ha mosso una critica diametralmente opposta: «Sembra girato da Papa Bergoglio», ha scritto sul Giornale Cinzia Romani, secondo la quale Tolo Tolo è un film «terzomondista», «che rovescia le aspettative, diciamo sovraniste, legate alla clip “Immigrato”, diffusa per battere l’acqua al film».
A proposito delle critiche e dei discorsi sul razzismo dopo l’uscita del trailer/canzone “Immigrato”, qualche giorno fa Natalia Aspesi aveva scritto su Repubblica una sorta di lettera al «Gentile signor Checco (Zalone)» in cui diceva, dopo aver visto il film (e dopo non aver visto nessuno dei suoi precedenti), che il trailer “Immigrato” l’aveva confusa perché «non un nanosecondo corrisponde al film». Aspesi ha aggiunto: «Che faranno se mai vedranno il film, quelli che volevano, come in tutte le circostanze, con sciatteria, senza informarsi, fare un uso politico del talento zalonico che ha il dono democratico di far sorridere e forse capire?».
Più che scrivere recensioni, altri giornalisti hanno invece raccontato le opinioni di chi aveva appena visto il film in una delle oltre mille sale in cui è e sarà programmato. Nino Femiani ha scritto sul Giorno che «nella sala 6 dell’Uci Cinema di Casoria, alle porte di Napoli» c’è stata qualche «risata strozzata» ma che non si è mai «riso a catinelle». Flavia Amabile ha fatto qualcosa di simile sulla Stampa, in un articolo dal titolo “Il film di Zalone delude i fan”. Lo stesso articolo contiene comunque la dichiarazione di un’insegnante romana che dopo aver visto Tolo Tolo ha detto: «Geniale, altro che razzista! Un film pieno di spunti di riflessione, di riferimenti, di sguardi diversi e scorretti su un tema così difficile come i migranti e il razzismo strisciante tra gli italiani».