Come cambia la prescrizione
La riforma voluta dal M5S è entrata in vigore il primo gennaio: nessun processo andrà mai in prescrizione dopo la sentenza di primo grado
Dalla mezzanotte del primo gennaio è entrata in vigore la riforma della prescrizione approvata dal primo governo Conte lo scorso anno, e contenuta nel disegno di legge anticorruzione, il cosiddetto “Spazzacorrotti”. La riforma, fortemente voluta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dal Movimento 5 Stelle, prevede il blocco assoluto della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. La prescrizione è l’estinzione di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo: con la riforma nessun processo finirà mai in prescrizione se è arrivato almeno a una sentenza di primo grado.
La prescrizione è una forma di garanzia per gli imputati contro l’eccessiva lunghezza dei processi – visto che i processi hanno costi enormi per gli imputati, anche nel caso poi si concludano con un’assoluzione – ed è uno strumento che lo Stato può utilizzare quando non è più interessato a perseguire alcuni reati (quelli punibili con l’ergastolo, invece, erano già imprescrittibili prima della riforma). La prescrizione serve anche a ridurre gli errori giudiziari, dal momento che più passa il tempo più le indagini e i processi si fanno complicati (le prove si deteriorano, i testimoni muoiono, eccetera). La riforma della prescrizione si applicherà solo ai presunti reati compiuti a partire dal primo gennaio del 2020 e solo dopo che si arriverà a una sentenza di primo grado, sia di condanna che di assoluzione. I suoi effetti quindi per ora non si possono vedere nel concreto, anche se molti temono che la principale conseguenza della riforma sarà un generale allungamento dei tempi della giustizia.
La riforma prevede che restino invariati i termini della prescrizione per i reati consumati e tentati (nel primo caso decorre dal momento in cui è stato consumato il presunto reato, nel secondo dal momento in cui è terminata l’attività dell’imputato), mentre cambiano i termini per i reati continuati, cioè quelli in cui una persona commette più reati che rientrano in un medesimo “disegno criminoso”, come si dice: in questo caso il termine di prescrizione decorrerà dal giorno in cui è cessata la continuazione, e non più dal momento in cui è stato commesso ciascuno dei reati.
Come funzionava la prescrizione, finora
In Italia la prescrizione si applica a tutti i reati tranne quelli che prevedono l’ergastolo, quando dal momento in cui viene commesso un reato trascorre un periodo pari alla durata massima della pena per quel reato più un quarto (e in certi casi può intervenire anche prima). Prima della riforma, che si arrivasse a una sentenza di primo grado o di appello, quindi, un reato poteva essere estinto se passava un tempo eccessivo, venendo meno l’interesse dello Stato a perseguirlo. Con la riforma questo non accadrà più, e una volta arrivati a una sentenza di primo grado la prescrizione non potrà essere applicata.
Nelle intenzioni del Movimento 5 Stelle, la riforma servirà a garantire la cosiddetta “certezza della pena”, e quindi a impedire che un imputato colpevole non venga punito a causa del passare del tempo. Chi critica la riforma sostiene che il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio non possa essere la soluzione a questo problema, dato che oggi la maggior parte delle volte la prescrizione scatta in fase di indagine, cioè prima ancora dell’inizio del processo di primo grado.
La riforma, secondo i critici, non produrrebbe sostanziali miglioramenti alla lentezza della giustizia italiana, con i reati che vengono scoperti troppo tardi, le indagini che vanno molto per le lunghe tra proroghe e proroghe e le procure a corto di personale che sono costrette a trascurare i fascicoli dei reati minori per concentrarsi su casi più importanti, lasciando che i primi cadano in prescrizione. Attualmente si stima infatti che ai tribunali italiani manchino circa 10 mila dipendenti per poter funzionare a pieno regime. Con questa riforma, un imputato che venga assolto in primo grado potrebbe non veder finire la sua vicenda processuale per molti anni – e teoricamente per sempre – anche se nel frattempo non dovesse accadere nulla perché i tribunali hanno deciso di concentrarsi su casi più gravi e urgenti.
Secondo gli ultimi dati disponibili, riportati da un’analisi di Pagella Politica pubblicata da AGI, nel 2017 ci sono stati circa un milione di processi in Italia, di cui il 12,6 per cento andato in prescrizione (meno di 126mila). Di queste prescrizioni, solo 28mila sono avvenute in appello o in Cassazione: vuol dire che circa 100mila prescrizioni non verrebbero toccate dalla nuova riforma.
Cosa dicono i partiti
I più soddisfatti della riforma sono ovviamente gli esponenti del Movimento 5 Stelle, che ne hanno fatto una bandiera del loro anno e mezzo al governo. Il leader del Movimento, Luigi Di Maio, ha commentato l’entrata in vigore della riforma dicendo che «prima si perdeva tempo e si riusciva a farla franca, ora se vieni condannato in primo grado la prescrizione non esiste più, devi arrivare a sentenza». Il ministro Bonafede, invece, ha annunciato che dopo la riforma della prescrizione il prossimo passo del governo sarà la riduzione dei tempi dei processi attraverso una riforma del processo penale e civile.
Tra i più critici c’è il PD, oggi alleato di governo del M5S, che lo scorso 27 dicembre ha presentato ufficialmente una proposta di legge per modificare la riforma. La proposta del PD modera la riforma del M5S e prevede che la prescrizione venga sospesa per un massimo di 30 mesi dopo la sentenza di primo grado e per un massimo di un anno dopo la sentenza di appello. La proposta verrà discussa anche al vertice di maggioranza previsto per il 7 gennaio, nel tentativo che PD e M5S raggiungano un accordo su una possibile modifica della riforma prima di un voto in Parlamento: in questo caso, infatti, il PD potrebbe contare sull’appoggio di Italia Viva e Forza Italia, anch’essi contrari alla riforma, e il M5S si troverebbe in minoranza.
Nel frattempo il responsabile Giustizia di Forza Italia, Enrico Costa, ha presentato alla Camere un disegno di legge che prevede l’abrogazione della riforma della prescrizione, a cui Italia Viva ha già detto che voterà a favore. Il voto è previsto per il prossimo 10 gennaio e Costa ha detto che, nel caso in cui dopo il vertice di maggioranza venisse presentato un emendamento contenente il testo del PD, Forza Italia lo sosterrà. Ha aggiunto tuttavia di credere i parlamentari del PD «pur di salvare il governo, sarebbero capaci di votare contro la loro stessa proposta 10 giorni dopo averla presentata».