Perché si parla ancora di prescrizione, spiegato
Il PD ha presentato una proposta di legge che modera gli effetti della riforma voluta dal Movimento 5 Stelle che entrerà in vigore a gennaio
Oggi il Partito Democratico ha presentato ufficialmente una proposta di legge per modificare la riforma della prescrizione voluta dal Movimento 5 Stelle approvata durante il primo governo Conte e destinata a entrare in vigore il prossimo primo gennaio. La riforma, fortemente voluta dal ministro della Giustizia del Movimento Alfonso Bonafede, prevede il blocco della prescrizione assoluto dopo la sentenza di primo grado. Significa che nessun processo finirà mai in prescrizione se è arrivato almeno a una sentenza di primo grado.
La proposta del PD punta a moderare questo blocco e stabilisce che la prescrizione venga sospesa per un massimo di 30 mesi dopo la sentenza di primo grado e per un massimo di un anno dopo la sentenza di appello. La proposta di fatto allunga i tempi della prescrizione per un massimo di 30 mesi dopo la sentenza di primo grado e per un massimo di un anno dopo la sentenza di appello.
Per il Movimento 5 Stelle la conferma della riforma della prescrizione rappresenta un importante obiettivo politico da raggiungere soprattutto in un momento in cui le sue fortune elettorali sono particolarmente cattive. Per queste ragioni, ministri ed esponenti del partito hanno difeso la riforma e hanno già iniziato a definire la proposta di riforma del PD un tentativo di far cadere il governo. Dal canto suo, il PD aveva già votato contro la riforma del Movimento in passato, definendola eccessiva e pericolosa, poiché rischia di allungare ulteriormente la durata dei processi.
La prescrizione è una forma di garanzia per gli imputati contro l’eccessiva lunghezza dei processi ed è uno strumento che lo Stato può utilizzare quando non è più interessato a perseguire alcuni reati. In sostanza, la prescrizione fa sì che trascorso un certo tempo da quando un reato è stato commesso, quel reato si estingue e diventa non più perseguibile. La prescrizione è diffusa in varie forme in tutti i paesi europei e negli Stati Uniti. In Italia la prescrizione scatta per tutti i reati tranne quelli che prevedono l’ergastolo, quando dal momento in cui viene commesso un reato trascorre un periodo pari alla durata massima della pena per quel reato più un quarto (e in certi casi può intervenire anche prima).
Italia e Grecia sono al momento i due paesi europei con le regole più favorevoli agli imputati per quanto riguarda la prescrizione. In Germania, invece, la prescrizione scatta una volta trascorso un tempo pari al doppio della pena massima per quel reato. In Francia non ci sono termini massimi di prescrizione e il conteggio riparte ogni volta che sul caso si compiono attività giudiziarie: finché il processo è in corso, quindi, la prescrizione non può mai interromperlo. Numerose organizzazioni internazionali suggeriscono da tempo all’Italia di rendere più stringenti i limiti della prescrizione, soprattutto per quanto riguarda i cosiddetti “delitti dei colletti bianchi”.
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Secondo molti commentatori e politici italiani, però, la proposta del Movimento 5 Stelle rischia di far finire l’Italia nell’eccesso opposto, ossia senza un vero termine alla prescrizione una volta raggiunto il processo di primo grado e quindi con processi di secondo e terzo grado teoricamente infiniti. A sostegno della loro tesi ricordano che l’Italia è già oggi uno dei paesi europei con la durata dei processi più lunga: quelli di primo grado durano in media il doppio che in Germania, mentre quelli d’appello durano più del triplo (qui trovate tutti i dati dell’ultimo rapporto realizzato dal Consiglio d’Europa). La modifica proposta dal PD punta invece a mantenere un termine massimo alla durata dei processi: in particolare la prescrizione dopo il primo grado sarà sospesa per due anni (prorogabili in 30 mesi a certe condizioni) e di un anno dopo la sentenza d’appello in caso di ricorso in Cassazione.
In ogni caso, queste due modifiche, quella proposta dal Movimento 5 Stelle e quella proposta dal PD, non andranno a toccare che una minoranza dei procedimenti bloccati dalla prescrizione. Più del 60 per cento delle volte, infatti, la prescrizione scatta in fase di indagine, cioè prima ancora dell’inizio del processo di primo grado. Questo avviene perché i reati vengono scoperti troppo tardi e quindi non c’è tempo sufficiente per terminare le indagini, oppure perché le indagini vanno molto per le lunghe e vengono più volte prorogate, o più spesso perché le procure a corto di personale sono costrette a trascurare i fascicoli dei reati minori per concentrarsi su casi più importanti, lasciando che i primi cadano in prescrizione. Attualmente si stima infatti che ai tribunali italiani manchino circa 10 mila dipendenti per poter funzionare a pieno regime.