Bernie Sanders, di nuovo
Nelle ultime settimane il senatore socialista del Vermont è risalito nei sondaggi delle primarie dei Democratici, un po' a sorpresa
Nelle ultime settimane, uno dei candidati alle primarie dei Democratici statunitensi sta andando particolarmente bene nei sondaggi e c’è chi inizia a chiedersi se abbia davvero la possibilità concreta di ottenere la nomination e sfidare Donald Trump alle elezioni presidenziali del 3 novembre. Non stiamo parlando di politici praticamente sconosciuti fino a qualche mese fa come Pete Buttigieg e Andrew Yang, ma di una vecchia conoscenza della politica americana: il 78enne Bernie Sanders, senatore del piccolo stato del Vermont.
Sanders è sempre stato una figura piuttosto nota fra i Democratici: dopo essere entrato in Senato nel 2007 è stato a lungo l’esponente più in vista dell’ala radicale del partito, e ancora oggi si identifica come «socialista» in un paese in cui il Partito Socialista ottiene poche migliaia di voti. Quando nel 2015 si candidò alle scorse primarie dei Democratici, in cui la candidatura di Hillary Clinton aveva tenuto alla larga diversi potenziali avversari, praticamente nessuno immaginava che sarebbe arrivato a pochi punti di distanza da Clinton, battendola in diversi stati. Molti attribuirono il risultato di Sanders sia alle debolezze della candidatura di Clinton sia al carisma di Sanders, dotato peraltro di un talento retorico fuori dal comune.
Da allora Sanders è diventato uno dei politici più noti del paese, e diverse sue posizioni – anche grazie alla progressiva polarizzazione del dibattito politico statunitense – sono ormai accettate da buona parte dei candidati alle primarie di quest’anno: come la necessità di aumentare le tasse per i ricchi e di estendere ulteriormente la copertura sanitaria prevista dalla riforma approvata nel 2012 dall’amministrazione di Barack Obama. Eppure, quando nel 2018 aveva annunciato di volersi candidare di nuovo alle primarie, diversi osservatori avevano sminuito le sue possibilità, facendo notare che gli elettori più radicali avevano a disposizione altre opzioni potenzialmente più attraenti come le senatrici Elizabeth Warren e Kamala Harris.
All’inizio dell’estate un aumento dei consensi per Warren ed Harris coincise in effetti con un calo di Sanders nei sondaggi. A fine settembre, la notizia della sospensione della sua campagna elettorale per un malore cardiaco fece pensare a molti che la sua carriera politica fosse di fatto finita. Sanders però si è progressivamente ripreso, sia nei sondaggi sia dal punto di vista fisico, e oggi è tornato stabilmente al secondo posto nelle rilevazioni nazionali, a pochi punti dall’ex vicepresidente Joe Biden.
Qualcuno sostiene che Sanders sia addirittura messo meglio di Biden in vista delle prime tappe delle primarie. Di recente Dan Pfeiffer, un analista politico molto vicino a Obama, ha fatto notare a Politico che Sanders è molto ben posizionato nei primi tre stati in cui si voterà alle primarie: al momento «ha ottime possibilità di vincere in Iowa e in New Hampshire [dove al momento è in vantaggio il candidato centrista Pete Buttigieg] e assieme a Joe Biden è il favorito in Nevada». Pfeiffer ha aggiunto che in caso di buoni risultati, Sanders «potrebbe prendere una bella rincorsa in vista del South Carolina e del Super Tuesday», cioè il giorno in cui 14 stati votano contemporaneamente alle primarie (che a questo giro cade il 3 marzo).
Politico ha provato a capire le ragioni del buon momento di Sanders, individuandone soprattutto due. La prima è piuttosto intuitiva: i suoi avversari più diretti si sono rivelati più deboli del previsto. La candidatura di Harris si è sbriciolata, tanto che lei si è ritirata a inizio dicembre. Warren invece ha appena recuperato un po’ di terreno dopo due mesi in cui i suoi consensi si erano praticamente dimezzati, a causa di qualche inciampo sulla proposta di riforma sanitaria, di prestazioni così così durante gli ultimi dibattiti e forse di una diffidenza misogina verso le candidate donne. Delusi dalle due senatrici, gli elettori più a sinistra potrebbero avere realizzato che la loro migliore scelta potrebbe di nuovo essere Sanders. Secondo Politico, inoltre, Sanders ha dimostrato di poter superare «gli alti e bassi tipici delle primarie», lasciando intendere di avere una struttura e un sostegno sufficientemente adeguati per resistere ai problemi quotidiani che si affrontano durante una campagna elettorale.
Lo staff di Sanders ha anche dimostrato di sapersi giocare bene le proprie carte. A fine ottobre, nel momento di massima difficoltà e distanza nei sondaggi da Warren e Biden, diffuse la notizia che la candidatura di Sanders era sostenuta ufficialmente da Alexandria Ocasio-Cortez, la talentuosa e popolare deputata Democratica di New York. Il New York Times ha scritto che l’appoggio di Ocasio-Cortez ha «garantito alla campagna elettorale di Sanders una necessaria iniezione di energia»: da quel momento in avanti, Sanders è migliorato anche nei dibattiti – «è sembrato concentrato, a suo agio e ne è uscito senza un graffio» – e nei comizi, dove sempre secondo il New York Times «ha dimostrato dell’umorismo e una ritrovata serenità».
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C’è un’altra ragione per cui secondo alcuni Sanders sta venendo fuori alla distanza. Il New York Times ha notato che in media i suoi sostenitori sono molto più leali rispetto a quelli degli altri candidati: secondo un recente sondaggio di un diffuso quotidiano dell’Iowa, il 57 per cento degli elettori Democratici che parteciperanno alle primarie nello stato e che sono intenzionati a votare Sanders, hanno detto che la loro decisione è presa. Nessun altro candidato supera il 30 per cento. Disporre di uno zoccolo duro di appassionati sostenitori può rivelarsi l’ideale in un panorama come quello delle primarie Democratiche di quest’anno, dove i candidati di primo piano sono una decina e per vincere in certi stati sarà sufficiente ottenere il 25 o 30 per cento dei voti totali.
Non tutti sono convinti che tutto questo basterà a Sanders per ottenere la nomination. «Se ci fai attenzione, Sanders non è ancora stato attaccato dai suoi avversari», ha detto a Politico un ex dirigente del comitato elettorale di Buttigieg. Significa che nei prossimi mesi se sarà percepito come una minaccia Sanders potrebbe subire attacchi espliciti, sia durante i dibattiti sia negli spot elettorali: e nelle ultime settimane si è visto quanto critiche del genere possano mettere in crisi una candidatura, come accaduto a Warren.
Una maggiore attenzione nei suoi confronti potrebbe inoltre portare a un’analisi più attenta delle sue proposte. Questo potrebbe danneggiare Sanders soprattutto per via del suo convinto sostegno alla nazionalizzazione del sistema sanitario americano: una proposta talmente radicale che non è condivisa praticamente da nessun altro candidato, in un periodo in cui il tema della riforma sanitaria è in cima alle priorità dell’elettorato Democratico.