Il presidente uscente Ashraf Ghani è in vantaggio nelle elezioni presidenziali in Afghanistan, secondo i risultati preliminari
La commissione elettorale dell’Afghanistan ha comunicato i risultati preliminari delle elezioni presidenziali che si sono svolte lo scorso 28 settembre: il presidente uscente Ashraf Ghani ha ottenuto il 50,64 per cento dei voti, mentre il suo principale sfidante, Abdullah Abdullah, è secondo con il 39,52 per cento. Se questi risultati verranno confermati, non ci sarà bisogno di un ballottaggio e Ghani sarà nominato presidente per la seconda volta. Inizialmente i risultati erano attesi per il 19 ottobre, ma a causa di difficoltà tecniche nel conteggio e delle accuse di brogli, sono stati comunicati oggi. Al momento non si sa quando verranno annunciati i risultati definitivi.
Le elezioni si sono contraddistinte per un’affluenza molto bassa (hanno votato 1,9 milioni di persone su 9,6 milioni di elettori registrati, e una popolazione di 37 milioni di abitanti). I talebani, che continuano a essere in guerra con il governo afghano, hanno infatti minacciato attacchi e attentati ai seggi, cosa che potrebbe aver disincentivato il voto da parte di molte persone.
Ghani fa parte della comunità pashtun, la più grande in Afghanistan, e nei suoi cinque anni da presidente ha introdotto alcune leggi contro la corruzione, ma senza ottenere grandi risultati. Prima dei suoi incarichi istituzionali, aveva vissuto a lungo all’estero studiando negli Stati Uniti e lavorando per la Banca Mondiale. Nel 2002 aveva ricoperto l’incarico di ministro delle Finanze durante la presidenza di Hamid Karzai. In più occasioni, Ghani ha criticato il modo in cui vengono spesi – e spesso dispersi – i fondi internazionali che l’Afghanistan riceve per la ricostruzione. Abdullah Abdullah, invece, negli ultimi cinque anni ha ricoperto il ruolo di capo del governo. I due hanno condotto una campagna elettorale accusandosi spesso a vicenda per i problemi dell’Afghanistan. Abdullah ha sostenuto che Ghani abbia abusato del proprio potere da presidente per finanziare la campagna elettorale con fondi del governo, circostanza negata dall’interessato.