In India sono morte almeno 20 persone in dieci giorni di proteste contro una nuova legge sulla cittadinanza ritenuta discriminatoria
In India almeno 20 persone sono morte nelle manifestazioni degli ultimi giorni contro una nuova controversa legge sulla cittadinanza, che dovrebbe facilitare la regolarizzazione delle persone immigrate non musulmane, provenienti da Pakistan, Bangladesh e Afghanistan. La legge è stata approvata l’11 dicembre scorso e ha portato a grandi manifestazioni, marce e proteste con frequenti scontri tra polizia e sostenitori dei diritti umani, studenti e semplici cittadini che accusano il governo e il Parlamento di avere approvato una legge discriminatoria nei confronti degli oltre 200 milioni di musulmani che vivono in India.
La nuova legge è sostenuta dal partito al governo, il Partito Popolare Indiano (BJP) del presidente Narendra Modi, nazionalista e induista. Nel corso di alcuni comizi per le elezioni locali, Modi ha difeso la legge dicendo che consentirà di proteggere le persone da discriminazioni e persecuzioni. Il meccanismo previsto potrebbe però sfavorire le persone di religione musulmana, venendo meno ai principi laici contenuti nella Costituzione. Per questo migliaia di persone manifestano da giorni, subendo una dura repressione da parte della polizia. Per provare a riportare l’ordine, il governo ha inoltre disposto pesanti limitazioni all’accesso a diversi siti Internet, ma la proteste sono proseguite con l’arresto di centinaia di persone.