La nuova capsula spaziale di Boeing ha sbagliato orbita
Ha fallito buona parte del suo atteso test per conto della NASA, e non potrà raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale
L’atteso e a lungo rinviato test in orbita della nuova capsula spaziale CST-100 Starliner si è trasformato in un mezzo fallimento per la NASA e Boeing, la società produttrice della navicella. A causa di un problema tecnico emerso pochi minuti dopo il lancio di venerdì 20 dicembre, Starliner non ha raggiunto la giusta orbita per attraccare alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), per la dimostrazione dei suoi sistemi di aggancio. Il test è stato condotto senza astronauti a bordo e non ha comportato alcun rischio per la Stazione, ma l’imprevisto potrebbe complicare ulteriormente i piani della NASA per affidare a società private il trasporto dei propri astronauti verso la ISS, in orbita a 450 chilometri di distanza dalla Terra.
La missione sperimentale di Starliner era partita ieri alle 6:36 del mattino (le 12:36 in Italia) da Cape Canaveral, in Florida (Stati Uniti), con un lancio perfettamente eseguito da Atlas V, il razzo che aveva il compito di spingere la capsula oltre l’atmosfera. Dopo pochi minuti di viaggio, Starliner si è separata dal razzo con una traiettoria suborbitale, cioè non sufficiente per mantenersi indefinitamente in orbita intorno alla Terra. La scelta di questa traiettoria era stata effettuata dai progettisti di Boeing con l’idea che potesse offrire maggiori garanzie, nel caso in cui si fosse reso necessario un rientro di emergenza sulla Terra della capsula. Il rientro da un percorso suborbitale comporta infatti meno sollecitazioni e, in futuro, potrebbe offrire agli astronauti una via di fuga meno traumatica nel caso in cui qualcosa andasse storto dopo il lancio.
Non essere collocata da subito nella giusta orbita implica che, una volta staccata dal suo razzo, spetti a Starliner il compito di raggiungere la giusta posizione (livello orbitale). La capsula avrebbe dovuto farlo accendendo i propri motori per continuare ad allontanarsi dalla Terra e raggiungere la giusta orbita, ma qualcosa non ha funzionato a causa del malfunzionamento di uno degli orologi interni del computer di bordo. Semplificando, l’orologio non era allineato al flusso di attività che avrebbe dovuto svolgere la capsula, quindi i sistemi di bordo hanno creduto di avere già acceso i motori, anche se questi erano in realtà spenti.
Le cose si sono complicate ulteriormente perché altri propulsori più piccoli, che servono invece per le manovre correttive, si sono attivati pensando di dover correggere la rotta del motore principale, che in realtà era spento. I propulsori si sono dati molto da fare e hanno consumato una grande quantità di propellente, cosa che ha reso impossibile il suo utilizzo per il motore principale e per un successivo tentativo di collocare manualmente Starliner nella giusta orbita per raggiungere la Stazione spaziale.
A Terra, gli ingegneri di Boeing e della NASA hanno impiegato qualche minuto prima di rendersi conto che le cose non stavano andando come previsto. Quando se ne sono accorti, hanno provato a inviare un comando alla capsula per subentrare al computer di bordo e far accendere il motore principale. Nel momento in cui avrebbero dovuto farlo, Starliner si trovava però in una zona troppo distante dai satelliti che avrebbero dovuto trasmetterle il segnale dalla Terra. Quando finalmente la capsula è tornata a comunicare era ormai troppo tardi, e Boeing ha preferito collocare Starliner in un’orbita più bassa, nella speranza di poterla per lo meno riportare intera sulla Terra sperimentando i suoi sistemi di rientro nell’atmosfera e di atterraggio.
Starliner has an off-nominal insertion, but we have spacecraft control. The guidance and control team is assessing their next maneuver.
— Boeing Space (@BoeingSpace) December 20, 2019
Nelle prime ore di sabato 21 dicembre, Boeing ha annunciato che proverà a far atterrare Starliner domani, domenica 22 dicembre, nel deserto del New Mexico. L’operazione dovrebbe consentire di mettere alla prova i paracadute e i retrorazzi che la capsula utilizza per rallentare la propria corsa, in vista dell’impatto col suolo. Sarebbe un modo per salvare il salvabile e non rendere completamente vano il test del nuovo sistema, che ha comunque dimostrato di avere ancora qualche problema.
Nel corso di alcune conferenze stampa, i tecnici di Boeing hanno spiegato che non ci sarebbero stati rischi per eventuali astronauti a bordo. La loro presenza avrebbe inoltre permesso di rilevare da subito il comportamento anomalo del computer di bordo, rendendo possibile un intervento manuale per accendere il motore e raggiungere la corretta orbita per incontrare poi la Stazione spaziale. Anche nel caso di un’avaria più grave, gli astronauti sarebbero potuti tornare sulla Terra senza correre rischi, grazie al sistema di rientro di emergenza.
Sia Boeing sia la NASA hanno cercato di minimizzare il fallimento della missione, ricordando che si trattava comunque di un volo sperimentale e che i test hanno proprio lo scopo di verificare la presenza di imprevisti. Boeing è però in ritardo di anni sulla progettazione e la costruzione della nuova capsula, che insieme a quella di SpaceX (altrettanto in ritardo) avrebbe dovuto offrire già da tempo alla NASA la possibilità di trasportare i propri astronauti sulla Stazione spaziale, senza dover più dipendere dall’agenzia spaziale russa. A oggi, infatti, solo le capsule da trasporto russe Soyuz hanno la capacità di gestire i trasporti con equipaggi verso l’orbita in cui si trova la Stazione spaziale, con passaggi da svariate decine di milioni di dollari offerti alla NASA e alle altre agenzie spaziali.
Nei prossimi giorni, la NASA valuterà insieme a Boeing come precedere nella messa a punto di Starliner. Il mancato raggiungimento della Stazione spaziale ha reso impossibili i test in orbita dei sistemi di attracco della capsula, e si dovrà quindi decidere se ripetere un test senza equipaggio o se procedere direttamente con una nuova prova con astronauti a bordo. La NASA non vuole comprensibilmente correre rischi, ma al tempo stesso preme per risolvere il prima possibile i problemi del suo programma per affidare ai privati i viaggi degli astronauti verso la Stazione spaziale internazionale, il più grande laboratorio mai costruito dall’umanità fuori dalla Terra.
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