Un uomo canadese che era stato ostaggio dei talebani insieme alla moglie è stato prosciolto dalle accuse di violenza che lei gli aveva rivolto
Joshua Boyle, un uomo canadese che era stato ostaggio dei talebani in Afghanistan insieme alla moglie Caitlan Coleman dal 2012 al 2017, è stato prosciolto in un processo in cui era accusato da quest’ultima di vari crimini, tra cui aggressione sessuale, violenza, minacce di morte e sequestro di persona.
I due erano stati sequestrati nel corso di una vacanza in Afghanistan, e durante la prigionia avevano avuto tre figli. Erano stati liberati al confine con il Pakistan nell’ottobre del 2017, in seguito a un’operazione condotta dall’esercito pakistano. Le accuse di Coleman si riferiscono al periodo in cui i due erano appena rientrati in Canada, dopo il quale si sono separati. Il giudice Peter Doody del tribunale superiore dell’Ontario ha deciso però che non ci sono abbastanza prove per giudicare Boyle colpevole.
Durante il processo Coleman aveva detto di essere stata picchiata da Boyle, accusandolo di aver minacciato di ucciderla davanti ai loro figli. Coleman ha anche presentato come prova della coercizione fisica e psicologica una lista scritta a mano da lui in cui venivano elencati i comportamenti che la donna avrebbe dovuto seguire, tra cui la dieta e la frequenza dei rapporti sessuali. Boyle ha negato di aver scritto quella lista, e il giudice, pur dicendo di non credergli, ha dovuto accogliere il documento solo come prova circostanziale. Il giudice, inoltre, ha stabilito che la testimonianza di Coleman non può essere del tutto attendibile, a causa della sindrome da stress post traumatico di cui la donna ha iniziato a soffrire dopo la liberazione, oltre che delle amnesie che la colpiscono talvolta.