Sei canzoni di Gianni Morandi

Per quelli che lo hanno conosciuto solo su Facebook, o per gli altri: da canticchiare in giro oggi che compie 75 anni

(Mariano Montella/Pacific Press via ZUMA Wire via ANSA)
(Mariano Montella/Pacific Press via ZUMA Wire via ANSA)

Oggi Gianni Morandi compie 75 anni. Serenamente coerente per tutta la sua lunga carriera, si è portato dietro tutti i suoi fan: negli ultimi anni ha saputo allargare il bacino di quelli che lo conoscono e apprezzano con la gestione amichevolmente goffa dei suoi seguitissimi account social (#fotodianna), ed è diventato un personaggio pop anche per le nuove generazioni, e molto al di fuori della musica.
Questo è quello che ne scriveva qualche anno fa il peraltro direttore del Post Luca Sofri nel suo libro Playlist, La musica è cambiata, per il quale aveva scelto sei delle sue canzoni.

Gianni Morandi (1944, Monghidoro)
Trentaquattro milioni di dischi venduti e Giannimorandi non ha mai fatto una canzone fine-del-mondo: e poi gli è sempre rimasta quella faccia da giovanotto simpaticone che gioca a pallone e corre le maratone con Linus. E così non lo celebriamo quanto altri campioni della musica leggera italiana. Ma è rispettabile anche la sua scelta controcorrente di non aver mai provato a riciclarsi “serio”, incidendo un disco di musica sacra o di cover di Murolo, cose così. E poi intorno ai falò va benissimo, e intorno ai falò sulla spiaggia è sempre meglio di ginopaoli.

Fatti mandare dalla mamma…
(Gianni Morandi, 1963)
Lui le urla da sotto di farsi mandare dalla mamma a prendere il latte, per potersi vedere con quella scusa. Fa un tale baccano che la mamma di certo se ne accorge, e per quello non la manda, e lui resta lì sotto a urlare. Tanta goffaggine è peraltro esaltata dalla fantastica espressione “tu digli a quel coso, che sono geloso”.

In ginocchio da te

(Ritratto di Gianni, 1964)
Un verso cafone come “l’altra non è, non è niente per me” meriterebbe una sfida a duello, o almeno una relazione lesbica fra le due, e lui vada a quel paese: con tutte le ginocchia. Ma l’arrangiamento pomposo e l’idea di attaccare con il refrain invece che con la strofa fanno trascurare questi dettagli moralisti.

Non son degno di te

(Gianni 3, 1966)
Pare un’estensione di “In ginocchio da te”, e funzionò per quello: provate a scambiare i ritornelli. “Sui monti di pietra può nascere un fiore, in me questa sera è nato l’amooooore per te” è uno dei versi più kitsch della storia della musica italiana. Poi quelli che dicono “nessuno è perfetto” o “al mondo non esiste nessuno che non ha sbagliato una volta”, di solito hanno sbagliato un migliaio di volte e stanno cercando di pararsi il culo. Però è una delle canzoni più divertenti da cantare ai karaoke.

Scende la pioggia

(1968)
Singin’ in the rain, Sotto la pioggia, Piove, I can’t stand the rain, Everytime it rains, Rainy night in Georgia, Fool in the rain, Quanno chiove, Have you ever seen the rain, Here comes the rain again, Hold back the rain, It’s raining again, Giorno di pioggia, Raindrops keep falling on my head, November rain, Ancora la pioggia cadrà. Solo per dirne alcune.

Un mondo d’amore

(Il mondo cambierà, 1972)
“C’è un grande prato verde”. Ma il passaggio migliore – anche se la trovata numerica pure non è niente male – è quando fa “per le cose beeeelle”: ancora meglio nella strofa “tutte le promeeesse”. La cantò, assieme a “C’era un ragazzo”, anche Joan Baez. Più tardi, da segnalare la versione reggae di Fiorello remixata dance e il duetto da babbioni con Baglioni. Con rispetto parlando. “’Sto guaglione ha una voce che scassa veramente il video”, dice Nino Taranto guardandolo cantare alla tv in un film del 1968 che si chiamava Chimera.

Chiedi chi erano i Beatles
(Dalla/Morandi, 1988)
Era una bella canzone degli Stadio,
 scritta dal loro Gaetano Curreri
 con Roberto Roversi. Finì in un disco assieme di Morandi e Lucio
Dalla, e con tutto quel che si può
dire del blando pacifismo di “C’e
ra un ragazzo come me”, quanto a musica questa è sicuramente meglio, se bisogna cantare dei Beatles (trascurando i Rolling Stones).