I dieci film del decennio
Non sono i più belli, che ognuno ha i suoi: sono "i dieci film del decennio", che forse resteranno
Quando il comitato editoriale del Post (ovvero tutta la redazione, praticamente) si è riunito per convenire quali film avessero maggiormente segnato il decennio, e poi quali libri, e poi quali dischi, si è posta una prima questione di metodo: di cosa stavamo parlando? Ci siamo spiegati e abbiamo individuato dei criteri, che siamo i primi a considerare ancora un po’ sfuggenti: ma insomma, quello che vogliamo fare con questo consuntivo è raccontare appunto il decennio che finisce nei prossimi giorni (il decennio di vita del Post, peraltro), e quindi quello che lo ha occupato di più, in termini di importanza, dibattito, notizie, permanenza. I risultati non sono necessariamente dei risultati di qualità (non sono “i migliori”), però a volte la qualità – per fortuna – ha delle ricadute importanti: le scelte sono una mediazione tra ciò che è stato più importante, ciò che è stato più raccontato o discusso, ciò che è più rimasto, ciò che ha cambiato qualcosa, accantonando le preferenze personali e privilegiando una visione da lontano. I film del decennio, insomma.
The social network (2010)
Perché ha raccontato la storia di quella che stava diventando la novità più importante del millennio, perché l’ha raccontata con un film ben scritto, e diffidente per tempo.
La grande bellezza (2013)
Perché è entrato nella cultura italiana a cominciare dal titolo, e a proseguire con scene, contesti, citazioni, perché è arrivato in molti posti del mondo, perché un film italiano ha vinto un Oscar.
Inception (2010)
Perché ha incasinato oltremodo le libertà e complicazioni narrative di un film e le percezioni degli spettatori, perché lo ha fatto con grandi sapienze e mezzi tecnici, vincendoci quattro Oscar, perché è rimasto come esperienza memorabile e ricordata, un po’ come era stato per Matrix.
La la land (2016)
Perché ha messo di buonumore il mondo per un annetto, perché ha rivenduto il musical in questo millennio con grande qualità, perché ci ha messo sopra una storia d’amore senza farla essere una banale storia d’amore, perché ha fatto discutere sul suo finale, perché ci ha rifilato delle canzoni appiccicosissime tuttora.
Wolf of Wall Street (2013)
Perché malgrado l’apprezzamento non sia stato per niente unanime, è un film che è stato “diverso”, che ha voluto parlare di cose cattive senza i buoni, di cui si è parlato tantissimo, e che ha raccontato un pezzo di storia contemporanea, perché DiCaprio in questo film è difficile da dimenticare.
Frozen (2013)
Perché nel millennio in cui i “cartoni animati” sono diventati cinema ufficialmente, è stato quello che più si è infilato nelle immaginazioni, realtà e vite di minorenni, maggiorenni e famiglie di tutto il mondo.
Il capitale umano (2014)
Perché è stato il film italiano più significativo dei tempi e di cose che stavano accadendo al paese anche dove il paese era meno raccontato, perché l’ha fatto con la solita capacità di Virzì di creare personaggi e sfruttare grandi attori, perché ha lasciato una battuta definitiva e rivelatrice.
Mad Max: Fury Road (2015)
Perché ha preso una trilogia buona ma non memorabile portandola a tutt’altro livello, perché è un film d’azione quasi tamarro e di certo almeno un po’ folle, scarnissimo nel contesto e nella trama e ricercatissimo nella tecnica e nel ritmo, perché è bello che tra i film del decennio ce ne sia uno con una chitarra sputafuoco.
Birdman (2014)
Perché è un film originale e inventivo sul piano della storia, della tecnica, e del tipo di film che però è riuscito a non restare un film da Cineclub e pure a vincere quattro Oscar importanti, perché ha reinventato il piano sequenza in tempi digitali.
Boyhood (2014)
Perché ci è voluto più di un decennio per girarlo e farne crescere e invecchiare i protagonisti, perché il buon cinema è anche inventarsi cose che non c’erano, perché tutto questo è servito a raccontare meglio una storia, che in gran parte appartiene al decennio prima.