Il disastro al concerto di Altamont, 50 anni fa
Il 6 dicembre 1969 un giovane afroamericano fu accoltellato a pochi metri dal palco dei Rolling Stones, in quello che fu considerato “il lato oscuro di Woodstock” e la fine di un'era
La sera del 6 dicembre 1969, cinquant’anni fa, i Rolling Stones salirono sullo sgangherato palco di un concerto organizzato al circuito di Altamont, in California, come risposta della costa occidentale degli Stati Uniti al festival di Woodstock, avvenuto tre mesi e mezzo prima. C’erano circa 300mila persone, che avevano già assistito alle esibizioni degli artisti che avevano preceduto gli Stones, che essendo una delle band rock più famose del mondo erano gli ultimi a suonare. Quel loro concerto – durante il quale Meredith Hunter, un giovane afroamericano, fu accoltellato a pochi metri dal palco – sarebbe diventato uno degli eventi più tristemente noti della storia del rock, e il momento che secondo molti critici terminò tragicamente gli anni Sessanta della cultura hippie e del pacifismo.
«Non ci sono conclusioni da trarre. Una combinazione di fattori è stato quello che ha reso Woodstock un enorme successo. E la combinazione di fattori opposta è quello che ha reso Altamont un tale disastro», disse la sera successiva Stefan Ponek, conduttore radiofonico di una stazione locale di San Francisco, che fu tra i primi a dare un resoconto giornalistico degli errori e degli abusi che portarono alla morte di Hunter. Negli anni successivi sugli eventi di Altamont sarebbero stati fatti reportage, libri e documentari, che fornirono versioni in parte diverse: al centro delle controversie ci fu il ruolo degli Hell’s Angels, il celebre gruppo di motociclisti che fu ingaggiato per gestire la sicurezza dell’evento, e le scelte fatte dai Rolling Stones, che nonostante le risse e gli accoltellamenti a pochi metri dal palco decisero di concludere il proprio concerto.
Una recente ricostruzione del Washington Post ha fatto chiarezza su alcune circostanze di quella sera, intervistando tra gli altri la fidanzata di Hunter, Patti Bredehoft, e il chitarrista dei Rolling Stones Keith Richards. Altri, come il cantante della band Mick Jagger, hanno preferito non parlare di Altamont.
“Gli Hell’s Angels picchiano”
L’idea per il concerto venne probabilmente ai Jefferson Airplane, che coinvolsero subito i Grateful Dead e la band formata da David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young. Erano i tre simboli del rock californiano, e volevano organizzare qualcosa di simile a Woodstock ma vicino a San Francisco, che nei dieci anni precedenti era stata la capitale della controcultura americana. I Rolling Stones, che in quelle settimane erano in tour negli Stati Uniti, e accettarono l’invito anche perché erano stati criticati per i prezzi alti dei loro spettacoli: il concerto in California sarebbe stato gratuito, e avrebbe compensato – nei piani – la loro assenza a Woodstock.
Come per Woodstock, però, la scelta del posto dove tenere il concerto fu molto travagliata: dopo diversi cambi di programma, che compresero anche il Golden Gate Park di San Francisco, la location definitiva fu scelta a due soli giorni dal concerto. Il circuito di Altamont però aveva una differenza fondamentale rispetto a quella che avevano immaginato gli organizzatori: le band avrebbero suonato al centro di una grande conca, quindi in basso rispetto agli spettatori. Il palco scelto non fu cambiato, nonostante fosse alto appena un metro.
Per evitare che le persone salissero sopra la struttura, gli organizzatori dovettero ingaggiare un servizio di sicurezza. La polizia non era un’opzione, visti i problemi per droga avuti dai Rolling Stones: «La polizia non era nostra amica. Se si fosse fatta viva, non sarebbe stato per proteggerci» ha raccontato Jorma Kaukonen, chitarrista dei Jefferson Airplane. Non è tuttora chiaro a chi, tra le band e i loro staff, venne l’idea di assoldare gli Hell’s Angels, chi se ne occupò concretamente e quali furono le regole d’ingaggio. Si sa però che Rock Scully, il manager dei Grateful Dead (probabilmente quelli che proposero l’idea), e Sam Cutler, il tour manager dei Rolling Stones, parlarono con il gruppo, accordandosi perché tenessero le persone giù dal palco e lontane dai generatori, in cambio di 500 dollari in birra a testa.
Gli Hell’s Angels esistevano dalla fine degli anni Quaranta, e negli anni precedenti avevano avuto relazioni e contatti con gli esponenti della controcultura californiana. Ma erano un gruppo molto diverso dagli hippie: «Erano soltanto una gang di estrema destra, misogini, razzisti e spacciatori» ha spiegato Greil Marcus, reporter di Rolling Stone che li aveva visti all’opera in una marcia pacifista a Berkeley in cui avevano picchiato i manifestanti.
«È lì che le cose sono andate storte. Gli Hell’s Angels non fanno sicurezza. Gli Hell’s Angels picchiano. Gli piace picchiare, fa parte del loro modus operandi. Picchiano tutto il tempo, sono bravi a farlo. Se non vuoi che la tigre si mangi i tuoi ospiti, non invitarla al tuo cazzo di pranzo» ha raccontato David Crosby al Washington Post.
“Uno dei più grandi atti di codardia morale della storia dell’industria musicale”
Poco prima delle tre del pomeriggio, un elicottero con a bordo un pezzo dei Rolling Stones arrivò ad Altamont. Non appena scese Jagger, un tizio gli corse incontro urlandogli «ti odio!» e gli tirò un pugno in faccia. Le cose erano già fuori controllo.
Uno spettatore era già morto dopo essere annegato in un canale mentre era sotto effetto di LSD. L’esibizione di Santana, la prima della giornata, era stata interrotta per una rissa davanti al palco: inizialmente il suo perimetro era delimitato da una corda, che venne staccata praticamente subito. Dopo Santana salirono sul palco i Jefferson Airplane: durante il loro concerto, un tizio nudo che era salito sul palco venne sbattuto giù e pestato dagli Hell’s Angels, che avevano fatto una cosa simile anche durante l’esibizione di Santana. Marty Balin, cantante e chitarrista dei Jefferson Airplane, andò da uno dei leader degli Hell’s Angels a protestare, e come risposta ricevette un pugno in testa. Quando si rialzò, ne ricevette un altro.
I Grateful Dead, che più di tutti erano i padroni di casa e che forse avevano indicato gli Hell’s Angels come adatti alla gestione della sicurezza, decisero di non suonare del tutto. Nei racconti immediati di Altamont, il ruolo della band fu sottovalutato, ma col tempo la loro responsabilità emerse maggiormente, e Cutler ha definito la loro decisione «uno dei più grandi atti di codardia morale della storia dell’industria musicale. Non si fidarono della loro stessa musica. Non è detto che avrebbero potuto fare qualcosa per salvare il concerto, suonando, ma comunque non ci provarono».
“C’è qualcuno che si è fatto male?”
I Rolling Stones salirono sul palco quando ormai si era fatto buio, più di un’ora dopo la band precedente: non poterono cominciare prima perché il bassista Bill Wyman era ancora a San Francisco a fare shopping, e arrivò separatamente in elicottero. Cominciarono con “Jumpin’ Jack Flash” e la gente cominciò a spingere verso il palco, creando una grande calca e costringendo le persone ad ammassarsi nei pressi degli Hell’s Angels. Quando arrivarono alla terza canzone, “Sympathy for the Devil”, le cose stavano già precipitando. Alla quinta strofa Jagger smise di cantare, la band esitò un po’ continuando a suonare, finché si fermò.
Jagger provò a tranquillizzare la folla: «Fratelli e sorelle, dai. State calmi tutti quanti. Come va? C’è qualcuno che si è fatto male?». Gli Stones ripresero a suonare: «Sarebbe potuta andare molto peggio. Sarebbe potuto essere un gran disastro. Chissà cosa sarebbe successo», ha detto al Washington Post Richards, difendendo la scelta della band di continuare il concerto. Tutto fu ripreso da una troupe che era lì per realizzare un documentario sul concerto dei Rolling Stones, il motivo per cui oggi abbiamo dei filmati che mostrano tutto quello che successe quella notte sotto al palco.
Meredith Hunter, 18 anni, era andato al concerto con la fidanzata 17enne Patti Bredehoft. Erano una coppia mista, ma nella progressista università di Berkeley e a San Francisco nessuno li infastidiva. Appena arrivati ad Altamont, però, i primi Hell’s Angels che incontrarono li guardarono subito molto male.
Bredehoft a un certo punto del concerto era tornata all’auto con alcuni amici, perché sotto al palco non c’era spazio per sedersi. Quando cominciarono a suonare i Rolling Stones, Hunter tornò a chiamarla e prese una pistola dal bagagliaio. «Soltanto come protezione», le disse.
Nel frattempo sotto al palco su cui stavano suonando gli Stones continuavano a scoppiare risse, su cui Jagger chiedeva periodicamente notizie, invitando gli spettatori a stare calmi. «Non capisco cosa succede, non vedo, state bene?» chiese a un certo punto. «No grazie, Angels. Vaffanculo Angels, andate a casa» gli risposero dal pubblico.
Quando gli Stones arrivarono alla sesta canzone, “Under My Thumb”, Hunter e Bredehoft erano tornati sotto al palco. I filmati realizzati per il documentario mostrano esattamente il momento in cui, alla fine della canzone e a pochi metri dal palco, Hunter, vestito con un completo verde, tirò fuori la pistola. Intorno a lui si creò un vuoto, ma Alan Passaro, un membro degli Hell’s Angels, si scagliò su di lui accoltellandolo ripetutamente alle spalle. Una volta atterrato Hunter, insieme agli altri motociclisti lo pestò violentemente, picchiandolo e colpendolo in testa con un cassonetto. «Perché piangi per lui, non ne vale la pena» disse uno di loro a Bredehoft, che stava assistendo alla scena.
Su quello che successe davvero se ne dissero molte. L’autopsia rilevò che Hunter aveva preso metanfetamine, e qualche testimone disse che era in evidente stato di agitazione, e che voleva sparare a Jagger. Bredehoft ha smentito questa ricostruzione, e anche altri testimoni sostennero che gli Hell’s Angels lo stavano molestando.
Gli Stones non avevano visto l’accoltellamento, ma soltanto l’ennesimo tafferuglio. Decisero perciò di continuare a suonare. Nel documentario si sente Richards dire a qualcuno dell’organizzazione che se gli Hell’s Angels non si fossero calmati, se ne sarebbero andati. Suonarono altre otto canzoni, senza sapere che Hunter era morto. Al processo, Passaro fu scagionato perché fu giudicato aver agito per autodifesa.
“Una metafora complessa del modo in cui è finita un’era”
Il disastro di Altamont fu interpretato da subito come qualcosa di epocale. Poche settimane dopo la rivista Rolling Stone pubblicò un lungo resoconto sul concerto, attribuendo la colpa un po’ a tutte le persone coinvolte, e parlando di «egomania, hype, inettitudine, traffici di soldi e, di fondo, una sostanziale noncuranza per l’aspetto umano». Il documentario Gimme Shelter uscì nel 1970, con al centro l’omicidio di Hunter, ma venne criticato per il trattamento riservato ai Rolling Stones, giudicato eccessivamente assolutorio.
Ancora oggi il concerto è considerato come una specie di “lato oscuro” di Woodstock, la fine di un decennio di pacifismo e amore che si era ormai trasformato in qualcosa di diverso, più corrotto e violento. «Un punto esclamativo disastroso sul decennio che aveva portato con sé anche il Vietnam, le rivolte razziali e gli omicidi della nuova generazione di leader», ha scritto il Washington Post. Già nel 1972 il critico musicale Robert Christgau scrisse che «i giornalisti si concentrano su Altamont non perché abbia segnato la fine di un’era, ma perché ha fornito una metafora complessa del modo in cui è finita un’era».