• Italia
  • Martedì 3 dicembre 2019

Le archiviazioni nell’inchiesta sull’Hotel Rigopiano

Riguardano in tutto 22 indagati, tra cui gli ex presidenti dell'Abruzzo D'Alfonso, Chiodi e Del Turco

(ANSA/CLAUDIO LATTANZIO)
(ANSA/CLAUDIO LATTANZIO)

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pescara ha disposto l’archiviazione delle accuse nei confronti di 22 persone che erano indagate per la vicenda dell’Hotel Rigopiano, un albergo di Farindola sul Gran Sasso che il 18 gennaio del 2017 fu semidistrutto da una valanga di neve che si era staccata per via di una scossa di terremoto, e in cui morirono 29 persone.

Le archiviazioni riguardano soprattutto i principali politici coinvolti nell’inchiesta, gli ex presidenti dell’Abruzzo Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, e l’ex sottosegretaria alla Giustizia Federica Chiavaroli. In un primo momento la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per 25 indagati, ma in seguito aveva cambiato idea e aveva chiesto al gip l’archiviazione per diversi indagati fra cui i quattro politici.

Nell’ordinanza del giudice, riportata dal Messaggerosi legge che ai politici non fu indicata dai responsabili tecnici della regione «la necessità di procedere nel più breve tempo possibile alla formazione di una Carta di localizzazione probabile delle valanghe (CLPV) estesa anche all’area del comprensorio di Farindola/Rigopiano», e perciò i presidente di regione e l’assessore delegato alla Protezione civile che si sono succeduti nel governo dell’Abruzzo «non possono ritenersi responsabili per non aver emanato, in tempo utile, i provvedimenti necessari per la formazione» di una apposita Carta delle valanghe.

Per quanto riguarda la giunta di D’Alfonso, al governo della regione all’epoca dei fatti, il giudice specifica che «anche ipotizzando che gli indagati avessero deciso, già dal primo giorno di attività dirigenziale presso la Regione Abruzzo, di procedere alla formazione di una Carta che comprendesse l’intero territorio, l’iter amministrativo attuativo non poteva essere completato prima dell’anno 2018», quindi prima della valanga.

Rimangono a processo, ma soltanto per alcune ipotesi di reato, l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, Andrea Marrone, consulente incaricato per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni, Bruno Di Tommaso, legale responsabile della Gran Sasso Resort & Spa, e Carlo Giovani, dirigente della Protezione civile. È stata archiviata invece la posizione di Daniela Acquaviva, funzionaria della Prefettura di Pescara che aveva risposto alla prima telefonata d’allarme del ristoratore Quintino Marcella, la quale però resta imputata nel procedimento bis per depistaggio.

In un primo momento la procura aveva chiesto l’incriminazione di tutti gli indagati per reati molto gravi fra cui disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio, abuso in atti d’ufficio e vari reati ambientali. Gli avvocati che rappresentano i parenti dei morti hanno criticato le decisioni della procura e del gip.