Venezia e Mestre non si separeranno
Il referendum per la creazione di due comuni distinti non ha raggiunto il quorum
Il referendum consultivo per la divisione di Venezia e Mestre in due comuni distinti non ha raggiunto il quorum del 50 per cento dei votanti e non è dunque valido. L’affluenza complessiva è stata del 21,7 per cento – più alta a Venezia che a Mestre – e tra chi ha votato ha vinto il Sì con il 66,11 per cento. Quello di domenica è stato il quinto referendum sulla divisione di Venezia e Mestre: si era votato già nel 1979, nel 1989 e nel 1994 – con la vittoria dei No – e nel 2003 con l’affluenza al 39 per cento e il mancato raggiungimento del quorum.
Le città di Venezia e Mestre vennero unite nel 1926 nell’ambito di una più ampia riorganizzazione delle istituzioni comunali avvenuta in epoca fascista. L’unione di Venezia e Mestre, in particolare, fu giustificata dalla quasi contemporanea nascita del polo Petrolchimico di Porto Marghera, costruito un secolo fa tra la terraferma e la laguna e considerato una garanzia di ricchezza e sviluppo economico per il territorio veneziano. All’epoca della divisione, tuttavia, il “peso” delle due città era completamente opposto a quello attuale: Mestre contava poco più di 30 mila abitanti mentre a Venezia risiedevano circa 175 mila persone.
Il rapporto tra le due città è stato rovesciato nel corso degli anni dalle decine di migliaia di nuovi posti di lavoro creati dal Petrolchimico e dalle condizioni di vita sempre più complicate dei veneziani, i quali, indicativamente a partire dalla disastrosa alluvione del 1966, iniziarono a lasciare l’isola per trasferirsi sulla terraferma. Oggi gli abitanti di Venezia sono meno di un terzo di quelli di settant’anni fa, mentre Mestre e le frazioni limitrofe ne contano oltre 180 mila: e questa è una delle ragioni principali che stanno dietro ai successivi tentativi di creare due comuni separati.
I favorevoli alla separazione sostengono infatti che due amministrazioni distinte potrebbero risolvere meglio i problemi ormai diversissimi di Venezia e Mestre, dove la seconda vive da tempo una grossa crisi del settore commerciale e deve sopportare i grossi flussi turistici generati da Venezia senza un’adeguata struttura di trasporto pubblico. I contrari alla separazione ritengono invece che i problemi di Mestre siano di scala più ampia rispetto alle competenze di un’amministrazione comunale, e che quindi la creazione dal nulla di un nuovo comune andrebbe inutilmente contro le esigenze di praticità e controllo dei costi della spesa pubblica.
Nonostante quello di domenica fosse un referendum consultivo, la giunta regionale del Veneto che lo aveva indetto aveva deciso di istituire il quorum del 50 per cento per la sua validità. La decisione era stata contestata dai comitati per il Sì, che avevano annunciato di voler fare ricorso al Tar affinché convalidasse qualunque risultato a prescindere dall’affluenza (non è chiaro se il ricorso sia poi stato presentato). Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, contrario alla separazione, non ha di fatto partecipato alla campagna elettorale, confidando probabilmente nel non raggiungimento del quorum; tra i partiti principali, il Partito Democratico si era schierato apertamente per il No.